Sentenza nº 350 da Constitutional Court (Italy), 24 Ottobre 2008

RelatoreUgo De Siervo
Data di Resoluzione24 Ottobre 2008
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 350

ANNO 2008

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giovanni Maria FLICK Presidente

- Francesco AMIRANTE Giudice

- Ugo DE SIERVO “

- Paolo MADDALENA “

- Alfio FINOCCHIARO “

- Alfonso QUARANTA “

- Luigi MAZZELLA “

- Gaetano SILVESTRI “

- Sabino CASSESE “

- Maria Rita SAULLE “

- Giuseppe TESAURO “

- Paolo Maria NAPOLITANO “

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 1; 3; 4; 8, comma 1, lettere e), f), h) ed i) e comma 2; 9, comma 1, lettera c), e comma 2; e 12 della legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6 (Norme per l’insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa), promossi con ordinanze del 20 settembre 2007 (numero 2 ordinanze), del 29 ottobre 2007, del 26 novembre 2007 (numero 3 ordinanze), del 10 dicembre 2007 (numero 2 ordinanze), del 27 dicembre 2007 e del 22 gennaio 2008, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, Sezione IV di Milano, iscritte ai numeri 2, 15, 65, 66, 67, 100, 101, 102, 103 e 127 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 7, 8, 13, 16,e 19, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento della Regione Lombardia;

udito nella camera di consiglio del 24 settembre 2008 il Giudice relatore Ugo De Siervo.

Ritenuto in fatto

1. – Con dieci distinte ordinanze (r.o. nn. 2, 15, 65, 66, 67, 100, 101, 102, 103 e 127 del 2008), adottate nel corso di altrettanti giudizi, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia, Sezione IV di Milano, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 1; 4; 8, commi 1, lettere e), f), h) ed i), e 2; 9, commi 1, lettera c), e 2; e 12 della legge della Regione Lombardia 3 marzo 2006, n. 6 (Norme per l’insediamento e la gestione di centri di telefonia in sede fissa), in riferimento agli articoli 3, 15, 41 e 117 della Costituzione.

  1. – Il rimettente riferisce che i ricorrenti sono titolari di centri di telefonia già attivi alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 6 del 2006 e che nei loro confronti è stata disposta, con ordinanze delle rispettive amministrazioni comunali, la cessazione dell’attività «per mancata conformazione ai nuovi requisiti (in prevalenza igienico-sanitari e di sicurezza dei locali) disposti dalla predetta legge regionale». Ciò in applicazione delle seguenti censurate disposizioni della legge regionale n. 6 del 2006: l’art. 1, «nella parte in cui riporta la materia oggetto di trattazione alla legislazione residuale regionale sul commercio»; l’art. 4, «che introduce un sistema generalizzato di autorizzazione comunale per l’esercizio dell’attività»; l’art. 8, «nella parte (comma 1, lettere e, f, h ed i, e comma 2) in cui introduce – con immediata modifica dei regolamenti comunali vigenti – numerosi nuovi requisiti igienico-sanitari e di sicurezza dei locali; gli artt. 9, primo comma, lettera c) e secondo comma, e 12, che prevedono che i centri di telefonia già funzionanti si debbano adeguare alle nuove prescrizioni entro un anno, andando altrimenti incontro alla revoca dell’autorizzazione.

  2. – In punto di rilevanza, il rimettente riferisce che i provvedimenti impugnati hanno intimato ai ricorrenti «la cessazione immediata dell’attività per mancato tempestivo adeguamento ai nuovi requisiti di cui sopra» e che la legge regionale non ha lasciato o consentito «alcuna mediazione discrezionale in capo alla procedente autorità amministrativa la quale … ha dovuto emettere il provvedimento (in tutto vincolato nel contenuto) di cessazione immediata dell’attività alla scadenza del perentorio termine annuale fissato». Il rimettente riferisce altresì di aver adottato un’ordinanza cautelare di sospensione del provvedimento di cessazione dell’attività di centri di telefonia con efficacia limitata al periodo di tempo necessario a che la Corte costituzionale si pronunci.

  3. –Il TAR rimettente individua le disposizioni costituzionali di cui si sospetta la violazione nell’art. 117, «in relazione ai vincoli dell’ordinamento comunitario ed al sistema di riparto delle competenze legislative Stato-Regione»; negli artt. 3 e 41, «in relazione, in particolare, ai rilevanti ostacoli che le restrittive prescrizioni in materia igienico-sanitaria introdotte dalla legge regionale di che trattasi, da applicare anche retroattivamente alle preesistenti gestioni di centri di telefonia, determinano sulla libertà di iniziativa economica di questi ultimi»; nell’art. 15 sulla libertà di comunicazione.

    4.1. – L’asserita violazione dell’art. 117 della Costituzione sarebbe, innanzitutto, suffragata dall’errato inquadramento materiale delle disposizioni censurate. L’art. 1, infatti, riconduce la relativa normativa al commercio. Diversamente, il giudice a quo esclude che la erogazione di servizi di telefonia in sede fissa, in locali aperti al pubblico, rientri nelle previsioni legislative relative all’attività commerciale. Ciò sarebbe confermato dal divieto, contenuto nella legge censurata, di affiancare – come in passato – attività commerciali “di supporto”, salvo la sola vendita di schede telefoniche e l’installazione di distributori automatici di bevande ed alimenti.

    Per il Tribunale rimettente, invece, l’attività presa in considerazione dalla legge regionale sarebbe riconducibile alla materia di competenza concorrente dell’ordinamento delle comunicazioni e, più specificamente, al «servizio di comunicazione elettronica» di cui all’art. 2, paragrafo 1, lettera c) della direttiva 7 marzo 2002, n. 2002/21/CE, recepito dal decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 (Codice delle comunicazioni elettroniche).

    4.2. – Il diverso inquadramento materiale determinerebbe una serie di limiti e vincoli sul legislatore regionale.

    Innanzitutto, la rilevata matrice europea di tale normativa comporta l’applicabilità, ex art. 117, primo comma, della Costituzione, del principio di proporzionalità. In secondo luogo, trattandosi di materia concorrente, il legislatore regionale non può disattendere i limiti della legislazione statale di principio. Infine, occorrerebbe anche considerare alcuni «profili trasversali di legislazione esclusiva statale» ex art. 117, secondo comma, della Costituzione, con specifico riguardo alla tutela della concorrenza (lettera e) nonché alla salvaguardia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lettera m).

    Il rimettente ricorda che l’art. 3, comma 1, del surrichiamato codice delle comunicazioni garantisce i «diritti inderogabili di libertà delle persone nell’uso dei mezzi di comunicazione elettronica», con espresso riferimento al regime di libera concorrenza. Inoltre, i principi di derivazione comunitaria e costituzionale risultano espressamente ribaditi dall’art. 4 del medesimo codice, il quale prevede al comma 1 che la disciplina delle reti e dei servizi sia volta a salvaguardare i diritti costituzionalmente garantiti di «libertà di comunicazione», nonché di «libertà di iniziativa economica e suo esercizio in regime di concorrenza, garantendo un accesso al mercato delle reti e servizi di comunicazione elettronica secondo criteri di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità».

    Al tempo stesso, il comma 3 dello stesso art. 4 dispone che la suddetta disciplina è diretta anche a «promuovere la semplificazione dei procedimenti amministrativi e la partecipazione ad essi dei soggetti interessati, attraverso l’adozione di procedure tempestive, non discriminatorie e trasparenti nei confronti delle imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica».

    4.3. – Per il rimettente, il legislatore lombardo – regolando l’intero settore dei centri di telefonia in sede fissa – ha introdotto «un regime autorizzativo ulteriore e duplicativo rispetto al sistema delineato in sede comunitaria e recepito con il decreto legislativo n. 259/2003».

    Ciò mentre il comma 2 dell’art. 3 del codice configura la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica come di preminente interesse generale e libera, salve solo «le limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell’ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione». Lo stesso codice prevede che l’espletamento di tali servizi venga subordinato ad una sola «autorizzazione generale», in armonia con la normativa europea. In particolare, tale autorizzazione consegue alla presentazione di una dichiarazione dell’interessato (a seguito della quale è possibile iniziare l’attività) contenente l’intenzione di procedere alla fornitura (art. 25, comma 3), mentre il potere del Ministero competente di vietare il prosieguo dell’attività medesima può essere esercitato «entro e non oltre» sessanta giorni secondo il modulo procedimentale della dichiarazione di inizio attività ex...

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