Le fasi della procedura di concordato e il ruolo degli organi

AutoreAntonio Costa
Occupazione dell'autoreProfessore ordinario di economia aziendale presso il Dipartimento di Scienze dell'Economia dell'Università del Salento
Pagine39-64
CAPITOLO III
LE FASI DELLA PROCEDURA
DI CONCORDATO E IL RUOLO DEGLI ORGANI
3.1 Ammissione alla procedura di concordato preventivo
Il momento chiave della procedura di concordato è fissato nella
fase in cui il debitore viene o meno ammesso alla procedura da parte
del Tribunale.
L’originaria disposizione dell’art. 162 L.F. (R.D. n. 267/1942) stabi-
liva che, per pronunciarsi validamente sulla inammissibilità o meno del-
la proposta di concordato, il Tribunale doveva ascoltare sia il pubblico
ministero che il debitore richiedente. Poteva altresì ascoltare i creditori.
Inoltre il Tribunale, al fine di pronunciarsi sulla ammissione alla
procedura, doveva verificare la sussistenza delle c.d. condizioni sog-
gettive (in estrema sintesi, il debitore doveva essere iscritto nel registro
delle imprese da almeno due anni, non essere stato dichiarato fallito
nei cinque anni precedenti, non essere stato condannato per bancarotta
fraudolenta) oltre che la tenuta delle c.d. condizioni patrimoniali (il
debitore doveva offrire una serie di garanzie ritenute accettabili per i
creditori con i quali si fissava l’accordo).
Il riformato articolo 162 L.F. (in seguito all’entrata in vigore del D.
Lgs. N. 169/2007) limita la possibilità di ascolto al solo debitore ri-
chiedente, prevedendo che lo stesso ascolto debba avvenire in Camera
di Consiglio. Il legislatore nel 2007, nell’intento di sanare proposte
non conformi, ha previsto la possibilità per il debitore di integrare il
piano e conseguentemente di produrre nuovi documenti entro un ter-
mine non superiore a quindici giorni; ciò previa autorizzazione del
Tribunale. La disposizione legislativa in vigore, in merito alla ammis-
sione alla procedura di concordato preventivo, non ha confermato la
verifica da parte del Tribunale della sussistenza delle c.d. condizioni
soggettive. Quanto poi alle c.d. condizioni patrimoniali le stesso sono
40 La crisi d’impresa: la procedura di concordato preventivo
state superate dagli aspetti operativi relativi alla procedura. In altri
termini il concordato preventivo viene svincolato da ogni condizione
di ammissibilità, sia personale che patrimoniale, nonché dal presup-
posto dello stato di insolvenza. Il debitore che versa in una situazione
di crisi, anche se non può vantare un passato particolarmente corretto,
potrà proporre un concordato preventivo offrendo una percentuale ai
creditori chirografari anche inferiore al 40%. Egli dovrà, nello stesso
tempo, rivestire la qualifica di imprenditore commerciale assoggetta-
bile al fallimento ai sensi dell’art. 1 L.F. e presentare un piano concor-
datario connotato dalla sua concreta fattibilità.
In seguito alla riforma del concordato preventivo il controllo di me-
rito da parte del Tribunale sul ricorso presentato dal debitore diviene
esclusivamente di regolarità formale57. Il debitore ha un temine di 15
giorni per il deposito della somma che si presume necessaria per l’in-
tera procedura.
Al Tribunale pertanto non spetta la valutazione della convenienza
economica del concordato per i creditori: il supremo organo della pro-
cedura, infatti, deve effettuare soltanto una verifica meramente forma-
le del raggiungimento delle maggioranze richieste.
Qualora il Tribunale ritenga inammissibile la proposta di concorda-
to preventivo e accerti l’esistenza dei presupposti indicati negli articoli
1 e 5 della L.F., dichiara, su istanza del creditore o su richiesta del
pubblico ministero, il fallimento del debitore. Si ricorda che, in passa-
to, tale dichiarazione era rilevata d’ufficio dal Tribunale (art. 162 LF).
57 La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite Civili, nella recente sentenza n. 1521 del 2013, ha
evidenziato come sia non condivisile la formulazione consistente nello svuotamento della funzione
istituzionalmente attribuita al giudice nella nuova previsione legislativa in materia di concordato
preventivo. Il ruolo assegnato dal legislatore al Tribunale è, infatti, tutt’altro che marginale, tuttavia
lo sbilanciamento in favore dell’elemento negoziale del nuovo concordato, rispetto a quello risul-
tante dalla precedente normativa, determina necessariamente una diversa perimetrazione dei poteri
di intervento del giudice che, deputato a garantire il rispetto della legalità nello svolgimento della
procedura, deve certamente esercitare sulla relazione del professionista attestatore un controllo
concernente la congruità e la logicità della motivazione, anche sotto il profilo del collegamento
effettivo fra i dati riscontrati ed il conseguente giudizio.
Ciò che il Tribunale può e deve fare è porsi dall’angolo visuale dei creditori e valutare se in base
alla proposta, al piano ed all’attestazione è possibile esprimere un voto informato e consapevole.
Il Tribunale avrà quindi innanzitutto il potere-dovere di esaminare la proposta, valutare la sua
conformità alla legge ed eventualmente segnalare – in un dialogo “virtuoso” con il debitore – even-
tuali carenze (potrebbe, ad esempio, risultare lacunosa in uno degli aspetti essenziali, come i tempi
di pagamento ai creditori) o contraddittorietà (ad esempio perché fondata sulla presenza, nel patri-
monio del debitore, di beni descritti come liberi da vincoli e che in realtà non lo sono).
In secondo luogo deve ravvisarsi in capo al Tribunale il potere-dovere di respingere in limine il
ricorso, giudicandolo inammissibile, ove la relazione del professionista appaia ictu oculi inidonea
ad assolvere la funzione certificativa cui è diretta: il sindacato giudiziale quindi non avrà diretta-
mente ad oggetto la fattibilità del piano, bensì la coerenza e la esaustività della relazione allegata al
piano, che deve fornire ai creditori tutte le informazioni necessarie all’espressione di un consenso
realmente consapevole ed informato.

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