Natura e origine dell'actio tutelae

AutoreAnna Paola Schilardi
Pagine15-38
CAPITOLO PRIMO
NATURA E ORIGINE
DELLACTIO TUTELAE
S: 1. L’ actio tutelae ridisegna il tema dei rapporti tra tutor impuberum e pu-
pillo. 2. La natura dell’actio tutelae. 3. Ipotesi ricostruttive sul iudicium tutelae. 4.
L’azione di tutela: l’origine
1. Lactio tutelae ridisegna il tema dei rapporti tra tutor impuberum
e pupillo
La parte dell’istituto tutelare in cui più vivo emerge l’intervento progressivo
della legge in favore del pupillo, conformemente alla nuova funzione protetti-
va che la tutela, nel suo acquisito ruolo di munus civile, viene ad assumere, in
modo direi quasi esclusivo, a partire dalla tarda età repubblicana, è certamente
il tema dei rapporti tra tutore e pupillo, e la responsabilità che ne deriva in capo
al tutore.
Se infatti i due rimedi processuali, posti dall’antico diritto a fondamento
della disciplina dei rapporti tra tutor e impubes, riettono il concetto arcaico
della tutela come potestas, il regime giuridico della più recente actio tutelae è,
diversamente, specchio fedele della mutata congurazione dell’istituto tute-
lare. Originariamente nessun obbligo di gestione informava la disciplina dei
rapporti tra tutore e pupillo, rivolta come era a sanzionare solo abusi dolosi
commessi a danno del patrimonio pupillare. Alcun dovere, infatti, aveva il tu-
tore in ordine all’amministrazione degli aari dell’impubere, pur conservando
lo stesso il titolo di tutor. Pertanto, in omaggio all’antica distinzione tra titola-
rità dell’ucio e amministrazione della tutela, il tutore non incorreva in alcuna
responsabilità laddove non avesse gerito, ed anche quando avesse male gerito
non vi erano contro di lui che mezzi di carattere eccezionali, utili a sanzionare
solo la dolosa malversazione o le sottrazioni dannose per il pupillo.
Il tutore legittimo infatti rispondeva, con lactio rationibus distrahendis, solo
delle “distrazioni” eettuate in pregiudizio al pupillo (anche se poi attraverso
l’introduzione della cautio rem pupilli salvam fore si giunge ad ampliare la sua
16 Studi sulla tutela impuberum
tutela in misura analoga a quella assicurata attraverso l’esercizio del iudicium
tutelae). Tale azione aveva l’inconveniente di non essere proponibile contro
gli eredi, e soprattutto quello di non essere applicabile che alle appropriazioni,
aveva, cioè, il limite di non sanzionare i diritti che il pupillo avrebbe potuto
vantare a causa di altri fatti per i quali il tutore si fosse arricchito a sue spese, o
per i danni causati dalla sua incapacità.11
Contro il tutore testamentario, sempre in base al disposto decemvirale, soc-
correva invece il rimedio dell’accusatio suspecti tutoris, azione tesa alla rimo-
zione del tutore infedele, con conseguente infamia a carico dello stesso12. La
portata di questi mezzi processuali, entrambi diretti a reprimere abusi dolosi13,
era dunque assai limitata. Il che, se appariva conforme all’indole spiccatamente
potestativa della tutela arcaica, non consentiva tuttavia di far fronte a quelle
situazioni, certo più frequenti nella pratica, in cui la cattiva gestione dell’ucio
fosse dovuta a semplice negligenza o inettitudine del tutore, ancorchè grave-
mente lesive degli interessi del sottoposto. Di qui allora l’esigenza di apprestare
nuovi rimedi, più strettamente connessi ad una attività gestoria del patrimo-
nio pupillare – divenuta oramai obbligatoria per il tutor impuberum – utili ad
orire al pupillo una più ampia ed ecace protezione dai pregiudizi derivanti
11 Prevista già dalla legge delle XII Tavole: FIRA, 1, 8.20a, 61. Cfr. anche Tryph. D.26.7.55.1;
Ulp. D.27.3.1.19-24. Si veda a tale proposito S. S, Tra l’ “actio rationibus distrahendis e l’
“actio tutelae”, in RIL 53, 1920, pp.121 ss. e Sull’actio rationibus distrahendis, in Scritti II, 1957;
contra P. V , Actio rationibus distrahendis, in Studi di Diritto Romano I, 1985. Cfr. anche sul
tema F.M.D R, “Tutor” e “actio furti”, in Labeo 1, 1955, pp. 259-279; E.L, Die Kon-
kurrenz der Aktionen und Personen im Klassischen römischen recht, II, 1964. P. V, Azioni pe-
nali ed azioni miste, in SDHI, 64, 1998, 16s., il quale se, da un lato, ritiene incerto il siginificato
letterale del termine distrahere (il significato che l’a. crede esatto è quello che si ricava da VIR
2.281, di distrahere come dispunge re: D.50.16.56pr. dispungere est conferre accepata et data;
D.40.7.6.7; D.42.5.15.1; Sen. de ben. 4.32.4…expensorum acceptorumque rationes dispunguntur),
dall’altro è sicuro che, quanto alla sotanza, l’actio rationibus affidasse al giudice il compito di
esaminare i conti della tutela per accertare le irregolarità eventualmente commesse dal tutore e
condannarlo di conseguenza. L’azione è detta di origine decemvirale (D.26.7.55.1, ma è da dubi-
tare che al tempo delle XII Tavole si tenessero libri di conti), ed era rivolta contro il tutore legit-
timo. In età classica spetta contro ogni tutore e si esperisce al termine della tutela (D.27.3.1.19.24.
L’a. non ritiene di dover tenere in conto la notizia fornita da D.27.3.9.7). È penale, in duplum,
intrasmissibile passivamente, perpetua (D.27.3.1.23). Punisce le sottrazioni in danno del pupil-
lo: furti e appropriazioni di altro genere (per es. il tutore tiene per sé il risultato della vendita di
uan cosa del pupillo). Sicchè il rapporto tra furto e malversazione è questo: il furto è anche
malversazione ed è perseguibile sia con l’actio furti che con l’actio rationibus, ma diversamente
non ogni malversazione è furto e resta punibile con l’actio rationibus. Il rapporto tra l’actio ra-
tionibus e l’actio tutelae è questo: la prima (secondo l’uso antico di utilizzare la pena in fattispecie
che in seguito non saranno considerate penali) persegue penalmente le inadempienze dolose
che consistano in sottrazioni. Lactio tutelae è un’azione generale di rendiconto che permette al
giudice di prendere in esame ogni atto del tutore, commissivo o omissivo, per dedurne se abbia
adempiuto il suo obbligo di prestare fides et diligentia.
12 Ulp. D.26.10.1.2; Ulp. 26.10.1.5-6. Sull’argomento cfr. tra gli altri S. S, Tutor suspec-
tus, in BIDR, 28, 1916, 131 ss; R. L, Le “crimen suspecti tutoris, Colin, Nancy, 1926.
13 È da notare, tuttavia, come la sfera d’applicazione dell’accusatio (o postulatio) tutoris si
venga progressivamente allargando in epoca classica, sino a ricomprendere anche illeciti di na-
tura soltanto colposa. Cfr. P. B, Corso di diritto romano, cit., 450ss., rist., 614ss. e A.
A, Le persone, cit., 499ss.

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