Sentenza nº 124 da Constitutional Court (Italy), 07 Aprile 1994

RelatoreMassimo Vari
Data di Resoluzione07 Aprile 1994
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 124

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, primo, terzo, quarto e quinto comma, 2, primo, secondo e quinto comma, 3, 4, 5, 6, primo comma, lettera a), e 10 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270, recante: "Riordinamento degli istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell'art. 1, primo comma, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n.421", promossi con ricorsi delle Regioni Emilia-Romagna e Lombardia e della Provincia autonoma di Trento, notificati rispettivamente il 2 e il 1o settembre 1993, depositati in cancelleria il 9 e l'11 successivi ed iscritti ai nn. 45, 53 e 54 del registro ricorsi 1993.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 gennaio 1994 il Giudice relatore Massimo Vari;

uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia- Romagna, l'avvocato Valerio Onida per la Regione Lombardia e la Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con tre ricorsi regolarmente notificati e depositati le Regioni Emilia-Romagna e Lombardia nonchè la Provincia automa di Trento hanno sollevato questione di legittimità costituzionale di varie norme del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270 (Riordinamento degli istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell'art. 1, primo comma, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421).

  2. - La Regione Emilia-Romagna ha impugnato gli artt. 1, primo, quarto e quinto comma; 2, primo e secondo comma; 3, secondo, terzo, quarto e sesto comma; 5, primo comma; 6, primo comma, lettera a) e 10, primo comma, del menzionato decreto, per violazione degli artt. 117, 118, 119 e 76 della Costituzione.

  3. - Il ricorso rileva che il provvedimento è stato emanato in attuazione dell'art. 1, primo comma, lettera h), della legge n. 421 del 1992, secondo il quale il Governo avrebbe dovuto adottare, "per rendere piene ed effettive le funzioni che vengono trasferite alle regioni", norme per la riforma del Ministero della sanità, comprendendovi il "riordino" degli istituti zooprofilattici. Alla luce di tale unico criterio direttivo, sarebbe da escludere che il Governo, attraverso il conseguente decreto delegato, avesse il potere di diminuire "il grado di regionalizzazione delle istituzioni sanitarie", già realizzato dalla legge 23 dicembre 1975, n.745, che ha dato attuazione all'assetto costituzionale e ha determinato le funzioni rispettive dello Stato e delle regioni.

    Il decreto impugnato mirerebbe invece a "reinserire" gli istituti zooprofilattici in un quadro di riferimento statale, comprimendo irrazionalmente ed illegittimamente competenze regionali già stabilite.

    Sarebbe, perciò, in contrasto con la legge di delega l'art. 1, primo comma, che definisce gli istituti stessi quali "strumenti tecnico-scientifici dello Stato, delle regioni e delle province autonome, per le materie di rispettiva competenza", travolgendo così l'assetto e la collocazione istituzionale dei medesimi, con mutamenti che vanno ben al di là del "riordino".

  4. - Ugualmente non prevista nella delega sarebbe l'attribuzione al Ministro della sanità di nuove funzioni, sicchè sarebbero illegittimi: l'art. 2, secondo comma - lettere da a) ad l)- nella parte in cui riconosce al Ministro stesso nuove funzioni amministrative non meramente riproduttive di funzioni già spettanti; l'art. 3, che gli demanda il potere di nomina di un componente del consiglio di amministrazione (secondo comma) e di un revisore dei conti (quarto comma); l'art. 5, primo comma, che gli conferisce il potere di stabilire le prestazioni a pagamento e i criteri per la determinazione, da parte delle regioni, delle relative tariffe; l'art. 2, primo comma, che prevede il potere ministeriale di indirizzo e coordinamento, in violazione, oltretutto, dei principi concernenti tale funzione, sia sotto il profilo della titolarità collegiale che della necessità di una disciplina sostanziale per il suo esercizio.

  5. - Non meno illegittima sarebbe la sostanziale sottrazione alle regioni della potestà legislativa in materia di organizzazione degli istituti, operata sia attraverso l'art. 10, primo comma in quanto abroga l'art. 1, secondo comma, della legge n. 745 del 1975 che tale potestà riconosceva- sia attraverso l'art. 3, secondo comma, che disciplina minutamente l'organizzazione dell'ente, ivi compresa l'individuazione degli organi, il numero dei componenti dell'organo di amministrazione, la titolarità dei poteri di nomina e le relative procedure. Rilevato che, per il collegio dei revisori, addirittura la nomina è a maggioranza statale ed evidenziata, altresì, l'incongruità della disposizione che prevede la nomina del direttore generale d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, ci si duole del fatto che la potestà legislativa regionale in tema di organizzazione venga ridotta a potestà meramente integrativa, in violazione, oltre che dei principi contenuti nella delega, dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, trattandosi di materie "pacificamente regionali", ai sensi dell'art.27, primo comma, lettera l) e dell'art. 66 del d.P.R. n. 616 del 1977.

  6. - Non dissimili motivi di illegittimità, per violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, oltre che dei principi della legge di delega, colpirebbero, secondo il ricorso, l'art. 1, quinto comma, nella parte in cui prevede un regolamento ministeriale per il coordinamento dei compiti degli istituti con quelli previsti dalla legge 23 giugno 1970, n. 503, modificata dalla legge 11 marzo 1974, n. 101, e dalla legge 23 dicembre 1975, n. 745. Corrispondentemente sarebbero illegittime anche le disposizioni dell'art. 1, quarto comma, in quanto non prevede la potestà regionale di precisare e integrare i compiti degli istituti e l'art. 10 che ha abrogato l'art. 4 della legge 23 dicembre 1975, n. 745, che tale potestà legislativa regionale contemplava.

  7. - Infine, la Regione Emilia-Romagna impugna la previsione dell'art. 6, primo comma, lettera a), relativa al finanziamento degli istituti, per violazione, da un lato, del principio della delega, secondo il quale le norme di riordino "non devono comportare oneri a carico dello Stato" e, dall'altro, dell'autonomia finanziaria regionale, garantita dall'art. 119 della Costituzione, atteso che si dispone di quella parte del Fondo sanitario che, ai sensi del decreto legislativo n. 502 del 1992, deve essere ripartita tra le regioni.

  8. - Con il ricorso proposto dalla Regione Lombardia, viene contestata la legittimità costituzionale degli artt. 1, primo, terzo, quarto e quinto comma; 2, primo, secondo e quinto comma; 3 del decreto legislativo n. 270 del 1993. La Regione ricorrente, con argomentazioni in gran parte analoghe a quelle della Regione Emilia-Romagna, lamenta che varie disposizioni del predetto decreto -ponendosi, tra l'altro, in contraddizione con la direttiva contenuta nella delega, volta a rendere "piene ed effettive" le funzioni che vengono trasferite alle regioni- contrastino con gli artt. 117 e 118, nonchè con l'art. 76 della Costituzione.

    Ricordato che, con la legge n. 745 del 23 dicembre 1975, si era provveduto all'integrale regionalizzazione degli istituti e rammentato, altresì, il trasferimento di funzioni alle regioni, operato con gli artt.27, primo comma, lettera l), e 66 del d.P.R. n. 616 del 1977, ci si duole, in particola re, del fatto che l'art. 10 preveda espressamente l'abrogazione delle disposizioni della menzionata legge n. 745 del 1975, che avevano consentito detta regionalizzazione, censurando l'art. 1, primo comma, del decreto impugnato che definisce gli istituti strumenti tecnico-scientifici sia dello Stato che delle regioni e delle province autonome, e, così pure, il terzo comma che prevede che essi operino nell'ambito del Servizio sanitario nazionale.

    Costituisce oggetto di doglianza anche il quinto comma dello stesso articolo, il quale dispone che il Ministro della sanità coordini gli attuali compiti degli istituti con quelli previsti dalle disposizioni, non abrograte, delle leggi precedenti, e ciò faccia con un regolamento ministeriale, solo d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti Stato-regioni, non essendo affatto chiaro, ad avviso della ricorrente, come dovrebbe esplicarsi tale coordinamento, posto che l'art. 4 della legge n. 745 del 1975, relativo ai compiti degli istituti zooprofilattici, risulta interamente abrogato dall'art. 10 del decreto legislativo impugnato.

    Anche per altra via, il decreto legislativo in questione consentirebbe una indiretta e costituzionalmente illegittima riappropriazione di competenze da parte dello Stato, là dove, all'art. 1, quarto comma, prevede un elenco accorpato delle competenze degli istituti zooprofilattici, senza precisare se tali attribuzioni siano di pertinenza regionale o interregionale, ovvero statale.

    Per contro, la legge 23 dicembre 1975, n. 745, dopo aver indicato le competenze statali residue (art. 2), aveva cura di precisare, all'art. 4, i compiti che le regioni avrebbero dovuto affidare agli istituti, nel presupposto che si fosse in presenza di competenze regionali.

  9. - Censure analoghe a quelle avanzate nel ricorso della Regione Emilia-Romagna sono poi rivolte alle previsioni dell'art. 2, sia per la funzione di indirizzo e coordinamento attribuita, dal primo comma, al Ministro della sanità, quanto ai requisiti minimi strutturali e...

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