Giurisprudenza di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine287-330

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@CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 12 febbraio 2003, n. 7025 (ud. 28 gennaio 2003). Pres. Teresi - Est. Fazzioli - P.M. Palombarini (conf.) - Ric. Rizzo.

Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità - Ragioni di giustizia e di sicurezza - Provvedimento del dirigente comunale - Delegato dal sindaco - Legittimità - Esclusione.

Il potere del sindaco di emettere ordinanze contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minaccino l'incolumità dei cittadini non è delegabile in base alla vigente normativa, dettata dall'art. 54 del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267, né lo era in base alla normativa precedente, dettata dall'art. 38 della legge 8 giugno 1990 n. 142. È pertanto illegittimo, così da rendere non configurabile, in caso di inosservanza, il reato di cui all'art. 650 c.p., il provvedimento del dirigente del settore lavori pubblici di un comune con il quale venga imposto ad un privato, per ragioni di sicurezza pubblica, di eliminare una situazione di pericolo. (Mass. Redaz.). (C.p., art. 650) (1).

    (1) La citata sentenza, Cass. pen., sez. I, 13 agosto 1996, Soave, è stata pubblicata con motivazione in questa Rivista 1997, 196. Nella suddetta motivazione viene specificato che «La delega, che egli (il sindaco, n.d.r.) può utilizzare per conferire ad altri organi tali funzioni, può essere esercitata esclusivamente in favore del presidente del consiglio circoscrizionale o di un consigliere comunale e non in favore di un funzionario comunale, dirigente di settore. In ogni caso, proprio al fine di verificarne la rispondenza alle disposizioni di legge, l'eventuale esistenza di una delega avrebbe dovuto essere menzionata nella ordinanza». Sullo stesso argomento si veda altresì Cass. pen., sez. I, 13 agosto 1996, Soave, ibidem, secondo cui, ai fini del giudizio di responsabilità in ordine al reato di inosservanza dei provvedimenti dell'autorità di cui all'art. 650 c.p., il giudice è tenuto a verificare previamente la legalità sostanziale e formale del provvedimento che si assume violato, sotto i tre profili tradizionali della violazione di legge, dell'eccesso di potere e della incompetenza; ne consegue che ove venga rilevato il difetto del presupposto della legittimità, sotto uno di tali profili, l'inosservanza del provvedimento non integra il reato in questione per la cui sussistenza è richiesto esplicitamente che il provvedimento sia «legalmente dato». (Nella fattispecie, il presidente di un circolo era stato condannato dal pretore - perché ritenuto colpevole del reato di cui all'art. 650 c.p. - per non aver osservato l'ordinanza emessa dal dirigente del settore progettazione del comune con la quale gli era stato intimato di cessare le attività svolte in detto circolo, per carenza dei requisiti di sicurezza così come evidenziato in una nota del Comando provinciale dei vigili del fuoco. La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto dall'imputato, ha enunciato il principio di cui in massima, rilevando che il potere esercitato dal dirigente del settore progettazione del comune, concernendo un provvedimento contingibile ed urgente, adottato al fine di prevenire ed eliminare pericoli per la pubblica incolumità, doveva ritenersi illegittimamente esercitato in quanto rientrante nella esclusiva competenza del sindaco).


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECI-SIONE. 1. - Con sentenza del 7 maggio 2002 il Tribunale di Catanzaro, in composizione monocratica, affermava la responsabilità, condannandolo alla pena di lire centocinquantamila di ammenda, di Rizzo Tommaso per il reato di cui all'art. 650 c.p., perché «non osservava l'ordinanza n. 286 del 3 giugno 1999 emessa dal dirigente del settore lavori pubblici del Comune di Catanzaro che, per ragioni di sicurezza pubblica, imponeva di eliminare entro venti giorni dalla data di notifica dell'ordinanza medesima, lo stato di pericolo derivante da un muro di sostegno esistente su un terreno di sua proprietà ed inclinato vistosamente sulla via Marafioti con pregiudizio della incolumità dei passanti».

  1. - Ha proposto ricorso per cassazione, con atto sottoscritto personalmente, il Rizzo denunziando la violazione dell'art. 606, comma 1, c.p.p. in quanto: a) l'ordinanza, con la quale gli si intimava di provvedere ai lavori, avrebbe dovuto essere emessa dal sindaco che non aveva il potere di delegare un funzionario comunale e, in ogni caso, la delega sarebbe dovuta risultare dall'ordinanza medesima, non potendosi condividere la motivazione della sentenza secondo la quale la delega sarebbe stata legittimamente conferita con una circolare in tal senso del segretario generale del comune; b) non sarebbe stato accertato se la moglie del ricorrente, nelle cui mani era stata effettuata la notifica della citazione a giudizio, fosse effettivamente sua convivente; c) la motivazione della sentenza impugnata sarebbe viziata da manifesta illogicità.

  2. - Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente. Questa Corte, con sentenza 3 luglio 1996, n. 7954, RV 205585, in fattispecie analoga di ordinanza contingibile ed urgente emessa dal dirigente del servizio di progettazione di un comune, ha affermato il principio secondo il quale «ai fini del giudizio di responsabilità in ordine al reato di inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità di cui all'art. 650 c.p., il giudice è tenuto a verificare previamente la legalità sostanziale e formale del provvedimento che si assume violato, sotto i tre profili tradizionali della violazione di legge, dell'eccesso di potere e della incompetenza; ne consegue che, ove venga rilevato il difetto del presupposto della legittimità, sotto uno di tali profili, l'inosservanza del provvedimento non integra il reato in questione per la cui sussistenza è richiesto esplicitamente che il provvedimento sia legalmente dato».

    Osservava, in proposito, questa Corte che il potere di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti, adottati al fine di prevenire ed eliminare i pericoli per la pubblica incolumità, doveva ritenersi illegittimamente esercitato in quanto rientrante nella esclusiva competenza del sindaco.

    Il principio richiamato deve essere confermato. Attualmente il potere del sindaco, quale ufficiale di governo di adottare «con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare graviPage 288 pericoli che minacciano la incolumità dei cittadini» è previsto dall'art. 54, comma 2, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.

    Lo stesso articolo, al comma 5, prevede quali attribuzioni nei servizi di competenza statale possono essere delegati dal sindaco al presidente del consiglio circoscrizionale ed, ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, ad un consigliere comunale, attribuzioni tra le quali non rientrano quelle di cui al comma 2, che, ai sensi del successivo comma 4, possono essere esercitate soltanto da «chi sostituisce il sindaco». A chiusura di questa regolamentazione, l'art. 107, comma 5, precisa che «le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III [organi di governo del comune] l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti», con espressa esclusione delle funzioni di cui all'art. 50, comma 3, e di cui all'art. 54.

    Non vi è dubbio, pertanto, che i poteri del sindaco di emanare provvedimenti contingibili ed urgenti non possano essere delegati, in base all'attuale disciplina, ad organi politici, né possono ritenersi rientrare tra le competenze della dirigenza del comune o tra le materie che il sindaco può alla medesima delegare.

    Nel momento della emissione dell'ordinanza in esame l'ordinamento delle autonomie locali era disciplinato dalla legge 8 giugno 1990, n. 142; è, tuttavia, da escludere che, anche in base a tale testo, le attribuzioni in esame potessero ritenersi di competenza della dirigenza o delegabili.

    L'art. 38, infatti, di cui l'art. 54, D.L.vo 267/2000 è la quasi testuale ripetizione, disciplinava nello stesso modo le «attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale» e l'art. 51, concernente l'organizzazione degli uffici e del personale, pur non escludendo esplicitamente tra le attribuzioni della dirigenza quelle previste dall'art. 38, precisava (comma 3) che «spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione di atti che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, che la legge o lo statuto espressamente non riservino agli organi di governo dell'ente».

    Sicché, poiché come si è visto, il sindaco non può e non poteva delegare neanche agli organi politici del comune le attribuzioni di cui al comma 2, riservate in via esclusiva soltanto a lui o «a chi lo sostituisce», deve escludersi che, anche secondo la abrogata normativa, fosse possibile l'adozione da parte della dirigenza del comune di provvedimenti contingibili ed urgenti in sostituzione e su delega del sindaco.

    Pertanto, con riferimento al caso di specie, indipendentemente dalla esistenza o meno di una delega di carattere generale o speciale, deve affermarsi che l'ordinanza contingibile ed urgente emessa dal dirigente del settore lavori pubblici del Comune di Catanzaro è illegittima per incompetenza funzionale.

    Pertanto, per effetto della disapplicazione dell'ordinanza in questione ai sensi degli artt. 4 e 5, legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, deve dichiararsi che il reato contestato al Rizzo non sussiste, con il conseguente annullamento senza rinvio della sentenza impugnata. (Omissis).

    @CORTE DI CASSAZIONE Sez. I, 7 febbraio 2003, n. 6274 (c.c. 23 gennaio 2003). Pres. Fazzioli -Est. Santacroce - P.M. Delciago (diff.) - Ric. P.M. in proc. Chianese.

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