Libera circolazione dei cittadini europei e salvaguardia dell'ordine pubblico e della pubblica sicurezza degli Stati membri. Alla ricerca di un quadro coerente

AutoreEmanuela Pistoia
Pagine201-226
EMANUELA PISTOIA
LIBERA CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI EUROPEI
E SALVAGUARDIA DELL’ORDINE PUBBLICO
E DELLA PUBBLICA SICUREZZA
DEGLI STATI MEMBRI.
ALLA RICERCA DI UN QUADRO COERENTE
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. I presupposti oggettivi dell’espulsione di cittadini di altri
Stati membri e della loro consegna in esecuzione di un MAE: la soglia minima … – 3. ...
e il rilievo della gravità dei reati commessi. – 4. I limiti soggettivi all’espulsione e alla
consegna di autori di reati aventi un alto grado di integrazione nello Stato di residenza o
di esecuzione: il carattere rispettivamente vincolante (nel caso della direttiva 2004/38) e
facoltativo (nella decisione-quadro 2002/584) di tali limiti … – 5. … e la questione del
grado di integrazione richiesto per evitare l’espulsione ovvero la consegna. – 6. Conclu-
sioni.
1. L’esigenza di salvaguardare l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza degli
Stati membri incide sulla libertà di circolazione dei cittadini europei sotto due
diversi profili, cui sono dedicati rispettivamente il Capo VI della direttiva
2004/381, recante “Limitazioni del diritto di ingresso e di soggiorno” per i mo-
tivi menzionati (oltre, com’è noto, che per motivi di sanità pubblica), e la deci-
sione-quadro 2002/584 sul mandato d’arresto europeo (MAE)2. Per la precisione,
le pertinenti disposizioni della direttiva 2004/38 hanno un ambito di applicazione
– ordine pubblico e pubblica sicurezza – più ampio della decisione-quadro, la
quale si occupa specificamente di reati. Le offese all’ordine pubblico e alla pub-
blica sicurezza prese in considerazione nella direttiva 2004/38 non necessaria-
mente coincidono infatti con la commissione di reati3, mentre quest’ultima com-
1 Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa
al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive
64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE,
90/365/CEE e 93/96/CEE, GUUE L229, 29 giugno 2004, p. 35 ss. Sull’espulsione dei cittadini di
altri Stati membri sulla base della direttiva 2004/38 v. lo scritto di M. GUIDI, in questo Volume.
2 Decisione-quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo
e alle procedure di consegna tra Stati membri, 2002/584/GAI, GUCE L190, 18 luglio 2002, p. 1
ss.
3 Cfr. sentenza della Corte di giustizia del 10 luglio 2008, causa C-33/07, Jipa, Raccolta, p.
I-5157 ss., punto 30. Nel caso più risalente tra quelli riferiti alla Corte di giustizia in tema di allon-
tanamento di un cittadino di altro Stato membro per motivi di ordine pubblico, questa ha ricono-
202 Capitolo XI
porta sempre un attentato agli interessi fondamentali della società, che costituisce
il cuore della nozione di ordine pubblico secondo la giurisprudenza della Corte
di giustizia (CGUE) in tema di espulsione4. Nella prassi, comunque, i provvedi-
menti restrittivi adottati sulla base dell’ordine pubblico e della pubblica sicu-
rezza sono per lo più la conseguenza di reati5.
Le restrizioni previste nella direttiva 2004/38 riguardano cittadini europei
che si siano avvalsi del diritto alla libertà di circolazione loro accordato dal
TFUE. Esse sono normalmente adottate dallo Stato ospitante nei confronti di
cittadini di altri Stati membri che si siano resi colpevoli di reati al suo interno.
Negli stessi casi, in principio sono ammesse anche da parte dello Stato di cittadi-
nanza nei confronti di propri cittadini – trattandosi naturalmente in questo caso
di limitazioni all’uscita dal territorio e non di provvedimenti di allontanamento
–, purché la condotta criminosa arrechi in qualche modo pregiudizio anche all’or-
sciuto che ciascuno Stato “il quale voglia adottare provvedimenti restrittivi giustificati da motivi
d’ordine pubblico, può ritenere elemento costitutivo del comportamento personale dell’interes-
sato l’appartenenza ad un gruppo o ad un’organizzazione le cui attività sono considerate antiso-
ciali, ma non vietate a norma di legge, indipendentemente dalla circostanza che nessuna restri-
zione viene adottata nei confronti di cittadini di detto Stato intenzionati a svolgere un’attività
simile a quella che il cittadino d’un altro Stato membro desidera svolgere nell’ambito del predetto
gruppo od organizzazione”: sentenza della Corte di giustizia del 4 dicembre 1974, causa 41/74,
Van Duyn c. Home Office, Raccolta, p. 1337 ss., punto 24 (corsivo aggiunto). In dottrina, l’idea
che un’offesa all’ordine pubblico o alla pubblica sicurezza di uno Stato non debba necessaria-
mente coincidere con la commissione di un reato, è sostenuta da M. CONDINANZI, A. LANG, B.
NASCIMBENE, Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione delle persone, Milano, 2006, II ed.,
p. 123, la cui analisi è basata sulla direttiva 64/221/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1964, per
il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stra-
nieri, giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, GUCE
L56, 4 aprile 1964, p. 850 ss. Gli Autori ritengono che, ciononostante, una condotta individuale
possa essere considerata una minaccia all’ordine pubblico dello Stato territoriale solo se oggetto
di una “valutazione di disvalore” da parte dell’ordinamento di quest’ultimo.
4 La Corte di giustizia ha elaborato questa nozione di ordine pubblico fin dalla sentenza del
27 ottobre 1977, causa 30-77, Boucherau, in Raccolta, p. 1999 ss. In particolare, la sentenza citata
ha chiarito che l’ordine pubblico alla base delle restrizioni alla libertà di circolazione dei cittadini
di altri Stati membri richiede qualcosa di più di una “perturbazione dell’ordine sociale insita in
qualsiasi infrazione della legge” (punto 35). Infatti, giacché il diritto penale mira a proteggere gli
“interessi fondamentali della società” (ibidem) un reato non è la stessa cosa di qualsiasi “viola-
zione della legge”: di qui l’accostamento, nel testo, tra reato e “minaccia a un interesse fondamen-
tale della società”. L’Avvocato generale Bot ha recentemente sostenuto che, in principio, le norme
di diritto penale sono tutte norme di ordine pubblico nel senso che, “essendo imperative per na-
tura, la volontà individuale non può derogarvi”: Conclusioni dell’Avvocato generale Bot del 6
marzo 2012, causa C-348/09, P.I. c. Oberbürgermeisterin der Stadt Remscheid (d’ora innanzi,
P.I.), punto 36. Sul concetto di ordine pubblico quale tutela dell’ordine sociale nazionale contro la
commissione di reati, G. ANAGNOSTARAS, Enhanced Protection of EU Nationals against Expul-
sion and the Concept of Internal Public Security: Comment on the P.I. Case, in European Law
Review, 2012, p. 631. Ad ogni buon conto, secondo l’art. 27, par. 2, della direttiva 2004/38, “[l]a
sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l’adozione” di provvedimenti
“per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza”: su questo punto v. infra.
5 E. GUILD, The Legal Elements of European Identity. EU Citizenship and Migration Law,
L’Aja, 2004, p. 88.

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