I modelli di decisione

AutoreSilvia Izzo
Pagine251-262
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I modelli di decisione
SILVIA IZZO
SOMMARIO: 1. Pluralità di modelli per la fase decisoria del processo del lavoro. - 2. La motivazione
contestuale e il ricorso a modelli di decisione tipici del processo di cognizione ordinaria (artt.
281 sexies e 186 quater c.p.c.). - 3. La formazione progressiva della sentenza. - 4. La decisione
sulla competenza e le sentenze non definitive.
1. Pluralità di modelli per la fase decisoria del processo del lavoro
Tra gli elementi più innovativi introdotti dalla l. n. 533/1973 può essere
senz’altro annoverata la disciplina della fase decisoria e della sentenza. A fronte
del coevo procedimento di cognizione ordinaria che prevedeva una netta cesura
tra discussione e decisione della causa e subordinava l’esecutività della senten-
za al passaggio in giudicato, l’art. 429 c.p.c. stabilì che «il giudice, esaurita la
discussione orale e udite le conclusioni delle parti, pronunciasse sentenza […]
dando lettura del dispositivo» e che sulla base di quest’ultimo il lavoratore fos-
se legittimato ad agire in via esecutiva ai sensi dell’art. 431, 2° comma, c.p.c.
prima ancora, dunque, della stesura della motivazione e della successiva pub-
blicazione del provvedimento1. Queste disposizioni, tra tutte, sembrarono in
grado di dare concretizzazione effettiva (e non solo tendenziale) ai principi di
immediatezza, concentrazione e oralità dell’accertamento dei diritti nel proces-
so2, ed ancor oggi sono tra quelle che connotano il processo del lavoro, elevato
a rito al quale ricondurre «i procedimenti in cui sono prevalenti caratteri di con-
centrazione processuale, ovvero di officiosità dell’istruzione»3.
Quella descritta ha costituito la sola forma di pronuncia della sentenza del
lavoro, sia definitiva sia non definitiva, fino agli interventi attuati con il d.l. 25
giugno 2008, n. 1124, prima, e con la l. n. 69/2009, poi.
1 Un p rodromo può essere ricercato nel r.d. 1 luglio 1926, n. 1130, norme per l’attuazione della l. 3 apri-
le 1926, n. 563, che nel titolo V, dedicato alle controversie collettive del lavoro, all’art. 81 stabiliva: «Tutte le
decisioni sono prese immediatamente in camera di consiglio e il dispositivo ne è letto in pubblica udienza»,
l’originale della sentenza doveva essere depositato in cancelleria non più tardi di dieci giorni dalla deliberazio-
ne (art. 85). L’art. 422 del codice del 1940 con riferimento alle controversie in materia corporativa stabiliva che
la decisione fosse deliberata dopo la chiusura della discussione e pubblicata mediante lettura del dispositivo in
udienza, la sentenza doveva essere depositata in cancelleria entro i quin dici gior ni succes sivi. Per una com-
pleta disamina storica cfr. M. VELLANI, Alcune considerazioni in tema di lettura del dispositivo in
udienza nel processo del lavoro, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2008, 437 ss.
2 In questi termini, quasi testualmente, A. PROTO PISANI, Lavoro (controversie individuali in ma-
teria di), voce del Digesto priv., Torino 1993, § 38. Per il giudizio in tal senso della dottrina
dell’epoca cfr., per tutti, V. ANDRIOLI, Osservazioni introduttive sul progetto di riforma del procedi-
mento del lavoro, in Foro it., 1971, V, 75 ss.; M. CAPPELLETTI, Una procedura nuova per una nuova
«giustizia del lavoro», in Riv. giur. lav., 1971, I, 293 s.
3 Ai sensi della delega contenuta nell’art. 54 l. n. 69/2009 che ha condotto all’emanazione del
d.leg. 1° settembre 2011, n. 150. Sull’elezione del rito del lavoro a “modello”, cfr. Cap. I.
4 Convertito, con modificazioni con la l. 6 agosto 2008, n. 133.

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