Ordinanza nº 165 da Constitutional Court (Italy), 07 Luglio 2016

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione07 Luglio 2016
EmittenteConstitutional Court (Italy)

ORDINANZA N. 165

ANNO 2016

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Paolo GROSSI Presidente

- Alessandro CRISCUOLO Giudice

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicol򠠠 ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Giulio PROSPERETTI ”

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 9, 21, comma 1, numeri 1) e 3), e 22, commi 2 e 3, della legge 24 gennaio 1979, n. 18 (Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia), come modificati dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10 (Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia), promossi dal Tribunale ordinario di Cagliari, con ordinanza del 12 maggio 2014, iscritta al n. 173 del registro ordinanze 2014, e dal Tribunale ordinario di Trieste, seconda sezione civile, con ordinanza del 12 agosto 2014, iscritta al n. 31 del registro ordinanze 2015, e rispettivamente pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2014 e n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visti gli atti di costituzione di C.F. ed altri, di C.M. ed altri, di S.F. ed altri nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 14 giugno 2016 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

uditi gli avvocati Felice Carlo Besostri per C.F. ed altri, C.M. ed altri, Felice Carlo Besostri e Enrico Bulfone per S.F. ed altri, e l’avvocato della Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che il Tribunale ordinario di Cagliari, con ordinanza del 12 maggio 2014, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 9, 21, comma 1, numeri 1) e 3), e 22, commi 2 e 3, della legge 24 gennaio 1979, n. 18 (Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia), nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10 (Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia), in riferimento agli artt. 3, 48, secondo comma, e 51, primo comma, della Costituzione;

che il giudice rimettente premette che, nell’ambito di un giudizio promosso con ricorso ai sensi dell’art. 702-bis del codice di procedura civile, alcuni cittadini iscritti nelle liste elettorali di Comuni appartenenti alla circoscrizione europea V insulare della Sardegna e della Sicilia per le elezioni dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, hanno convenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro dell’interno, affinché sia accertato il loro diritto all’esercizio del voto libero, eguale, personale e diretto nelle consultazioni elettorali;

che i ricorrenti hanno assunto che tale diritto non potrebbe essere esercitato nelle forme e nei limiti previsti e garantiti dal combinato disposto degli artt. 1, 2, 3, 48, 49, 51, 56, 58 e 117, primo comma, Cost.; dell’art. 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla Convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952); degli artt. 20, 22, 223 e 224 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea; degli artt. 2, 6, 9, 10 e 14 del Trattato dell’Unione europea; del preambolo, secondo capoverso, e degli artt. 10, 12, 20, 21 e 39 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; della decisione 25 giugno 2002 e 23 settembre 2002, n. 2002/772/CE/Euratom del Consiglio dell’Unione europea, che ha modificato l’atto relativo all’elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 20 settembre 1976, n. 76/787/CECA/CEE/Euratom del Consiglio; infine, della sentenza della Corte di giustizia 23 aprile 1986 (Parti écologiste «Les Verts» contro Parlamento europeo, in causa-294/83);

che, in relazione a tutti i parametri ricordati, i ricorrenti hanno dedotto plurime eccezioni di illegittimità costituzionale e di non conformità al diritto dell’Unione europea di varie disposizioni contenute nella legge n. 18 del 1979, come modificata dalla legge n. 10 del 2009;

che il rimettente, dopo aver illustrato le ragioni per le quali non ha accolto larga parte delle doglianze prospettate dalle parti, solleva questioni di legittimità costituzionale degli artt. 12, comma 9, 21, comma 1, numeri 1) e 3), e 22, commi 2 e 3, della legge n. 18 del 1979, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla legge n. 10 del 2009, i quali consentono solo alle liste di candidati eventualmente presentate da partiti o gruppi politici espressi dalle minoranze di lingua francese della Valle d’Aosta, di lingua tedesca della Provincia autonoma di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia, di sottrarsi al limite della soglia di sbarramento del quattro per cento, se coalizzate con altra lista della stessa circoscrizione presente in tutte le circoscrizioni;

che egli ritiene che tali disposizioni sarebbero lesive degli artt. 3, 48, secondo comma, e 51, primo comma, Cost., in quanto discriminerebbero, favorendole, le liste espresse dalle tre ricordate minoranze linguistiche rispetto alle liste eventualmente presentate da altre minoranze linguistiche riconosciute e tutelate da una legge dello Stato o da convenzioni internazionali ratificate dall’Italia;

che, quanto alla rilevanza delle questioni così prospettate, il rimettente – nel rigettare un’eccezione dell’Avvocatura generale dello Stato – richiama «l’autorevole precedente rappresentato dalle pronunzie della Corte di cassazione di cui alla ordinanza interlocutoria n. 12060/2013 del 21.3.2013 e dalla sentenza n. 8878/2014 del 4 aprile 2014» e afferma che le questioni prospettate sarebbero rilevanti «al fine dell’accoglimento dell’azione di accertamento-costitutiva proposta dai ricorrenti»;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo premette che l’art. 6 Cost. tutela le minoranze linguistiche; che l’art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche) prevede che «[i]n attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l’occitano e il sardo»; e che la «normativa comunitaria» riconosce, accanto alla tutela delle lingue regionali o minoritarie di cui alla Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992, «la protezione delle minoranze nazionali e dei diritti e delle libertà delle persone appartenenti a queste minoranze» e garantisce «ad ogni persona appartenente ad una minoranza nazionale il diritto all’eguaglianza di fronte alla legge e ad una eguale protezione dalla legge» attraverso l’adozione di «misure adeguate in vista di promuovere, in tutti i settori della vita economica, sociale, politica e culturale una eguaglianza piena ed effettiva tra le persone appartenenti ad una minoranza nazionale e quelle appartenenti alla maggioranza» (sono richiamati gli artt. 1 e 2 della Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali, fatta a Strasburgo il 1° febbraio 1995, ratificata e resa esecutiva dall’Italia con legge 28 agosto 1997, n. 302);

che egli ricorda, inoltre, che gli Stati europei hanno predisposto vari strumenti per garantire la rappresentanza politica delle minoranze etniche e linguistiche in materia elettorale e, in particolare, per limitare gli effetti conseguenti alla previsione di soglie di sbarramento: o introducendo deroghe a tali soglie proprio per le liste espresse da minoranze etniche o linguistiche (come previsto dall’art. 87, primo comma, numero 3, del d.P.R. 20 marzo 1957, n. 361, recante «Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati»), ovvero consentendo loro il collegamento con altre liste;

che tale ultima soluzione, adottata con le disposizioni censurate dal rimettente, non contrasterebbe con il principio di eguaglianza, poiché non mirerebbe a garantire una rappresentanza alle minoranze in quanto tali, ma sarebbe diretta a creare un’effettiva eguaglianza nel procedimento elettorale sia tra tali minoranze e il resto della popolazione, sia tra le diverse minoranze (sul punto richiamando i punti 22 e 23 del Codice di buona condotta in materia elettorale, adottato dalla Commissione di Venezia nel corso della 52a sessione – Venezia, 18-19 ottobre 2002);

che la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 159 del 2009, avrebbe affermato che la tutela delle minoranze linguistiche costituisce un principio fondamentale dell’ordinamento costituzionale;

che, in tale contesto, le disposizioni censurate si porrebbero in contrasto con il principio di eguaglianza, con le garanzie riconosciute dall’art. 48 Cost. al diritto di voto e dall’art. 51 Cost. per l’accesso in condizioni di eguaglianza alle cariche elettive, poiché la previsione di «correttivi» a tutela delle minoranze linguistiche ed etniche non sarebbe rivolta in eguale misura e con identica efficacia...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT