Le misure cautelari nei confronti dei soggetti minorenni

AutoreGianna Maria Nanna
Pagine37-56
CAPITOLO TERZO
LE MISURE CAUTELARI
NEI CONFRONTI
DEI SOGGETTI MINORENNI
1. Premessa
Nel Capitolo II abbiamo aermato che nel diritto minorile
vige il principio della riserva di legge, per cui, nei confronti di
persona minorenne, non possono applicarsi misure cautelari
diverse da quelle espressamente previste dal D.P.R. 448/88.
Tali misure sono le prescrizioni, la permanenza in casa, il
collocamento in comunità e la custodia cautelare.
2. Le prescrizioni
L’art. 20, comma 1, D.P.R. 448/88 dispone che “se, in rela-
zione a quanto disposto dall’art. 19, comma 2, non risulta ne-
cessario fare ricorso ad altre misure cautelari, il giudice, sentito
l’esercente la potestà dei genitori, può impartire al minorenne
speciche prescrizioni inerenti alle attività di studio o di lavo-
ro, ovvero ad altre attività utili per la sua educazione. Si applica
l’art. 19, comma 3”.
Pertanto, quando il giudice, in considerazione dei criteri di
adeguatezza e proporzionalità della misura in relazione al fatto
commesso, ritenga di non fare ricorso a misure detentive, può
prescrivere al minore delle regole di condotta, concernenti le
38 Misure cautelari relative ai soggetti minorenni
attività tese alla sua istruzione, all’inserimento nel lavoro o, co-
munque, utili alla sua educazione.
Le prescrizioni impartite dal giudice possono avere sia con-
tenuto positivo e, cioè, comportanti un obbligo di fare, ovve-
ro un contenuto negativo, come, ad esempio, l’obbligo di non
rincasare oltre una certa ora, non frequentare determinati luo-
ghi o persone.
Condizione di applicazione delle prescrizioni è, innanzitut-
to, la loro utilità, perché esse hanno la nalità di tracciare un
percorso, al quale il minore deve attenersi, comprendendo il
disvalore dell’azione commessa ed al tempo stesso valorizzan-
do le proprie inclinazioni verso lo studio, ovvero verso il lavo-
ro o attività suscettibili di positivi sviluppi.
Secondo parte della dottrina, l’istituto delle prescrizioni
presenta “il forte rischio che venga adottato in modo routina-
rio e con eetti meramente declamatori o clementizi”32, e ciò
in ragione del limite temporale previsto dal legislatore che, al
comma 2 dell’art. 20 D.P.R. 448/88, impone l’ecacia massima
di tale misura per due mesi, salva rinnovazione, per non più di
una volta, quando ricorrono esigenze probatorie. Il limite tem-
porale così ristretto di ecacia di tale misura è stato ritenuto
ostativo alla realizzazione di un serio ed organico programma
di interventi, teso alla rieducazione del minore.
Altra parte della dottrina ritiene, invece, che l’istituto pre-
senti una sua obiettiva valenza, oltre che sul piano meramente
cautelare, anche su quello concretamente rieducativo, purché
le prescrizioni impartite siano caratterizzate dalla specicità. Si
ritiene, quindi, che le prescrizioni, per spiegare concreta eca-
cia, devono essere non solo astrattamente utili all’educazione
del minore, ma anche speciche, in relazione agli obblighi o
divieti imposti ed alle modalità di esecuzione.
La specicità delle prescrizioni si rivela di grande importan-
za, sia per il minore, in modo che egli comprenda a quali atti-
vità deve dedicarsi e secondo quali modalità, sia ai servizi, che
aancano il minore, svolgendo opera di sostegno e controllo,
sia allo stesso giudice, in quanto, più le prescrizioni sono speci-
32 Alfredo Carlo Moro cit., pag. 560

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