Osservazioni in tema di federalizing process (con particolare riguardo al caso italiano)

AutoreVittorio Teotonico
Pagine9-44
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VITTORIO TEOTONICO
OSSERVAZIONI IN TEMA DI FEDERALIZING PROCESS
(CON PARTICOLARE RIGUARDO AL CASO ITALIANO)
SOMMARIO: 1. La fisiologica evoluzione dei sistemi costituzionali pluralistici e
multilivello. - 2. Alla ricerca di un possibile ubi consistam del federalismo. -
3. Il lento, confuso e contraddittorio federalizing process italiano.
1. La fisiologica evoluzione dei sistemi costituzionali pluralistici
e multilivello
Il presente contributo non si prefigge di affrontare né, tantome-
no, di dare risposte certe e definitive a tutti i complessi problemi
riguardanti gli attuali processi di riallocazione e redistribuzione dei
poteri di governo tra livelli territoriali differenti. L’obiettivo, assai
più modesto, ma anche più realistico, è quello di fissare qualche
“paletto” di natura giuridica, di svolgere qualche rapido riferimento
di carattere costituzionale e storico-comparato utile a sgombrare il
campo da alcuni equivoci di fondo, luoghi comuni, pregiudizi ideo-
logici che risultano spesso falsare il dibattito (specie in ambito poli-
tico e giornalistico) sulla transizione in senso federale in cui sareb-
be, da tempo, coinvolto l’ordinamento italiano1.
1 Sembra opportuno svolgere un, sia pur rapidissimo, chiarimento sul signi-
ficato della parola “transizione”, sempre più ricorrente anche al di fuori della let-
teratura giuridica. Essa, nell’uso comune, dà l’idea di uno spostamento, in corso,
da un luogo ad un altro, ovvero di un passaggio, perlopiù non ancora completato,
da una situazione precedente ad una successiva. Non molto diversamente avvie-
ne nello specifico ambito giuridico, dove, tuttavia, al termine di solito non viene
data un’accezione, per così dire, statica (cioè non viene inteso come condizione
intermedia definita), bensì estremamente dinamica, in quanto con lo stesso si
rappresenta una trasformazione in atto, una condizione fluida ed incerta. Insomma,
finché c’è transizione i cambiamenti in cui questa si identifica sono necessaria-
mente provvisori, instabili, reversibili, non costituendo mai un nuovo equilibrio
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Giova, al fine, fare alcune precisazioni di carattere metodologi-
co, sottolineando innanzitutto che, su questo tema, come e, forse,
ancor più di altri, la riflessione giuridica non può prescindere
dall’osservazione dell’esperienza reale, alla luce della quale il dirit-
to scritto può assumere significati piuttosto diversificati, né, quindi,
l’interpretazione dei testi normativi può essere condotta in modo
astratto ed avulso dai particolari e sempre mutevoli contesti di rife-
rimento in cui essa, di volta in volta, viene svolta. Pare, quindi, do-
versi condividere il rilievo preliminare fatto, in subiecta materia,
da un autorevole studioso, secondo cui la Costituzione italiana, così
come ogni altra di carattere democratico e pluralistico, non fotogra-
fa un ordine fisso ed immobile, ma disegna un ordine dinamico,
sempre pronto ad accogliere nuove esigenze sociali e nuove solu-
zioni istituzionali2. Se, pertanto, si accede alla tesi – coerente con il
carattere vago e compromissorio di molti precetti costituzionali –
della Carta repubblicana come progetto “aperto” alla sua integra-
consolidato: il “vecchio” e il “nuovo” convivono senza possibilità di stabilire la
sicura prevalenza dell’uno sull’altro o le loro future rispettive sorti. Per appro-
fondimenti, specie di carattere definitorio e classificatorio, sull’argomento, v., ex
multis, S. LABRIOLA (a cura di), La transizione repubblicana. Studi in onore di
Giuseppe Cuomo, Padova, 2000; ID., Costituzione materiale e transizione, in A.
CATELANI, S. LABRIOLA (a cura di), La Costituzione materiale. Percorsi cultura-
li e attualità di un’idea, Milano, 2001, 239 ss.; V. CAIANIELLO, Una analisi al-
ternativa della c.d. transizione repubblicana, in Rass. parl., 2002, 141 ss.; A.
SPADARO, La transizione costituzionale. Ambiguità e polivalenza di un’impor-
tante nozione di teoria generale, in AA.VV., Scritti in onore di Antonino Penso-
vecchio Li Bassi, tomo II, Torino, 2004, 1313 ss.
2 G. BERTI, Art. 5, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costitu-
zione, Bologna-Roma, 1975, 277 ss. V. anche G. ROLLA, Il principio unitario nei
sistemi costituzionali a più livelli, in Le Regioni, 2003, 703, secondo cui le Costi-
tuzioni democratiche «sono degli organismi vivi che crescono, si adattano, si
modellano a seconda delle insorgenti circostanze, rinnovando il loro legame con
il popolo». Usa la stessa metafora biologica G. BOGNETTI, L’oggetto e il metodo,
in P. CARROZZA, A. DI GIOVINE, G.F. FERRARI (a cura di), Diritto costituzionale
comparato, Roma-Bari, 2009, 8 s., il quale ritiene che le Costituzioni, siccome
«organismi vivi», immersi nella storia, sono solo in parte revisionate per via di
procedimenti formali prestabiliti, venendo prevalentemente modificate dai più
vari elementi (i cc.dd. «formanti»), quali la legislazione di attuazione, le prassi
politiche ed amministarative, la giurisprudenza costituzionale e la dottrina giuri-
dica (in quanto capace spesso d’influire in modo consistente sulla condotta sia di
molte autorità pubbliche che della maggioranza dei consociati).
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zione da parte dei “fatti” (ancor prima che al suo doveroso invera-
mento in questi), anziché come complesso di regole conchiuso ed
autosufficiente3, sembra del tutto consequenziale ritenere che sia la
medesima Carta ad “esigere” o, comunque, a consentire – spesso
anche a testo invariato – la continua rilettura ed il costante aggior-
namento-completamento delle proprie previsioni. Così, se risultano
eccessivi, e come tali da evitare, sia speculazioni astratte che ragio-
namenti pragmatici troppo liberi e sganciati dal dato giuridico-
formale, non meno fuorvianti sono teorie e percorsi ermeneutici
“appiattiti” sulla mera esegesi e poco propensi a considerare fattori
extragiuridici o, comunque, non strettamente positivi. La riflessione
riguarda, in particolare, il costituzionalista, in quanto «giurista di
frontiera per eccellenza», vale a dire versato in una partizione del
diritto esposta, più di altre, all’evoluzione culturale e politica della
società e al cambiamento di senso delle parole con cui esprime i
propri concetti4. Egli, pertanto, soprattutto durante fasi transitorie,
ossia nel corso di processi trasformativi non ancora ultimatisi
(com’è, per l’appunto, quello di federalizzazione dell’ordinamento
italiano), risulta svolgere una sorta di “funzione cuscinetto” tra ten-
denze innovatrici e tendenze conservatrici, mostrando la sua natura
doppia, o, forse meglio, virtuosa, ponendosi a mezza via tra il rivo-
luzionario, intento ad introdurre, nel nome dei soli propri ideali, un
diverso assetto politico-organizzativo al di fuori di ogni legame con
il passato, e il reazionario, pervicacemente convinto della necessità
di totale invariabilità dello status quo, quale che esso sia5.
3 Così A. RUGGERI, Dottrine della Costituzion e e metodi dei costituziona-
listi (prime osservazioni), in AA.VV., Il metodo nella scienza del diritto costi-
tuzionale, Padova, 1997, 51. Per maggiori approfondimenti, per tutti, v. M.
DOGLIANI, Interpretazioni della Costituzione, Milano, 1982, spec. 65 ss.
4 G. SILVESTRI, Intervento, in AA.VV., Il metodo nella scienza del diritto
costituzionale, cit., 128 s. In tal senso, già in precedenza, E. SPAGNA MUSSO, Os-
servazioni per uno studio del diritto costituzionale quale struttura sociale
(1971), in AA.VV., Studi in memoria di Carlo Esposito, vol. IV, Padova, 1974,
2767 ss., e spec. 2782 ss.
5 Cfr. P.G. GRASSO, Il concetto di riforma e i giuristi, in AA.VV., Scr itti
(su le fonti normative e altri temi di vario diritto) in onore di Vezio Crisafulli,
vol. II, Padova, 1985, spec. 316 e 323 s.

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