Il dolo e la colpa. La coscienza e volontà

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine261-278

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@1 Il dolo

Oltre all’imputabilità e alla conoscenza (o conoscibilità) della norma penale, ulteriori componenti della colpevolezza sono:

- l’elemento soggettivo (dolo o colpa);

- la coscienza e volontà della condotta (suitas).

Analizziamoli in dettaglio (per l’esame di quella particolare forma di imputazione dell’evento al suo autore costituita dalla preterintenzione, si rinvia al Cap. 27 relativo alla responsabilità oggettiva).

@@a) Nozione di dolo e tipologie

Il dolo è la forma normale (e più grave) della volontà colpevole, come si desume dall’art. 42, 2° comma, c.p., secondo cui nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto se non lo ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente previsti dalla legge.

L’art. 43 c.p. definisce il dolo, stabilendo che il delitto è (o "secondo l’intenzione") quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente previsto e come conseguenza della propria azione od omissione.

Già da queste prime indicazioni emerge che il dolo è costituito da due elementi:rappresentazione, cioè la previsione anticipata del fatto che costituisce reato (momento conoscitivo); a questo fine, è necessario che il soggetto si rappresenti la realizzazione di tutti gli elementi del reato (la condotta, l’evento naturalistico etc.);volontà, diretta alla realizzazione del fatto rappresentato (momento volitivo).

Parlando dell’evento (vedi Cap. 13), abbiamo visto che la concezione naturalistica (che considera l’evento in termini di modificazione del mondo esterno) distingue tra reati di condotta, che si consumano col compimento

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di una determinata condotta e non comportano alcuna modificazione nel mondo esteriore (ad esempio, il reato di evasione), e reati di evento, per i quali la legge richiede che l’azione od omissione produca anche un determinato effetto all’esterno (ad esempio, la morte della vittima nel delitto di omicidio).

La concezione giuridica, invece, qualifica l’evento come lesione o messa in pericolo di un bene penalmente protetto, con la conseguenza che un evento (in senso giuridico) sussiste in tutti i reati.

Questa premessa è necessaria per dire che, se si accoglie la tesi naturalistica dell’evento, mentre nei reati di condotta il momento volitivo riguarda la sola realizzazione dell’azione o dell’omissione, nei reati di evento esso deve riguardare anche il risultato della condotta.

La volontà dolosa, a seconda dei vari livelli di intensità dai quali la stessa può essere caratterizzata, può dare luogo alla configurabilità (Cass., I, 29-3-1996):intenzionale, se il soggetto persegue l’evento come scopo finale della condotta o come mezzo necessario per ottenere un risultato ulteriore;diretto, se l’evento non costituisce l’obiettivo della condotta, ma l’agente lo prevede e lo accetta come risultato certo o altamente probabile di quella condotta; si pensi, ad esempio, all’omeopata che prescrive a un malato di tumore di attenersi esclusivamente a cure naturali inducendolo a tenersi lontano dalla medicina ufficiale (chemioterapia), con la consapevolezza che tale comportamento causerà, con rilevante probabilità, la morte (Cass., I, 15-1-2008);eventuale indiretto, connotato dall’accettazione del rischio di verificazione dell’evento, considerato dal soggetto come una delle possibili conseguenze della condotta. Il soggetto, cioè, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle. È bene precisare che, affinché sussista il dolo eventuale, ciò che deve essere accettato dal soggetto non è il mero rischio, ma il concreto verificarsi dell’evento lesivo (Prosdocimi).

Non può invece parlarsi di dolo eventuale o indiretto se il soggetto, pur essendosi rappresentato l’evento, ha agito con la convinzione che il medesimo non si sarebbe verificato. Infatti, se l’agente, qualora avesse previsto l’evento come conseguenza certa della sua condotta, si sarebbe astenuto dall’agire, si configura la cd. colpa cosciente (vedi infra).

Il dolo eventuale va distinto anche dal dolo alternativo: mentre il primo, come accennato, è caratterizzato dal fatto che chi agisce non ha il proposito di cagionare l’evento delittuoso, ma si rappresenta la possibilità che esso si verifichi e ne accetta il rischio, il dolo alternativo è contraddistinto dal fatto che il soggetto attivo prevede e vuole alternativamente, con

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scelta sostanzialmente equivalente, l’uno o l’altro evento e risponde per quello effettivamente realizzato (Cass. S.U. 25-3-1992).

Ulteriori classificazioni del dolo sono le seguenti:dolo generico (riguarda la maggior parte dei reati e sussiste quando, ai fini della commissione del reato, è sufficiente la coscienza e la volontà del fatto e non occorre che il soggetto persegua una determinata finalità) e dolo specifico (ai fini della realizzazione del reato occorre che il soggetto agisca per raggiungere una determinata finalità, la cui realizzazione concreta non è comunque necessaria per l’esistenza del reato: si pensi, ad esempio, al "fine di trarre profitto" nel reato di furto ex art. 624 c.p.; peraltro, è il caso di precisare che i reati a dolo specifico sono, secondo alcuni, di dubbia costituzionalità, in quanto la responsabilità penale finisce per essere affidata ad un mero atteggiamento psichico: occorre, quindi, che queste fattispecie criminose siano comunque idonee a ledere il bene giuridico protetto);dolo di danno (il soggetto vuole ledere il bene protetto) e dolo di pericolo (il soggetto intende soltanto minacciare il bene tutelato);dolo di proposito (intercorre un certo intervallo temporale tra il sorgere del proposito criminoso e l’esecuzione del reato) e dolo d’impeto (la decisione di commettere il reato viene eseguita immediatamente, senza alcun intervallo tra la nascita del proposito criminoso e la sua realizzazione);

- dolo iniziale (sussiste soltanto al momento della condotta), concomitante (accompagna la realizzazione del reato) e successivo (si manifesta dopo il compimento della condotta).

Sulla falsariga della distinzione tra colpa comune e colpa speciale, di cui parleremo nel paragrafo successivo, autorevole dottrina (Mantovani) distingue il dolo comune dal cd. dolo speciale o professionale, che caratterizza determinate attività rischiose (medica, sportiva etc.), ma autorizzate per la loro importanza o utilità sociale. Tali attività devono essere esercitate rispettando determinate regole (cd. leges artis) proprie dell’attività stessa, con la conseguenza che il dolo sussiste soltanto se il soggetto si rappresenta e vuole il fatto costituito dall’inosservanza delle regole cautelari e dall’evento, ossia il fatto che supera la soglia del rischio consentito: ad esempio, il chirurgo che per uccidere l’odiato paziente attua il suo intento non rispettando le regole della medicina commette un omicidio caratterizzato da dolo speciale.

Non ha nulla a che vedere con il dolo - che è elemento costitutivo del reato e riguarda la sfera della rappresentazione e volontà dell’evento - il movente dell’azione, ossia la causa che ha indotto il soggetto ad agire. Pertanto, essendo irrilevante il movente dell’azione, non esclude il dolo il fatto che il soggetto abbia commesso un reato per scherzo.

La sussistenza del dolo deve essere al pari di tutti gli altri elementi

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del reato (condotta, evento etc.). Tale accertamento va effettuato tenendo conto di tutti gli elementi che caratterizzano il fatto concreto realizzato, e quindi, ad esempio, le modalità della condotta, le circostanze che la precedono, l’accompagnano e la seguono e, più in generale, ogni altro elemento che possa essere utile per ricostruire l’atteggiamento psicologico del soggetto.

@@b) Dolo eventuale e colpa con previsione (o colpa cosciente)

In dottrina e giurisprudenza si è posto il problema della distinzione tra dolo eventuale (che sussiste, come sopra evidenziato, quando il soggetto si limita ad accettare il rischio di una possibile verificazione dell’evento lesivo o pericoloso) e la colpa cosciente, prevista dall’art. 61, n. 3, c.p., che considera un’aggravante l’avere agito, nei delitti colposi, nonostante la previsione dell’evento.

La norma evidenzia la compatibilità della colpa con la previsione dell’evento, poiché il soggetto agisce pur avendo previsto che dalla sua azione potrà derivare un evento lesivo. Il problema, pertanto, consiste nel distinguere questa ipotesi da quella del dolo eventuale: in sostanza, quando il soggetto agisce pur avendo previsto l’evento, in base a quali criteri è possibile stabilire se ricorre un’ipotesi di dolo eventuale o di colpa con previsione?

Si è visto che il criterio utilizzato per individuare i casi di dolo eventuale è quello dell’accettazione del rischio di verificazione dell’evento dannoso o pericoloso. Tale formula indica l’atteggiamento psicologico di chi si rappresenta la concreta possibilità della realizzazione del fatto di reato e agisce malgrado ciò, senza avere escluso con ragionevole certezza che esso si verificherà, ossia accettandone il rischio.

In questa direzione, il criterio dell’accettazione del rischio permette di individuare l’elemento distintivo tra dolo eventuale e colpa cosciente nel fatto che, in quest’ultima, la conseguenza illecita del comportamento dell’agente, non direttamente voluta (nel senso che non costituisce il fine perseguito), è esclusa dal soggetto il quale, pur ritenendola astrattamente possibile, è assolutamente convinto che, per abilità personale o per l’intervento di altri fattori "esterni", non possa realizzarsi in concreto (Cass., I...

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