Sentenza nº 364 da Constitutional Court (Italy), 24 Marzo 1988

RelatoreRenato Dell'Andro
Data di Resoluzione24 Marzo 1988
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.364

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco SAJA,

Giudici

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5, 42, 43 e 47 del codice penale e dell'art. 17, lett. b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per l'edificabilità dei suoli) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 luglio 1980 dal Pretore di Cingoli nel procedimento penale a carico di Marchegiani Mario ed altri, iscritta al n. 694 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 338 dell'anno 1980;

2) ordinanza emessa il 14 maggio 1982 dal Pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Marin Giacinto, iscritta al n. 472 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 351 dell'anno 1982.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 29 settembre 1987 il Giudice relatore Renato Dell'Andro;

udito l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

l.- Le ordinanze in epigrafe propongono analoghe questioni: riuniti i giudizi, le stesse questioni possono, pertanto, esser decise con unica sentenza.

  1. - L'ordinanza di rimessione del Pretore di Cingoli riferisce che agli imputati e stata contestata la contravvenzione di cui all'art. 17, lettera b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e l'ordinanza di rimessione del Pretore di Padova riferisce che l'imputato é stato chiamato a rispondere della contravvenzione di cui all'art. 666 c.p.: mentre le predette ordinanze risultano sufficientemente motivate in ordine alla rilevanza non si può qui far riferimento al notissimo indirizzo giurisprudenziale relativo alla nelle contravvenzioni senza impostare e risolvere il generale problema della legittimità dell'art. 5 c.p.: a parte la sua non uniformità, il predetto indirizzo giurisprudenziale, come in seguito si motiverà, non trova fondamento nella vigente legislazione a causa della norma di , di cui all'art. 5 c.p., che impedisce ogni rilievo, comunque, all'ignoranza della legge penale, sia essa qualificata o meno. Come é stato esattamente rilevato, disciplinando un elemento negativo (l'ignoranza) lo stesso articolo non offre possibilità d'operare distinzioni di disciplina tra le diverse cause dell'ignoranza o tra le varie modalità concrete nelle quali la medesima si manifesta.

  2. - Prima d'esaminare se ed in quali limiti l'art. 5 c.p. deve ritenersi illegittimo, a seguito dell'entrata in vigore della Costituzione repubblicana, vanno qui brevemente sottolineate alcune premesse ideologiche, di metodo, storiche e dommatiche.

    La mancata considerazione delle relazioni tra soggetto e legge penale, l'idea che nessun rilievo giuridico va dato all'ignoranza della legge penale, e, fra l'altro, il risultato di tre ben caratterizzate impostazioni ideologiche. La prima, in radicale critica alla concezione normativa del diritto, contesta che l'obbedienza o la trasgressione della legge abbia attinenza con la conoscenza od ignoranza della medesima. La seconda sottolinea che, essendo l'ordinamento giuridico sorretto da una che lo legittima e costituendo, pertanto, la trasgressione della legge particolare, incoerente e perciò ingiustificato (attuato da chi, conoscendo e contribuendo a realizzare i valori essenziali che sono alla base dello stesso ordinamento, appunto arbitrariamente ed incoerentemente si pone in contrasto con uno dei predetti valori) non può lo stesso ordinamento condizionare l'effettiva applicazione della sanzione penale alla prova della conoscenza, da parte dell'agente, per ogni illecito, del particolare precetto violato. La terza impostazione ideologica, comunemente ritenuta soltanto politica, attiene all'illuministica della legge, la cui obbligatorietà, si sostiene, non va condizionata dalle mutevoli individuali nonchè dall'alea della prova, in giudizio, della conoscenza della stessa legge.

    Senonchè, contro la prima tesi, va osservato che, supposta l'esistenza di leggi giuridiche statali, nessun dubbio può fondatamente sorgere in ordine al principio che spetta all'ordinamento dello Stato stabilire le condizioni in presenza delle quali esso entra in funzione (e, tra queste, ben può essere prevista la conoscenza della legge che si viola). Alla seconda tesi va obiettato che, in tempi in cui le norme penali erano circoscritte a ben precisi illeciti, ridotti nel numero e, per lo più, costituenti violazione anche di norme sociali universalmente riconosciute, era dato sostenere la regolare conoscenza, da parte dei cittadini, dell'illiceità dei fatti violatori delle leggi penali; ma, oggi, tenuto conto del notevole aumento delle sanzioni penali, sarebbe quasi impossibile dimostrare che lo Stato sia effettivamente sorretto da una tutte le volte che sanzioni a violazioni di particolari, spesso , valori relativi a campi, come quelli previdenziale, edilizio, fiscale ecc., che nulla hanno a che vedere con i delitti, c.d. naturali, di comune sociale. Alla terza impostazione ideologico-politica va obiettato che, certamente, e pericoloso, per la tutela dei valori fondamentali sui quali si fonda lo Stato, condizionare, di volta in volta, alla prova in giudizio della conoscenza della legge penale, da parte dell'agente, l'effettiva applicabilità delle sanzioni penali ma che, tuttavia, il principio dell'irrilevanza assoluta dell'ignoranza della legge penale non discende dal l'obbligatorietà della stessa legge; tant'é vero che, come é stato sottolineato di recente dalla dottrina, nei sistemi nei quali si attribuisce rilevanza all'ignoranza della legge penale non per questo la legge diviene .

    Vero é che gli opposti principi dell'assoluta irrilevanza o dell'assoluta rilevanza dell'ignoranza della legge penale non trovano valido fondamento: ove, infatti, s'accettasse il principio dell'assoluta irrilevanza dell'ignoranza della legge penale si darebbe incondizionata prevalenza alla tutela dei beni giuridici a scapito della libertà e dignità della persona umana, costretta a subire la pena (la più grave delle sanzioni giuridiche) anche per comportamenti (allorchè l'ignoranza della legge sia inevitabile) non implicanti consapevole ribellione o trascuratezza nei confronti dell'ordinamento; ove, invece, si sostenesse l'opposto principio dell'assoluta scusabilità della predetta ignoranza, l'indubbio rispetto della persona umana condurrebbe purtroppo (a parte la questione della possibilità che esistano soggetti che volutamente si tengano all'oscuro dei doveri giuridici) a rimettere alla variabile dei singoli la tutela di beni che, per essere tutelati penalmente, si suppone siano fondamentali per la società e per l'ordinamento giuridico statale.

  3. - Sul piano metodologico va osservato che non é prospettiva producente ed esaustiva quella che esamini il tema dell'ignoranza della legge penale considerando il solo nel quale il soggetto oggettivamente viola la legge penale nell'ignoranza della medesima. E indispensabile, infatti, non trascurare le , remote e prossime, della predetta ignoranza e, pertanto, estendere l'indagine al preliminare stato della relazioni tra ordinamento giuridico e soggetti ed in particolare ai rapporti tra l'ordinamento, quale soggetto attivo dei processi di socializzazione di cui all'art. 3, secondo comma, Cost. ed autore del fatto illecito. Se non si mancherà d'accennare a tale indagine, va, peraltro, sottolineato che la medesima non potrà, ovviamente, esser sufficientemente approfondita in questa sede.

  4. - Dal punto di vista storico e di diritto comparato va sottolineato che il principio dell'irrilevanza dell'ignoranza di diritto non é mai stato positivamente affermato nella sua assolutezza. Si può, anzi, affermare che la storia del principio in esame coincida con la storia delle sue eccezioni: dal diritto romano-classico, per il quale era consentito alle donne ed ai minori di 25 anni , attraverso i ed il diritto canonico, fino alle attuali normative di diritto comparato (codici penali tedesco-occidentale, austriaco, svizzero, greco, polacco, iugoslavo, giapponese ecc.) si evidenziano tali e tante all'assolutezza del principio in discussione che il codice Rocco si può sostenere sia rimasto, in materia, isolato, neppure più seguito dal codice penale portoghese.

    Quest'ultimo, infatti, mutando recentemente la precedente normativa, ha previsto il c.d. , nel quale rientra l'errore sul divieto la cui conoscenza appare ragionevolmente indispensabile perchè possa aversi coscienza dell'illiceità del fatto.

  5. -Va, infine, ricordato che, come rilevato da recente dottrina, il principio dell'inescusabilità dell'ignoranza della legge penale, concepito nella sua assolutezza, non trova neppure convincente sistemazione dommatica.

    Escluso che possa prospettarsi l'esistenza d'un della legge penale (ne mancherebbe, fra l'altro, la relativa sanzione) anche le tesi della presunzione iuris et de iure e della di conoscenza della legge penale (a parte la considerazione che le medesime, mentre ritengono essenziale al reato la coscienza dell'antigiuridicità del comportamento criminoso, , in fatto, ciò che assumono essenziale in teoria) s'inseriscono in un contesto che parte dall'opposto principio dell'essenzialità al reato della coscienza dell'illiceità e, pertanto, della dell'ignoranza della legge penale.

  6. - Prima d'iniziare il confronto tra l'art. 5 c.p. e la Carta fondamentale, va, ancora, ricordato che, a seguito dell'entrata in vigore di quest'ultima, lo stesso articolo e stato oggetto di numerose, pesanti critiche. Partendo da ben note premesse sistematiche (l'imperatività...

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