Il nesso causale

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine133-150

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@1 Introduzione

Nel diritto penale il nesso di causalità costituisce il collegamento tra la condotta e l’evento. Infatti, affinché un evento possa essere attribuito a un soggetto, occorre che sia la conseguenza della sua azione od omissione; occorre, cioè, che tra la condotta e l’evento sussista un nesso di causalità che consenta di affermare che quel determinato evento è il risultato, l’effetto di quella condotta.

Risulta già evidente che il rapporto di causalità è un elemento necessario per attribuire il reato al soggetto.

L’esigenza del nesso di causalità emerge:, secondo cui "la responsabilità penale è personale": la norma esclude la responsabilità penale per fatto altrui, ammettendo soltanto una responsabilità per fatto proprio, che impone di attribuire a un soggetto un determinato evento soltanto se l’evento stesso deriva dalla sua condotta;, secondo cui "nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l’evento dannoso o pericoloso, da cui dipende l’esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione";

- dalle norme incriminatrici di parte speciale, nelle quali il nesso causale è espresso da verbi quali "determinare", "procurare", "cagionare" etc.

Tuttavia, da questo impianto normativo si ricava solamente la necessità che sussista un legame causale tra la condotta e l’evento, ma il legislatore non suggerisce i criteri che il giudice deve utilizzare per accertare, nei singoli casi, la sussistenza o meno di tale nesso causale.

Per tale motivo, la dottrina si è sforzata di dare contenuto concreto al rapporto di causalità, elaborando vari criteri.

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@2 La teoria della condicio sine qua non

La teoria che per lungo tempo ha dominato la scena della causalità penale è la cd. teoria della condicio sine qua non (o della "causalità naturale"), elaborata dal giurista tedesco Von Buri, secondo la quale una determinata condotta (azione od omissione) è causa (condicio sine qua non) di un evento quando, eliminando mentalmente tale condotta, l’evento non si sarebbe verificato. Analogamente, una condotta non è causa dell’evento se, senza di essa, l’evento si sarebbe ugualmente verificato.

Questa tesi ricorre, dunque, a un giudizio controfattuale, compiuto pensando assente (= contro i fatti) una determinata condotta e chiedendosi se, in sua assenza, l’evento si sarebbe verificato oppure no.

In altri termini, il giudizio controfattuale si fonda su un procedimento di eliminazione mentale alla stregua del quale una condotta è condicio sine qua non di un evento se non può essere mentalmente eliminata senza che l’evento venga meno.

La migliore dottrina (Mantovani) ha evidenziato da tempo i punti deboli della teoria condizionalistica: qualificando come causa dell’evento ogni antecedente senza il quale - alla luce del giudizio controfattuale - l’evento stesso non si sarebbe verificato, estende eccessivamente il concetto di causa, valorizzando un numero iperbolico di condizioni dell’evento; c’è il rischio, cioè, di un’eccessiva estensione del concetto di causa: per assurdo, dovrebbero considerarsi causa dell’evento anche la madre del soggetto che ha commesso il reato o il negoziante che ha venduto all’omicida l’arma da fuoco.

I fautori di tale tesi hanno cercato di rimediare a queste obiezioni sostenendo che devono essere presi in considerazione solo gli antecedenti che influiscono, in via immediata, sull’evento. Pertanto, riprendendo l’esempio sopra citato, non può considerarsi causa penalmente rilevante del reato di omicidio la procreazione dell’omicida da parte dei genitori, trattandosi di una causa risalente nel tempo. Il problema, tuttavia, è quello di individuare criteri certi in base ai quali delimitare le condizioni rilevanti ai fini dell’evento.

Ma il limite più vistoso della tesi in esame consiste nell’impossibilità di stabilire se una condotta è causa di un evento nei casi in cui non si sappia a priori se quella condotta possa considerarsi idonea a produrre l’evento stesso.

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Ad esempio, se Tizio uccide Caio con un colpo d’arma da fuoco, in base alla teoria della causalità naturale è agevole individuare un nesso di causalità tra la condotta di Tizio e la morte di Caio in quanto, eliminando mentalmente la condotta di Tizio, l’evento non si sarebbe verificato. Vi sono, però, dei casi in cui il procedimento di eliminazione mentale non consente di giungere a conclusioni altrettanto certe; si pensi, ad esempio, al lavoratore di una fabbrica che utilizza l’amianto, morto di tumore ai polmoni: eliminando mentalmente il contatto tra l’uomo e l’amianto, sarà possibile affermare che l’amianto è stata la causa della morte soltanto se, già da prima, si sa che il contatto con l’amianto è, secondo la scienza medica, una delle cause di quel tipo di tumore.

@3 Le teorie della causalità adeguata e della causalità umana

Per aggirare i limiti della teoria sopra citata, una parte della dottrina (Petrocelli, Bettiol) ha elaborato la teoria della causalità adeguata, enunciata per la prima volta dal fisiologo tedesco Von Kries alla fine dell’800, secondo la quale è causa di un evento la condotta umana che, oltre ad essere condicio sine qua non, appare idonea (sulla base di una valutazione da effettuarsi ex ante, ossia al momento della condotta) a cagionare eventi del tipo di quello verificatosi in concreto, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit (= ciò che normalmente accade secondo la comune esperienza).

Secondo questa tesi, dunque, una determinata condotta può considerarsi causa di un evento quando, oltre ad essere condizione necessaria dell’evento stesso, è normalmente adeguata a produrre eventi di quel tipo, ossia quando, in presenza di una determinata condotta, ci si possa aspettare, sulla base della più elevata conoscenza delle leggi della natura, un effetto del tipo che si è verificato: solo ricorrendo questi presupposti l’azione si presenta idonea, adeguata a produrre quel determinato evento. In mancanza di questi presupposti, l’evento deve considerarsi del tutto fortuito.

Quanto ai criteri in base ai quali formulare il giudizio possibilità-probabilità, bisogna tener conto delle "leggi di natura conosciute dall’umanità (e non importa se conosciute dall’agente) e delle circostanze di fatto note all’agente o da lui conoscibili al momento dell’azione (Von Kries), oppure - secondo una diversa versione - esistenti al momento dell’azione, pur se conosciute successivamente, o prevedibili in base alle conoscenze umane (Von Rümelin), oppure ancora - secondo l’opinione oggi prevalente - conoscibili ex ante da un uomo avveduto o eccezionalmente note o conoscibili dall’agente (Traeger)" (Stella).

Questa teoria, però, fa riferimento a un concetto vago, qual è la "comune esperienza" (id quod plerumque accidit), ed esclude dal campo della causalità giuridica quegli accadimenti che, sia pure non ordinari sul piano statistico,

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quali conseguenze di una certa azione, tuttavia, in rapporto alla specificità del caso concreto, possono essere preventivamente calcolati dall’agente come del tutto probabili.

Una teoria che tenta di offrire una soluzione intermedia tra quella della causalità naturale e quella della causalità adeguata è la teoria della causalità umana (Antolisei).

La suddetta teoria ritiene necessari, per l’esistenza del rapporto di causalità, due presupposti:

- la condotta deve costituire una condizione indispensabile dell’evento, ossia una condizione senza la quale l’evento non si sarebbe verificato (analogamente a quanto richiedono le teorie della condicio sine qua non e della causalità adeguata);

- l’evento non deve essere dovuto al concorso di fattori eccezionali. Pertanto, possono considerarsi causati dall’uomo soltanto i risultati che egli può "dominare in virtù dei suoi poteri conoscitivi e volitivi", che rientrano cioè nella sua "sfera di signoria", mentre non possono essere da lui causati quelli che sfuggono al suo potere di dominio.

Si pensi all’ipotesi in cui Tizio lancia un sasso a Caio e quest’ultimo, essendo emofiliaco, muore per la lieve ferita procuratagli dal sasso: secondo la tesi appena esposta, la condizione di emofilia deve considerarsi un fattore eccezionale idoneo ad escludere il nesso causale tra la condotta di Tizio e la morte Caio, la quale, dunque, non può dirsi causata dal primo (ovviamente, se Tizio era a conoscenza della malattia di Caio e sapeva che, proprio a causa di questa patologia, molto probabilmente sarebbe morto, il nesso di causalità non può essere escluso).

Anche tale teoria, però, è stata criticata, perché fa ricorso a principi vaghi ed inafferrabili quali l’astratta prevedibilità dell’evento, la sfera di signoria dell’uomo, la dominabilità dell’evento etc.

@4 Teoria dell’imputazione obiettiva dell’evento

Secondo questa tesi, l’accertamento relativo alla sussistenza del rapporto di causalità deve essere effettuato tenendo conto di due...

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