Federalismo fiscale e nuovi tributi regionali e locali alla luce della Legge delega N. 42/2009

AutoreAntonio Uricchio
Pagine85-148
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CAPITOLO TERZO
FEDERALISMO FISCALE
E NUOVI TRIBUTI REGIONALI E LOCALI
ALLA LUCE DELLA LEGGE DELEGA N. 42/2009
SOMMARIO: 1. Gli assetti del sistema fin anziari o locale tra principi costituzio-
nali e orientamenti della Corte Costituzionale. - 2. Le linee della legge
delega n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale e di attuazione
dell’art. 119 della Costituzione. - 3. I rapporti finanziari tra Stato e Re-
gioni; le disposizioni in materia di spesa. - 4. Le disposizioni in materia
di entrate dagli enti locali. - 5. Il sistema dei tributi regionali tra disciplina
vigente e prossimi decreti legislativi attuativi della legge delega. Istituzione
di nuovi tributi propri regionali tra principio di continenza e divieto di dop-
pia tassazione.
1. Gli assetti del sistema finanziario locale tra principi costitu-
zionali e orientamenti della Corte Costituzionale
Come è noto, l’espressione autonomia1 sta ad indicare “il pote-
re di dare norme a sé stesso” e quindi di disporre liberamente di sé
in relazione alle proprie funzioni e nel rapporto con lo Stato centrale
e gli altri enti istituzionali; l’autonomia finanziaria esprime, invece,
la capacità di adottare le proprie scelte con riferimento alle risorse
1 Così, M.S. GIANNINI voce Autonomia politica in Enc. dir., Milano, 1959,
vol. IV, pag. 362. Sul concetto giuridico di “autonomia” e di “autonomia finan-
ziaria” degli enti locali, si veda, ampiamente N. d’AMATI, Saggio sul concetto
giuridico di autonomia, in Riv.trim.dir.pubbl., 1961, pag. 851; G. ZANOBINI, Ca-
ratteri particolari dell’autonomia, in Scritti vari di diritto pubblico, Milano,
1955, pag. 273, seg.
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occorrenti per far fronte alle proprie funzioni2. Ben più difficile ap-
pare risalire al significato dell’espressione “federalismo”; se la ra-
dice etimologica evoca il patto istituzionale tra entità politiche
equiordinate (foedus) che distribuiscono al proprio interno le diver-
se funzioni (si pensi alle esperienze dei Cantoni Svizzeri o a quella
degli Stati Uniti d’America), il linguaggio comune assegna a tale
termine il significato di rafforzamento degli spazi di autonomia di
Regioni e Enti locali3 ovvero (con riguardo all’espressione “federa-
lismo fiscale”) una modifica dei criteri di riparto del carico fiscale
fondato sull’utilizzo sul territorio del gettito dei tributi insistenti
sulla ricchezza ivi prodotta4.
È di tutta evidenzia che l’autonomia, sia politica che finanzia-
ria, così come il federalismo, sia istituzionale che fiscale, assumono
2 Appare chiaro come autonomia normativa e autonomia finanziaria siano
strettamente connesse tra loro, non potendo sussistere vera autonomia senza ca-
pacità di assumere determinazioni in ordine alle proprie entrate e spese. In questo
senso, cfr., ampiamente, N. d’AMATI, L’autonomia impositiva degli enti locali:
aspetti storici e giuridici, in Autonomia impositiva degli enti locali, (atti del con-
vegno di Taormina 26/27 marzo 1982), Padova, 1983, pag. 32; ID., voce Finanza
locale, in App. Noviss. dig. it., vol. III, Torino, 1982, pag. 739, F. GALLO,
L’autonomia tributaria degli enti locali, Bologna, 1979; L. TOSI, voce Finanza
locale, in Dig. disc. priv.. sez. comm., it., vol. VI, Torino, 1991; ID., Finanza lo-
cale (profili giuridici), Milano, 1990; A. GIOVANARDI, L’autonomia tributaria
degli enti territoriali, Milano, 2005, pag. 72 e s.
3 Cfr. la relazione finale della Commissione di studio per il decentramento
fiscale presieduta dal prof. F. Gallo, secondo cui “il più delle volte si parla di fe-
deralismo in termini molto astratti e un po’ ermetici. A volte viene definito come
qualcosa di più del decentramento fiscale senza però fissarne le caratteristiche. A
volta lo si connota con slogans banali, senza approfondimenti o con proposte
che, nella sostanza, poco o niente hanno a che fare con il decentramento. Altre
volte lo si limita all’ordinamento comunale o, al contrario, a quello regionale e lo
si identifica, oltre il dettato costituzionale, con i sistemi fiscali propri degli assetti
confederali o dell’unione di Stati fino ad invertire il flusso delle entrate nella di-
rezione Regioni Stato anziché Stato regioni”.
4. In dottrina, si vedano F. GALLO, Il federalismo fiscale cooperativo, in
Rass. trib., 1995, pag. 275 ss. e Per un progetto di federalismo fiscale, in Rass.
trib., 1995, pag. 1835 ss.; G. ARACHI - A. ZANARDI, Federa lismo fiscale e pere-
quazione regionale, lavori in corso, in AA.VV., La finanza pubblica italiana:
rapporto 1998, a cura di L. Bernardi, Bologna, 1999, pag. 135 ss.; A. BALDAS-
SARRE, Il cd. federalismo fiscale: miti e realtà di una proposta, in Riv. guard.
fin., 1996, pag. 385 ss.
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connotazioni diverse secondo il contesto economico-sociale e stori-
co in cui si attuano5. Come dimostrano le esperienze sia del passato
che quelle di altri Paesi, in un contesto sociale e politico in cui forti
sono le tensioni etniche, razziali, religiose o anche politiche ed
economiche, il riconoscimento di spazi di autonomia potrà costitui-
re un tentativo per assorbire istanze secessioniste e riportare alla
dialettica istituzionale conflitti che potrebbero degenerare (si pensi
al fenomeno dell’Eta basca a seguito del quale sono stati assicurati
spazi sempre più ampi di autonomia istituzionale o finanziaria alla
comunità autonoma ovvero a quello della ex Jugoslavia, dell’ex
Unione sovietica – ora della Russia in cui ancora persiste il pro-
blema Cecenia – in cui la disgregazione di Stati nazionali è passata
prima attraverso le istanze autonomistiche e poi quelle separatiste,
non disdegnando l’uso del terrorismo e della guerra). In questo
modo, la rivendicazione dell’autonomia appare solo una condizione
iniziale in quanto coloro che se ne fanno promotori guardano alla
soluzione finale della separazione affermando il proprio diritto
all’autodeterminazione6.
Per quanto riguarda l’esperienza italiana, dopo i Comuni me-
dievali e le repubbliche marinare, l’unificazione attuata nel Risor-
gimento, attraverso una fase indipendentista prima, annessionista,
dopo, ha di fatto impedito il riconoscimento di condizioni di auto-
5 Erano autonome le città greche in quanto conservavano, come prerogativa
propria , l’amministrazione, la giustizia e l’esercito rispetto alla città egemone, come
erano autonome le province romane rispetto al potere centrale dell’impero; erano au-
tonomi i feudi, specie quelli riconosciuti ereditari dai capitolari; ecc. In questo caso si
trattava di un’autonomia concessa dalla città egemone o dall’impero romano in fun-
zione di un’alleanza, di una lega di città condizionata alla reciproca difesa e co mun-
que ad un interesse comune.
6 Come evidenziato dalla dottrina (per tutti G. JELLINEK, La dottrina gene-
rale dello Stato, I, Milano 1921; G. DE RUGGERO, Storia del liberalismo europeo,
Bari 1959), le espressioni separatismo e secessionismo, sebbene spesso adopera-
te promiscuamente, non coincidono. Per separatismo si intende la rivendicazione
di completa indipendenza politica ed economica da uno o più Stati e la configu-
razione dell’entità che si va a costituire come stato sovrano. La secessione impli-
ca la scissione di una parte dello Stato che si costituisce perciò in stato autonomo
in forza di un reciproco accordo (com’è avvenuto per la Cecoslovacchia o per
molti Stati della Russia sovietica).

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