Introduzione
Autore | Anna Paola Schilardi |
Pagine | 9-13 |
INTRODUZIONE
Il lavoro è dedicato all’esame della disciplina giuridica classica della respon-
sabilità del tutore per gli atti di gestione patrimoniale, in particolare, all’analisi
dello strumento processuale attraverso il quale si giunge a una compiuta siste-
mazione dei rapporti tra tutore e pupillo: l’actio tutelae.
Un vero e proprio obbligo di gestione del patrimonio pupillare, cui con-
nettere la responsabilità del tutor per la diretta amministrazione, sorge solo
a partire dalla ne dell’età repubblicana e per tutto il principato, in seguito
all’introduzione del iudicium tutelae, ossia del rimedio processuale previsto
nell’editto del pretore nella forma del iudicium bonae dei verosimilmente già
nell’ultimo secolo della Repubblica. Tale azione era esperibile dal pupillo al
termine della tutela, anchè il tutore fosse condannato, per ogni violazione
del dovere di gerere tutelam correttamente e conformemente alla des e alla
diligentia, a tutto quanto il giudice ritenesse doversi prestare secondo la buona
fede (“quidquid dare facere oportet ex de bona”).
L’analisi del iudicium tutelae consente di arontare in modo soddisfacente
la problematica della responsabilità del tutor impuberum per l’amministrazio-
ne diretta del patrimonio pupillare. Interessanti spunti nelle fonti sono, infatti,
oerti dal regime giuridico di tale azione, richiamata nei testi in costante rela-
zione con l’administrare, il gerere tutelam, o meglio con i singoli atti attraverso
cui il tutore assolveva il suo principale compito di gestire il patrimonio pupil-
lare1.
La vera fonte di obbligazione dell’actio tutelae sarebbe da individuare per
la gran parte della letteratura nella amministrazione eettiva più che nella ge-
1 Per i cenni al gerere o administrare tutelam cfr. D. 26.7; D. 27.3. Accenni alla mancata bona
fides del tutore, come presupposto per l’ac tio tutelae, sono rinvenibili in Ulp. D. 26.7.5.7. L’actio
tutelae poteva esperirsi non solo per gestione dolosa – tipici il “vertere in usus suos pecunias
pupillares” e il male contrahere – ma anche per omissione di atti convenienti per il pupillo: ad es.
D. 26.7 pr. (mancata redazione dell’inventario); D. 26.7.7.1 (mancata vendita di cose deperibili);
D. 26.7.7.3; 12.4 e 13.1 (mancati acquisti e investimenti); D. 26.7.9.1 e 4-5 (mancato pagamento
dei debiti); D. 26.7.9.3 e 5 e D. 26.7.15 (mancata riscossione dei crediti), etc.
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