Il regime classico della responsabilità nell'actio tutelae

AutoreAnna Paola Schilardi
Pagine115-153
CAPITOLO QUARTO
IL REGIME CLASSICO DELLA
RESPONSABILITÀ NELLACTIO TUTELAE
S: 1. D.50.17.23: un testo guida 2. La misura di responsabilità del tutore: la
tesi del solo dolo. 3. Leccezionalità dei riferimenti al dolus e culpa lata. 4. Le prime
testimonianze della responsabilità per dolus e culpa del tutor impuberum. 5. Il ri-
ferimento alla sola culpa nella giurisprudenza tardo classica. 6. Il valore della culpa
nella responsabilità del tutor impuberum. 7. I richiami alla diligentia quam suis.
1. D.50.17.23: un testo guida
I criteri di imputazione della responsabilità variano a seconda dei tipi di
obbligazione individuati tanto sulla base di aspetti che attengono al contenuto
della prestazione (dare, facere, non facere), quanto in ordine al regime dell’a-
zione spettante al creditore (iudicia stricti iuris, iudicia bonae dei). Tuttavia le
categorie concettuali del dolus e della culpa hanno una applicazione che attra-
versa orizzontalmente i vari tipi di obbligazione (venendo del resto impiegati
anche a proposito dell’imputabilità degli atti illeciti). Ciònonostante la ries-
sione dei giuristi parte, però, dai singoli tipi di obbligazione ed è fortemente
condizionata da questa impostazione topica.
Con riferimento alla materia tutelare si dovrà far riferimento – rivestendo
l’actio tutelae sin dall’inizio i caratteri del iudicium bonae dei – all’articola-
zione che, in ordine ai diversi criteri di imputazione dell’inadempimento, si
riscontra nei rapporti obbligatori tutelati da iudicia bonae dei, derivanti sia
da contratti che da atti leciti non contrattuali.
Per questi rapporti le fonti segnalano loperatività di tre diversi criteri: il
dolo, la colpa (cui sono correlate le categorie della diligentia e della neglegen-
tia), e la custodia258.
258 I primi due sono criteri soggettivi – in forza dei quali il debitore risponde in base all’atteg-
giamento psicologico tenuto rispetto all’evento dannoso, sia che gli si rimproveri di aver voluto
l’evento, dolo, sia che gli si imputi di averlo prodotto per negligenza, imprudenza, imperizia,
116 Studi sulla tutela impuberum
Negli anni dell’interpolazionismo è stata lungamente prevalente l’opinione
che i giuristi classici non avrebbero impiegato il criterio della culpa – quale
mancata adibizione della diligenza – né nella responsabilità aquiliana, dove il
termine culpa avrebbe solo designato il nesso di causalità materiale, né nella
responsabilità contrattuale, ove l’imputabilità al debitore si sarebbe determina-
ta, nei rapporti tutelati da iudicia bonae dei, in base ai criteri del dolus e della
custodia.
Questa opinione, che rendeva necessaria una serie molto ampia di inter-
polazioni oggettivamente ingiusticate, si fondava principalmente su un argo-
mento di carattere generale, del quale non è dicile cogliere l’intima contrad-
dizione.
Si sosteneva infatti che, in virtù dell’oportere ex de bona, il debitore po-
tesse rispondere soltanto per dolus, atteggiamento naturalmente contrario alla
des bona stessa. Ma se questo assunto fosse stato esatto sarebbe stato escluso
qualsiasi criterio di imputazione diverso dal dolo: non solo la culpa, ma anche
la custodia.
Ed invece, che nei iudicia bonae dei si fosse tenuti per custodia, era paci-
camente ammesso anche da quella dottrina che negava, per essi, la rilevanza
della culpa.259
Dolus, culpa, custodia ssano in modo diverso i limiti della responsabilità
del debitore: si pone dunque il problema di quali criteri applicare nei singoli
rapporti.
In un passo di Ulpiano si trova una specica trattazione riguardante i rap-
porti obbligatori tutelati da iudicia bonae dei:
24 ad S ab. D.50.17.23: Contractus quidam dolum malum dumta xat recipiunt,
quidam et dolum et culpam. dolum tantum: depositum et precarium. dolum et
culpam mandatum, commodatum, venditum, pignori acceptum, locatum, item
dotis datio, tutelae, negotia gesta: in his quidem et diligentia. Societas et rerum
communio et dolum et culpam recipit. sed haec ita nisi si quid nominatim conve-
nit (vel plus vel minus) in singulis contractibus: nam hoc servabitur, quod initio
convenit (legem enim contractus dedit), excepto eo, quod Celsus putat non valere,
si convenerit, ne dolus praestetur: hoc enim bonae dei iudicium contrarium est:
et ita utimur. animalium vero casus mortesque quae sine culpa accidunt, fugae
servorum qui custodiri non solent, rapinae, tumultus, incendio, aquarum ma-
gnitudines, impetus praedonum a nullo praestantur.
Il passo, molto rimaneggiato, pone grosse dicoltà nella ricostruzione del
pensiero del giurista classico, anche perché sopprime – in ossequio alle ten-
colpa – il terzo oggettivo, per cui, indipendentemente da ogni valutazione dell’atteggiamento
psicologico, il debitore risponde per il solo fatto che la prestazione non sia stasta adempiuta.
259 Esamineremo in seguito se sia possibile configurare anche nella materia tutelare, in epoca
classica, la responsabilità per custodia del tutore. Bisogna distinguere, sempre con riferimento ai
rapporti tutelati dai giudizi di buona fede, i casi in cui la responsabilità sorge per mancato adem-
pimento di una prestazione ancora possibile, ove – dice Talamanca – non si pone il problema
della qualificazione del comportamento del debitore, sia che risponda per dolo, che per colpa,
che per custodia. In tale caso non vi è alcun problema ad ammettere la responsabilità. La que-
stione riguarda invece i casi di mancato adempimento per impossibilità sopravvenuta della pre-
stazione, imputabnile al debitore.
Capitolo quarto – Il regime classico della responsabilità nell’actio tutelae 117
denze prevalse nel periodo postclassico – il ricordo della custodia ed introdu-
ce, nella responsabilità per colpa, la problematica della diligentia quam suis.
Tuttavia, anche se non esplicitato, le soluzioni avanzate nel testo di Ulpiano si
ispirano, sostanzialmente, al criterio dellutilitas contrahentium che, al di là dei
rigidi schematismi, è stato sicuramente adoperato dalla giurisprudenza classi-
ca, benchè la sua utilizzazione si accentui nel tardo-antico.
In base a tale criterio la parte che non ricava alcun vantaggio patrimoniale
dall’esecuzione del contratto viene trattata con minor rigore di quella che, inve-
ce, ne trae un protto: nel primo caso si risponde, in linea di massima, solo per
dolo, nel secondo anche per colpa. Il depositario, ad esempio, risponde solo
per dolo, poiché il contratto è nellesclusivo interesse del depositante, mentre il
venditore ed il compratore erano reciprocamente tenuti anche per colpa.
Non si doveva, tuttavia, trattare di criteri assolutamente vincolanti che im-
pedivano la considerazione anche di proli concorrenti se, nella negotiorum
gestio – ove dalla gestione ricava vantaggio soltanto il gerito – o nella tutela,
in cui l’attività è svolta nell’esclusivo interesse del pupillo, il gestor, così come il
tutore, rispondono, secondo la testimonianza ulpianea, anche per culpa.
Il criterio dell’utilitas contrahentium non appare, infatti, un principio ge-
nerale di cui si verichi un’applicazione automatica, senza tener conto delle
eettive esigenze che un dato negozio deve adempiere, ed al quale può corri-
spondere un trattamento regolato da criteri che meglio corrispondono a quelle
esigenze sociali.260
Con ogni probabilità, in questo caso, a giusticare l’aggravamento della
misura di responsabilità sino al limite della colpa, vi era la circostanza della
volontaria intromissione del gestore, in assenza di alcun incarico, negli aari
altrui, e, soprattutto, nella materia tutelare, la considerazione della nuova fun-
zione protettiva, di munus publicum, dell’istituto tutelare. Se ne ricava, dunque,
che nella discussione casistica i prudentes adattano alle particolarità delle varie
gure contrattuali, se non della singola fattispecie, i referenti in base ai quali
individuare l’insorgere della culpa, senza procedere alle classicazioni che si
riscontrano nella compilazione giustinianea sia riguardo alla culpa stessa che
alla diligentia.
Come si presentava la situazione nella materia tutelare?
2. La misura di responsabilità del tutore: la tesi del solo dolo
I termini attraverso cui sarà esaminata, nel corso della nostra indagine, la
riessione giurisprudenziale in tema di responsabilità tutoria, sono costituiti
esclusivamente dall’utilizzo dei criteri tecnici del dolus e della culpa; non si
ritiene, infatti, condivisibile il punto di vista di chi suole inquadrare tale pro-
blematica nei termini della bona des o des, o del periculum, pur nella consa-
260 Si pensi anche al testo di Modestino, Coll.10.2.3, in cui il giurista, dopo aver esposto la
massima dell’utilitas, riconosce che non la si deve generalizzare. Cfr. sul testo §5.

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT