Sentenza nº 213 da Constitutional Court (Italy), 19 Giugno 1998

RelatoreGustavo Zagrebelsky
Data di Resoluzione19 Giugno 1998
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.213

ANNO 1998

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Guido NEPPI MODONA "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

- Prof. Annibale MARINI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, 13, 15 e 24 del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), promossi con n. 3 ordinanze emesse il 29 novembre 1996 (n. 2 ordd.) e il 20 febbraio 1997 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale militare di Verona, rispettivamente iscritte ai nn. 8, 9 e 247 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 5 e 20, prima serie speciale, dell’anno 1997.

Visto l’atto di costituzione di Alexander Peintner nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 10 febbraio 1998 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi l’Avvocato Fernando Giacomini per Alexander Peintner e l’Avvocato dello Stato Paolo Di Tarsia di Belmonte per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.1. — Nel corso di un processo penale a carico di un militare, in sede di fissazione dell’udienza preliminare, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale militare di Verona rilevava che l’imputato, nell’interrogatorio reso durante le indagini preliminari, aveva dichiarato di appartenere al gruppo linguistico tedesco della provincia di Bolzano e di non conoscere la lingua italiana; che, inoltre, la difesa del medesimo imputato aveva depositato una memoria con la quale, documentata l’appartenenza del proprio assistito al gruppo linguistico tedesco, aveva chiesto l’uso della madrelingua dell’imputato nel processo in corso, sottolineando altresì che la disciplina del processo penale militare, in quanto preclusiva della facoltà richiesta, risulterebbe in contrasto con il diritto di difesa. Muovendo da tali rilievi, il giudice solleva, con ordinanza del 29 novembre 1996 (R.O. 8/1997), questione di costituzionalità degli artt. 1, 13, 15 e 24 del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari), nella parte in cui tali norme non riconoscono la facoltà di usare la madrelingua tedesca all’imputato appartenente alla corrispondente minoranza chiamato a rispondere di un reato dinanzi agli organi giurisdizionali militari, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, 6, 10, primo comma - in relazione all’art. 6, terzo comma, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali -, 24 e 116 della Costituzione e all’art. 100 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

Il giudice rimettente osserva che la rilevanza della questione sollevata risiede nell’esigenza di assicurare l’effettività della garanzia difensiva all’imputato, attraverso la partecipazione allo svolgimento processuale nonchè attraverso la comprensione dell’accusa e degli atti fondamentali del giudizio, con l’uso della lingua madre.

Questa garanzia non sarebbe accordata dalla disciplina che concerne la traduzione degli atti processuali nella lingua dell’imputato a mezzo di interprete (artt. 143 e seguenti cod. proc. pen.), poichè detta disciplina non risulterebbe comunque applicabile nel giudizio, in ragione della specialità della normativa di tutela accordata al cittadino italiano appartenente a una minoranza linguistica riconosciuta (art. 6 della Costituzione e art. 109 cod. proc. pen.).

1.2. — La prospettazione della questione é preceduta da una ricognizione del quadro normativo di riferimento.

Il rimettente ricorda che il codice penale militare di pace (R. D. 20 febbraio 1941, n. 303) disciplina il corrispondente processo penale militare facendo rinvio alla normativa del processo penale ordinario (art. 261 cod. pen. mil. pace).

Il codice di procedura penale vigente, d’altra parte, nel regolare la lingua degli atti, si basa sul principio di territorialità, che viene specificato dall’art. 109, in attuazione delle norme costituzionali di tutela delle minoranze linguistiche, con prescrizioni che, ad avviso del giudice a quo, "appaiono direttamente riconducibili alla più ampia e generale normativa di cui al d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574", recante le norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige in materia di uso della lingua tedesca e ladina nei procedimenti giudiziari. La normativa attuativa, a sua volta, trova fondamento nell’art. 6 della Costituzione e nello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), il cui art. 100 prevede che i cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano hanno facoltà di usare la loro lingua nei rapporti con gli uffici giudiziari situati nella medesima provincia o aventi competenza regionale.

Ma le norme di attuazione in vigore (d.P.R. n. 574 del 1988 citato) non risultano, secondo il rimettente, del tutto rispettose delle prescrizioni di rango costituzionale, in quanto non sono applicabili anche ai "rapporti dei cittadini altoatesini di lingua tedesca con la giustizia militare".

Le disposizioni del citato d.P.R. n. 574 del 1988, infatti, prevedono e regolano la parificazione tra lingua italiana e lingua tedesca nei rapporti dei cittadini con gli uffici giudiziari e con gli organi giurisdizionali ordinari, amministrativi e tributari a) situati nella provincia di Bolzano, ovvero b) con sede in provincia di Trento ma con competenza anche in provincia di Bolzano (art. 1, comma 1, lettere b) e c) del d.P.R. n. 574). Questi uffici e organi della giurisdizione devono servirsi della lingua usata dal richiedente nei rapporti con i cittadini della provincia di Bolzano e negli atti correlativi (art. 13). Per quanto concerne il processo penale in generale, la lingua presunta dell’indagato o imputato, di cui l’autorità giudiziaria deve fare uso, é quella individuata in base alla notoria appartenenza a un gruppo linguistico nonchè, eventualmente, in base ad altri elementi acquisiti al processo (art. 15, comma 1). Infine, l’art. 24 del d.P.R. n. 574 stabilisce che nei procedimenti dinanzi agli organi giurisdizionali ordinari, amministrativi e tributari non inclusi nell’elencazione dell’art. 1, i cittadini di madrelingua tedesca residenti nella provincia di Bolzano hanno facoltà di rendere le loro dichiarazioni o deposizioni in lingua tedesca.

Per quanto precede, risulta dunque - prosegue il rimettente - che le ricordate norme di attuazione escludono dal proprio ambito di applicazione i rapporti tra i cittadini altoatesini di lingua tedesca e gli organi della giurisdizione militare. Tale mancata ricomprensione del processo penale militare nella disciplina attuativa, insuperabile in via interpretativa, appare al giudice a quo lesiva dei parametri costituzionali invocati.

1.3. — Svolgendo un primo profilo della questione, il giudice ricorda l’equiparazione tra la giurisdizione penale militare e quella ordinaria, sia sul piano ordinamentale e della composizione degli organi (legge 7 maggio 1981, n. 180), sia sul piano propriamente processuale, dato il rinvio dell’una all’altra (art. 261 cod. pen. mil. pace).

In questo quadro, connotato dal tendenziale principio di unità della giurisdizione, e dalla odierna parificazione dello stato giuridico dei giudici militari e dei giudici ordinari (legge n. 180 del 1981 citata), la specialità del giudizio militare é da ritenersi limitata alle sole norme sostanziali da applicare nelle rispettive sedi.

La lacuna nella tutela degli indagati o imputati altoatesini di lingua tedesca in ordine al processo penale militare costituirebbe, per questo primo profilo, una irragionevole esclusione della giurisdizione militare da una disciplina altrimente unitaria, con lesione del principio di uguaglianza sostanziale (art. 3, secondo comma, della Costituzione).

Per un ulteriore aspetto, la disciplina descritta determinerebbe una differenziazione di trattamento, tra imputati chiamati dinanzi alla giurisdizione ordinaria e imputati chiamati dinanzi...

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