Profili costituzionalistici del commercio elettronico

AutorePasquale Costanzo
Pagine29-42

    Pasquale Costanzo1

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@1. Premessa

La trattazione dei profili costituzionalistici di un certo tema giuridico corre spesso (apparentemente) il rischio di risultare un'esercitazione tanto elegante quanto astratta. Rischio tanto più grande allorché il tema prescelto vanti sistemazioni risalenti in essenziali branche del diritto come il diritto civile o il diritto commerciale. Potrebbe essere proprio il caso del commercio elettronico, di cui sarebbe lecito pensare (se ci si passa il bisticcio di parole) che, per quanto sia "elettronico", sempre "commercio" resta, vale a dire, nella sua sostanza, l'esercizio a scopo di lucro di un'attività che ha per fine lo scambio di beni contro denaro.

Non so quindi se la mia trattazione sarà elegante: lascio ovviamente agli autorevoli uditori giudicare. La mia vera preoccupazione è però che almeno essa non risulti astratta.

À questo scopo vorrei subito ritornare sulla definizione di commercio che ho fornito qualche istante fa e notare come essa in realtà vada troppo stretta (e sia al limite fuorviante con riguardo) alla fenomenologia che si è ormai concordi nell'ascrivere al commercio elettronico. in questo senso, dunque, se è vero che si verte in ogni caso nell'ambito di un'attività economica, ciò che sconsiglia - anche al costituzionalista - di abbandonarsi a discorsi abbastanza scontati è proprio la particolare configurazione del commercio elettronico.

A differenza del commercio tradizionale, infatti, nel commercio elettronico occorre tenere nel massimo conto principalmente tre fattori.

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Il primo fattore è costituito dal mezzo peculiare che permette ed anzi ha dato, com'è noto, origine -a questa particolare forma di commercio. Il secondo fattore è rappresentato dai protagonisti, che, anche rispetto a forme più aggiornate di commercio, assumono, da un lato, ruoli abbastanza inediti, e non si esauriscono, dall'altro, nei soli soggetti stipulanti l'atto di commercio, li terzo è dato sicuramente dalla "vocazione" internazionale dì questa particolare forma di commercio.

Tutto ciò, come subito vedremo, contribuisce a creare un quadro piuttosto complesso, nel quale, se l'intuitivo punto di partenza è offerto dalle disposizioni in materia di libertà d'iniziativa economica contenute nella Costituzione (pur se nella particolare "curvatura" impressa loro dalla normativa comunitaria), si rivela però anche indispensabile procedere secondo prospettive in parte o completamente nuove.

Un approccio peraltro al quale è assai sconsigliabile mostrarsi refrattari, se è vero che persino normative recenti e innovative come quelle sulla tutela del consumatore o sui contratti a distanza e la stessa disciplina della, privacy si sono trovate notevolmente "spiazzate" di fronte alla realtà fenomenica del cosiddetto cyberspazio.

@2. Commercio elettronico e libertà di comunicazione

Scendendo più nel dettaglio e guardando al primo dei fattori citati poc'anzi, si può innanzi tutto rilevare come le varie attività che vanno a comporre il "commercio elettronico" risultino, a differenza di quanto accade per il commercio tradizionale (almeno quello svolto in appositi locali), veicolate o agevolate da uno strumento comunicativo (in ciò condividendo per vero qualche tratto caratteristico, ad esempio, delle televendite, ma anche, a ben vedere, delle vendite per corrispondenza).

Da questo punto di vista occorre, dunque, far riferimento in via preliminare allo scenario delle telecomunicazioni. Più semplicemente, il particolare contesto del commercio elettronico ci obbliga a fare i conti con una problematica peculiare, cosicché, per esempio, mentre per il banchetto dì frutta al mercato rionale il rapporto conformativo coincide con il rapporto regolativo con la pubblica autorità (sia che si consideri la licenza di commercio, sia che si pensi alla concessione per Fuso dello spazio pubblico), nel caso del commercio elettronico anche il rapporto instaurato con il soggetto che gestisce la rete telecomunicativa viene a co-Page 31stituire un fattore conformante e imprescindibile dell'attività economica svolta.

Ma su quest'ultimo aspetto non mancheremo di ritornare più avanti. Si tratta ora piuttosto di rammentare cose abbastanza note e, in particolare, come il settore delle telecomunicazioni abbia conosciuto, sotto l'impulso della normativa comunitaria, un'evoluzione e taluni sconvolgimenti di rilevante portata e, ciò che qui maggiormente interessa, di forte impatto sul piano costituzionalistico.

Non mi riferisco, si badi bene, semplicemente all'emarginazione più o meno consistente che l'art. 43 della Costituzione può aver subito per effetto dell'irrompere nell'ordinamento interno del principio comunitario della concorrenza, così che antichi monopoli hanno perduto, anche nel settore telecomunicativo, la loro legittimazione, ma soprattutto ai riflessi che questo stesso fenomeno ha prodotto sull'esercizio della libertà comunicativa garantita dall'art. 15 della Costituzione.

E infatti possibile sostenere che il nuovo quadro liberalizzato non solo abbia dato nuova consistenza a diritti di natura economica, ma che abbia dato anche piena visibilità ad una serie di posizioni soggettive degli utenti che il vecchio sistema monopolistico (improntato a logiche amministrative) aveva in qualche modo emarginato.

Si tratta, in primo luogo, della possibilità di ragionare chiaramente di un diritto di accedere alla rete telecomunicativa, da concepirsi nel nostro caso anche come una sorta di diritto-madre rispetto a quello eventualmente da riconoscersi in ordine alla connessione ad Internet. Né ad una simile ricostruzione pare opporsi la circostanza che la disciplina costituzionale sembri preoccuparsi più delle modalità della comunicazione che della disponibilità del medium. Infatti, anche a non voler aderire alla suggestiva ipotesi per cui il prodursi sempre più accelerato di fenomeni di convergenza multimediale sia di per sé idoneo ad operare una diversa dislocazione dei principi costituzionali (particolarmente visibile nella normativa di liberalizzazione), nel senso cioè che l'accesso alle reti telecomunicative verrebbe comunque ora a fruire di quella libertà di utilizzo del mezzo che è esplicitamente statuita nell'art. 21 della Costituzione, mi pare che sia già possibile trarre da quelle modalità (conferendo cioè portata sostanziale ai termini della libertà e della sicurezza) il pregiudiziale postulato della libertà di accesso al mezzo telecomunicativo.

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Se pure in via accessoria rispetto a questo principale diritto, si evidenziano poi altre situazioni soggettive protette, come quella derivante, oltreché dalla segretezza delle comunicazioni, anche dall'obbligo per gli operatori di mantenere un...

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