Sentenza nº 13 da Constitutional Court (Italy), 31 Gennaio 2019

RelatoreGiancarlo Coraggio
Data di Resoluzione31 Gennaio 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 13

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PETRIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 93-ter, comma 1-bis, della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili), come introdotto dall’art. 1, comma 495, lettera c), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), e dell’art. 8, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), promosso dal Collegio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel procedimento avviato nei confronti del Consiglio notarile di Milano, con ordinanza del 3 maggio 2018, iscritta al n. 86 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione di R. G., del Centro Istruttorie spa - CISPA, di P. D.M., del Consiglio notarile di Milano, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e del Consiglio nazionale del notariato;

udito nell’udienza pubblica del 4 dicembre 2018 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Beniamino Caravita di Toritto, Gian Michele Roberti e Andrea Saccucci per P. D.M., Massimo Luciani per il Consiglio nazionale del notariato, Barbara Randazzo e Gustavo Olivieri per R. G., Claudio Tesauro per il Centro Istruttorie spa - CISPA, Fabio Cintioli e Anselmo Barone per il Consiglio notarile di Milano, e gli avvocati dello Stato Gabriella Palmieri e Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. − Il Collegio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 41 e 117, primo comma, della Costituzione – quest’ultimo in relazione all’art. 106, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130 – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 93-ter, comma 1-bis, della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (Sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili), come introdotto dall’art. 1, comma 495, lettera c), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), e dell’art. 8, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato).

    1.1.− Il rimettente espone in punto di fatto che:

    − in data 11 gennaio 2017 l’AGCM (d’ora in avanti anche: Autorità o Autorità garante) aveva avviato un procedimento istruttorio nei confronti del Consiglio notarile di Milano (d’ora in avanti anche: CNM), volto ad accertare la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza, in violazione dell’art. 2 della legge n. 287 del 1990 (d’ora in avanti anche: legge antitrust), realizzata attraverso: a) richieste a tutti i notai del distretto di dati «concorrenzialmente» sensibili, al fine di fare emergere le posizioni di preminenza economica; b) iniziative disciplinari nei confronti dei notai maggiormente produttivi ed economicamente performanti, accompagnate da un’attività segnaletica volta a dare risalto a tali iniziative;

    − in data 21 febbraio 2018 gli uffici istruttori dell’Autorità avevano trasmesso alle parti del procedimento la comunicazione delle risultanze istruttorie (d’ora in avanti anche: CRI), con cui avevano contestato al CNM di avere posto in essere delle condotte idonee ad inibire ai notai del distretto (e in particolare, a quelli più performanti) l’acquisizione di elevate quantità di lavoro, ricorrendo alla leva prezzo e/o a modalità innovative di offerta, condotte consistite, in particolare: a) nella richiesta di dati sensibili sotto il profilo antitrust, avendo il CNM adottato nel 2014 e nel 2016 un sistema di monitoraggio a tappeto sull’attività dei singoli notai, volto ad acquisire informazioni sempre più dettagliate sul loro comportamento economico (numero di atti stipulati, copia delle fatture, spese di gestione, dettaglio di svariate voci di costo, fatturato complessivo, etc.); b) nella mappatura dei notai monitorati, avendo il CNM elaborato i dati acquisiti al fine di porre in rilievo aspetti concorrenzialmente sensibili (tra gli altri, tabelle evidenzianti i livelli di «sperequazione» tra il numero di atti redatti dai notai del distretto; «tabelle excell» contenenti informazioni sui ricavi, sui costi e sull’organizzazione dell’attività; «indice Fatturato/Repertorio» da cui emergeva il rapporto tra i prezzi mediamente praticati dai singoli notai e la tariffa repertoriale; «Grafico dispersione fatturato» indicante il fatturato di ogni notaio, con evidenza di quelli più elevati; c) nel diffuso risalto (relazioni annuali, giornate di studio, audizioni, eccetera) del messaggio che occorreva «evitare sperequazioni» nella distribuzione del lavoro, evidenziando le ripercussioni negative per la categoria derivanti dalla concorrenza tra colleghi (condannando i «c.d. attifici» e le «politiche tariffarie molto, molto, molto, aggressive»);

    − alla difesa del CNM, incentrata sulla funzionalità delle condotte contestate all’esercizio dei suoi poteri-doveri di vigilanza e disciplinari, gli uffici istruttori avevano replicato che le condotte medesime, in realtà, oltre ad essere carenti di proporzionalità e necessarietà, erano finalizzate a realizzare intenti anticompetitivi;

    − a circa un anno dall’avvio dell’istruttoria e a ridosso dell’invio alle parti della CRI, la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) aveva introdotto nella legge n. 89 del 1913 (d’ora in avanti anche legge notarile) l’art. 93-ter, comma 1-bis, secondo cui «Agli atti funzionali al promovimento del procedimento disciplinare si applica l’art. 8, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287»; in forza di tale ultima norma, «Le disposizioni di cui ai precedenti articoli non si applicano alle imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, per tutto quanto strettamente connesso all’adempimento degli specifici compiti loro affidati»;

    − nella CRI si sosteneva: 1) che la norma sopravvenuta non è applicabile ratione temporis alle condotte oggetto di accertamento; 2) in ogni caso, essa va interpretata in senso costituzionalmente e comunitariamente orientato: l’art. 106, paragrafo 2, TFUE, secondo la costante giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, limiterebbe l’applicazione delle norme antitrust alle condotte di imprese incaricate dalla legge della gestione di servizi di interesse economico generale (d’ora in avanti anche: SIEG) solo in via eccezionale e una volta superato il test di proporzionalità, con la conseguenza che non sarebbe possibile sottrarre in via generale e astratta un intero segmento di attività dall’ambito di applicazione della disciplina antitrust; 3) in caso di diversa interpretazione della norma sopravvenuta, l’Autorità garante sarebbe tenuta alla sua disapplicazione per contrarietà agli artt. 101 e 106, TFUE, letti congiuntamente all’art. 4, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea (TUE), firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993, e al Protocollo n. 27 sul mercato interno e la concorrenza, allegato al Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009, che conferma l’art. 3, lettera g), del Trattato CE;

    − il CNM aveva invece fatto leva sulla disposizione in esame per porre la questione preliminare dell’incompetenza dell’Autorità a giudicare le condotte oggetto di istruttoria, dal momento che l’esercizio del potere-dovere di vigilanza sarebbe funzione pubblicistica sottratta all’applicazione della normativa antitrust; la norma sopravvenuta, poi, sarebbe applicabile al caso di specie, in virtù del principio tempus regit actum, essendo stata introdotta ad istruttoria in corso; essa, inoltre, non farebbe che codificare un principio immanente nell’ordinamento, già affermato dalla Corte di cassazione (si cita la sentenza della sezione seconda civile, 5 maggio 2016, n. 9041) e poi ribadito dalla Corte d’appello di Milano (si cita la sentenza della sezione prima, 6 aprile 2018), secondo cui il consiglio notarile che assume l’iniziativa del procedimento disciplinare espleta un SIEG ed è perciò esente dall’applicabilità delle norme antitrust, ai sensi dell’art. 8, comma 2, della legge n. 287 del 1990.

    1.2.− Ciò premesso in punto di fatto, il rimettente riferisce di essersi «lungamente interrogato» sulla propria legittimazione a sollevare questione di legittimità costituzionale in via incidentale.

    Rammenta il Collegio che, ai sensi dell’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 (Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie d’indipendenza della Corte costituzionale) e dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), i presupposti perché possa essere sollevata questione di legittimità costituzionale sono che essa venga formulata da un «giudice» nell’ambito di un «giudizio».

    Tali condizioni − prosegue il rimettente − sono state interpretate sin dalle prime pronunce della Corte costituzionale (si citano le sentenze n. 129 del 1957 e n. 4 del 1956) «in senso estensivo», non ravvisandosi la figura del...

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