Introduzione

AutoreElena Proietti
Occupazione dell'autoreDoctora Investigadora del Grupo de investigación Turismo, Ordenación del Territorio y Medio Ambiente (TOTMA) Universidad de Las Palmas de Gran Canaria
Pagine11-29
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Introduzione
«La verità è che questo problema è troppo
importante per lasciarlo nelle mani dei
politici e delle Nazioni Unite».
Così Mary Robinson, Alto Commissario delle Nazioni Unite
per i Diritti Umani e primo Presidente donna della Repubblica
Irlandese, ironizza durante il proprio intervento «Why climate change is
a threat to human rights» 1 sulla giustizia climatica e sulla pericolosità del
cambiamento climatico rispetto alla tutela dei diritti umani.
Mary Robinson, infatti, sostiene che gli Stati non sono in grado di
accordarsi efficacemente e, soprattutto, con l’opportuna rapidità per
attenuare le conseguenze di un uso smodato dei combustibili fossili che
sta aggravando la situazione climatica e ambientale a livello mondiale.
La presente trattazione, partendo proprio da tale assunto, si
pone come primo obiettivo quello di dimostrare che gli interventi
dall’«alto» da parte degli Stati a livello internazionale, comunitario o
nazionale, sebbene abbiano registrato dei miglioramenti in termini di
consapevolezza sul cambiamento climatico, non stiano progredendo
abbastanza rapidamente ed efficacemente.
I rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)
e gli studi scientifici maggioritari continuano, infatti, a far luce sul
1 ROBINSON, M., Why climate change is a threat to human rights, Maggio 2015, in
Ted talks, intervento disponibile, con traduzione italiana, al seguente indirizzo: www.
ted.com/talks/mary_robinson_why_climate_change_is_a_threat_to_human_rights?language=it
(consultato il 31.07.2020).
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reale e già esistente problema causato dall’aggravarsi del cambiamento
climatico terreste 2, il quale, in alcune zone del mondo, ha già comportato
migrazioni di massa o eventi piuttosto gravi quanto inaspettati 3.
2 Attualmente, l’autorità più attendibile su tali argomenti risulta
l’INTERGOVERNMENTAL PANEL ON CLIMATE CHANGE (IPCC), il quale, grazie
ai suoi rapporti sulla situazione climatica, sta già condizionando non solo l’ambito
scientifico ma soprattutto quello giuridico. Si veda, per un approfondimento, IPCC,
2013: Climate Change 2013: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to
the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Stocker, T.F., D.
Qin, G.-K. Plattner, M. Tignor, S.K. Allen, J. Boschung, A. Nauels, Y. Xia, V. Bex and P.M.
Midgley (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New
York, NY, USA, 1535 pp., disponible al seguente indirizzo: https://www.ipcc.ch/assessment-
report/ar5/ (consultato il 31.07.2020), secondo il quale: «Le emissioni cumulative di
CO2 determinano principalmente il riscaldamento superficiale medio globale per la
fine del XXI secolo e oltre. La maggior parte degli aspetti del cambiamento climatico
perdureranno per parecchi secoli anche se le emissioni di CO2 saranno fermate. Questo
comporta un sostanziale impegno multisecolare per il cambiamento climatico, causato
dalle emissioni di CO2 passate, presenti e future. Limitare il riscaldamento causato dalle
sole emissioni antropogeniche di CO2 a meno di 2°C rispetto al periodo 1861-1880 con
probabilità > del 33%, > del 50%, e > del 66%, richiederà che le emissioni cumulative di
CO2 da tutte le fonti antropogeniche siano mantenute rispettivamente tra 0 e circa 1570
GtC (5760 GtCO2), tra 0 e circa 1210 GtC (4440 GtCO2), tra 0 e circa 1000 GtC (3670
GtCO2), a partire da quel periodo23. Gli importi più alti si riducono rispettivamente
a circa 900 GtC (3300 GtCO2), 820 GtC (3010 GtCO2), e 790 GtC (2900 GtCO2),
quando sono presi in considerazione forzanti non-CO2), come nello scenario RCP2.6.
Un quantitativo pari a 515 [445-585] GtC (1890 [1630-2150] GtCO2) è già stato emesso
entro il 2011». Una delle analisi più conosciute e complete sugli scenari futuri del nostro
Pianeta, inoltre, è stata elaborata dal giornalista e attivista britannico Mark Lina, il quale,
nel suo libro «Sei Gradi», riporta i cambiamenti concreti, sia territoriali che climatici,
che l’aumento della temperatura terrestre provocherà. Si veda, quindi, LYNAS, M., Sei
gradi. La sconvolgente verità sul riscaldamento globale, Fazi, Roma, 2008.
3 Attualmente già si registrano i primi incidenti diplomatici dovuti alle migrazioni
«climatiche», da terre non più abitabili a Paesi ancora abitabili. Un esempio tra tutti
è la decisione del Comitato dei diritti umani dell’ONU del 7 gennaio 2020, nella
controversia tra Teitiota vs Nuova Zelanda. Per la prima volta, infatti, il Comitato ONU
riconosce che subire gli effetti del cambiamento climatico in alcuni luoghi, come
quelli del ricorrente, (la Repubblica di Kiribati, un atollo nel Pacifico sottoposto a
continue inondazioni e distruzioni a causa del cambiamento climatico) può comportare
una violazione sia del diritto alla vita che del divieto di essere sottoposti a tortura o
trattamenti inumani e degradanti. Tanto che, piuttosto che costringere un essere umano
a subire tali violazioni, il Comitato ONU riconosce il divieto di respingimento dei c.d.
«migranti ambientali» da parte degli Stati terzi dove gli stessi decidono di rifugiarsi. Tale
decisione sarà approfondita nel Capitolo 3.D.e. della presente trattazione. Si veda,
inoltre, il commento di ROBINSON, M., Why climate change is a threat to human rights, cit.,

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