Genesi e sviluppo storico dell'actio de peculio

AutoreRoberto Pesaresi
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lite r tame n obligabit ur in qu antum loc upletior factus e st »300), e que sto
debito («dar e op orte re »301) è munit o di azione («in p upillum …acti one m
in quantum locupletior fact us est dandam divus Pius re scrips it»302). Dun-
que, a nche l’obbligazione naturale del pupillo era, per i classici, un vin-
colo giur idico coer cibile.
6. La creazione della categoria teorica dellobligatio naturalis appa-
re risponde re all’intento de l pensiero giurisprudenzia le di rivestire della
form a dell’obbligazione e di mu nire di tutela giurisdizionale, al di fuori
del perimetr o del ius civi le (obligatio civilis), vincoli giuridici dotati d’un
fondam ento nor ma tivo nel sis tema dell’editto pr etorio ( se rvi , filiifami-
lias , capite minuti) e nelle costituzioni imperiali (rescriptum divi Pii). Ri-
mangono tuttavia ancora nascoste le ra gioni che, in principio, spins er o
i pr ud e nt es a crear e questa figura teorica. Numerosi aspetti inducono a
ravvisarvi uno stretto collega mento c on lo sviluppo storico dell’actio de
pecul io.
VI - GENESI E SVILUPPO STORI CO DELL’ACTIO DE PECULIO
1. Le origini dell’ac tio de pecul io sono avvolte nell’ombra. La str ut-
tura ipotizzata nelle gra ndi palingene si e ditta li, fondata su un modello
che pr eve de una formula in ius incardinata sulla fictio «si liber esset»,
di cui per altro mancano precise attestazioni nelle fonti, può essere ap-
propriata per l’editto di età adr ianea, ma non per la forma originar ia
dell’azione303.
300 D. 2 6. 8.5.pr ., Ulp. 4 0 ad S ab.
301 D. 1 2.2 .42.pr., Pom p. 1 8 e pis t.
302 D. 26 .8 .5.pr., Ul p. 4 0 ad Sab.
303 Pr incipal e teor ico del m odello acc olto nelle palingenesi dell’Editto di Ru-
dor f f, Edicti perpetui quae reliqua sunt, cit., p. 114, e di Lenel, Das Edictum per-
pe tuu m³, cit., pp. 264 sgg., è stato, com’è noto, il Keller, Über Litis Contestation un d
Urth eil, cit., pp. 424 sgg.
Le uniche fonti su cui si è fatto leva per ipotizzare la presenza, nella formula
dell’azione, di una f ict io lib erta tis sono D. 45 .2.12.1, Venu l. 2 s tip. («si a Titio et
pupillo sine tutoris auctoritate stipulatus fuero eadem decem, vel a servo, et q ua s i
duos reos p romitte ndi co nst itui, ob ligatu m Titiu m solu m Iu lianus s cribit , quam -
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Varie difficoltà inducono a escludere che l’actio de peculi o sia nata
come actio ficticia. Già nella seconda metà del III secolo a.C. la transi-
zione della società rom ana verso un sistema in cui sta va diventando
centrale l’economia schiavistica era in uno stadio avanzato304. In quest o
contesto, sulla spinta delle necessità pos te da lla prassi dei traffici e dei
commerci, l’esigenza di attribuire efficacia giuridica ai negozi in cui
una delle pa rti fosse di condiz ione servile non dovette tar dare a manife-
starsi. Plausibile appare dunque che l’acti o de pe culio fosse già in uso
non più ta rdi dei pr imi decenni del II secolo a .C.305. Oltre a considera-
zioni di carattere storico generale, per questa datazione depone un pa ss o
di Terenzio (Heauton. 790-796):
SY. Fiat, quae ratur ali quid. Se d il lud quod t ibi
dixi de argent o quod ist a debet B acchidi ,
id nunc reddendums t i lli: ne que tu sc ilic et
il luc conf ugies: "qui d mea? num mi hi datumst ?
num iussi ? num il la oppigne rare fi liam
meam me invi to potui t? "verum illuc, Chreme,
dicunt : "ius summum saepe s ummast mali ti a".
Il testo è ass ai noto, e ha destato linteresse della letteratura giuridi-
ca sopr attutto per le implicazioni in ra pporto all’ ae quitas del r iferimen-
to finale al ius summ um, ma non è mai stato p osto a profitto per la cro-
nologia de ll’actio de pec ulio 306. Il ser vo Sir o si rivolge al s uo pa dron e
quam, si servus spoponderit, in actione de peculio eadem observari debe nt , ac si
libe r fuiss et») e D. 19 .1.24.2, Iul. 1 5 d ig. («servo vendente hominem fideiussor ven-
ditio nis om nia prae st are deb et, in q uae obligare tur, si pro l ibe ro f ideiu s sis set:
nam et in dominum actio sic datur, ut emptor eadem consequatur, quae libe ro
vendente consequi debuisset, sed ultra peculii taxationem dominus non con dem-
natur»). Com’è agev ole constatare, entrambi i te sti si riferiscono alla discipli na so-
sta nzia le della fat tisp eci e, nel sen so di att estar e ch e gli eff etti del n egozi o con tra t-
to con lo schiavo sono gli stessi di quello concluso con un libero, ma non sono pr o-
bant i circa il tenore della fo rmula .
304 Cfr. Francesco De Ma rt in o, Storia economica di Roma antica, Fir enz e, La
Nuova Italia, 1980, [vol. I], pp. 69 sgg.
305 Cfr. Arangio-Ruiz, Il mandato, cit ., p. 7 .
306 C fr . Wo lfg an g Wa l stei n , «Aequitas» e «summum ius», in Saggi s ul diritto
non scritto, Padov a, Cedam, 2002 , pp. 142 sgg.; Carla Masi Doria, «P raeto r is, q ui
ius … dabit s ummum», in Studi in onore di L. Labruna, cit ., [vol. V], p. 3342; in
prece den za Er st Im manu el B ekker , Die römischen Komiker als Rechtszeugen, in
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