Cessione del credito e distressed debt

AutoreUmberto Violante
Pagine27-68
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CAPITOLO PRIMO
CESSIONE DEL CREDITO E DISTRESSED DEBT
SOMMARIO: 1. Primato del credito e bankruptcy claims market. - 2. Equitable
subordination e disallowance: due regole a presidio del debitore ceduto se-
gnano il declino del mercato del distressed debt. - 3. Equitable subordina-
tion e disallowance: i loro effetti sulla domanda di credito nel bankruptcy
claims market. - 4. Inutilità dei rimedi astrattamente utilizzabili a correzione
delle distorsioni indotte dall’applicazione delle regole previste dalla section
510 (c) e della section 502 (d) del Bankruptcy Code. - 5. Le ripercussioni
della crisi del bankruptcy claims market sugli altri mercati. - 6. Equitable
subordination e disallowance: limiti alla loro applicabilità in favore del de-
bitore ceduto. - 7. Il mercato italiano del distressed e le minori insidie ri-
spetto a quello statunitense in punto di eccezioni opponibili al cessionario
dal fallimento del debitore ceduto.
1. Primato del credito e bankruptcy claims market
Poco meno di un ventennio fa, allorché si pronosticava il gra-
duale slittamento dalla centralità della proprietà al primato del cre-
dito, si è tentato di valorizzare il significato di quest’ultima formu-
la, attraverso l’individuazione di alcuni fenomeni: 1) la crescente
importanza che nella società stava assumendo, rispetto alla dimensio-
ne statica del semplice godimento dei beni, il momento dinamico
dell’attività d’impresa, che si estrinsecava sia nella predisposizione di
rapporti strumentali con dirigenti, maestranze, consulenti, fornitori
ecc., sia nel collocamento della produzione sul mercato dei consuma-
tori a mezzo di rapporti contrattuali; 2) il crescente rilievo da attribuire
alle attività finanziarie rispetto alle attività reali (c.d. beni di utilità di-
retta) in genere e alla proprietà fondiaria in specie; 3) il continuo in-
cremento della produzione di servizi, per definizione privi di qual-
siasi connotazione di realità; 4) la necessità per qualsiasi impresa,
indipendentemente dalle dimensioni rivestite, di godere di credito
quale fattore indispensabile alla sua operatività sul mercato1.
1 Cfr. P. SCHLESINGER, Il «primato» del credito, in Riv. dir. civ., 1990, I, 825 ss.
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La constatazione della presenza dei fenomeni indicati, nel mo-
mento in cui ha consentito di distingure tra credito inteso come di-
ritto soggettivo contrapposto al debitore, nell’ambito del rapporto
obbligatorio, e credito concepito nell’accezione di industria del cre-
dito, ha finito per segnalare la presenza di un mercato di imprese, in
cui agli esercenti un’attività professionalmente organizzata per la
vendita di prestiti si contrappongono le ‘altre’ imprese, che dai
primi acquisiscono i mezzi necessari allo svolgimento della loro
attività commerciale.
Lo slittamento verso il primato del credito è poi proseguito con
l’entrata in vigore della l. n. 130 del 1999 sulla cartolarizzazione
dei crediti che, intervenendo a disciplinare l’innovativo processo
finanziario caratterizzato dalla conversione di crediti in titoli nego-
ziabili, ha favorito l’emersione di un nuovo mercato: quello in cui
al soggetto che cede uno o più portafogli di crediti, il c.d. originator, si
affianca altro soggetto, il c.d. special purpose vehicle, che ne acquista
la titolarità e provvede alla trasformazione dei crediti in asset-backed
securities da collocare sul mercato dei prodotti finanziari.
Se il mercato avente ad oggetto lo smobilizzo di crediti di mas-
sa, realizzabile attraverso la cessione degli assets da parte del-
l’originator in favore della società di cartolarizzazione, ha affianca-
to il (diverso) mercato che ha per protagonisti, da un lato, gli inter-
mediari creditizi e, dall’altro, le imprese che devono far ricorso al
prestito per poter operare, l’uno e l’altro non hanno esaurito il trend
che, dall’attenzione privilegiata per la proprietà, si è mosso nella
direzione del primato del credito.
Uno sguardo oltre oceano, favorito anche dalla consultazione
dei web sites delle principali trade associations statunitensi, la Loan
Syndacation and Trading Association (LSTA)2, la Securities Industry
and Financial Market Association (SIFMA)3 e la International Swaps
2 Secondo la definizione contenuta nella home page del sito ufficiale della
Loan Syndications and Trading Association, Inc., disponibile all’indirizzo
http://www.lsta.org, la predetta associazione è una “not-for-profit organization
dedicated to promoting the orderly development of a fair, efficient, liquid and
professional trading market for corporate loans originated by commercial banks
and other similar private debt.”
3 In base alle indicazioni rilevabili dal sito ufficiale http://www.sifma.org, la
Securities Industry and Financial Market Association è un’organizzazione che
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and Derivatives Association (ISDA)4, porta a constatare l’esistenza
di un altro mercato che potrebbe definirsi del distressed debt. Con
tale locuzione si intende far riferimento a quel mercato che ha ad
oggetto la compravendita di crediti (o titoli di altra natura) verso
aziende, che affrontano difficoltà finanziarie temporanee o perma-
nenti o che versano già in stato d’insolvenza5; in questo mercato6
rappresenta oltre 650 società di tutte le dimensioni (istituti bancari, istituti
finanziari e asset managers) operanti sui mercati finanziari americani e di tutto il
mondo. Tra le sue priorità vi sono la promozione di “effective and efficient
regulation”; lo sviluppo di un “more open, competitive and efficient global
capital markets”; l’incremento della “public’s trust in the securities industry and
financial markets”.
4 La International Swaps and Derivatives Association è l’associazione di cui
fanno parte gli industriali dei prodotti derivati. In base alle informazioni disponi-
bili sul sito ufficiale http://www.isda.org l’Isda è a livello mondiale la più grande
financial trade association per numero di società che vi aderiscono; oggi conta
oltre 830 partecipanti di 56 diverse nazioni facenti parte di tutti continenti.
5 Si veda in proposito D. CARDASCIA, Fondi speculativi, uno strumento per
investitori sofisticati, in Amministrazione & Finanza, 18/2006, 52, ss. ed in par-
ticolare 55 in cui l’autore specifica che i titoli distressed includono le azioni, le
obbligazioni, i crediti commerciali o finanziari di aziende che affrontano difficol-
tà finanziarie. In una prospettiva più ampia sul distressed debt si veda P.M.
Goldschmind, Note: More Phoenix than vulture: the case for distressed investor
presence in the bankruptcy reorganization process, 2005, Colum. Bus. L. Rev.,
191 ss.; R.J. MANN, Strategy and force in the liquidation of secured debt, 1996
Mich. L. Rev., 159 ss. ; S.C. GILSON, M.R. VETSUYPENS, The Washington
University interdisciplinary conference on bankruptcy and insolvency theory:
creditor control in financially distressed firms: empirical evidence, 1994, 72
Wash. U. L. Q., 1005 ss.
6 Appare utile constatare che negli Stati Uniti d’America al fine di favorire
le transazioni aventi ad oggetto pretese in distress è stata creata una piattaforma
telematica nota come secondmarket. Alla predetta piattaforma si accede attra-
verso l’indirizzo web www.secondmarket.com, in cui si legge che “Founded in
2004 … SecondMarket is the secondary market for illiquid, restricted and
alternative investments” e, tra le altre cose, che “Many unsecured claim holders,
who hold receivables and other debt against bankrupt companies, wait years for a
formal bankruptcy process to conclude before receiving final payment on what
they are owed. Through SecondMarket, creditors can monetize their claims now
while buyers can invest in a historically inefficient and decentralized asset class”
(ultima visita Dicembre 13, 2010).
Stando a quanto riportato sul sito (cfr. la sezione Bankruptcy claims market
all’indirizzo http://www.secondmarket.com/images/SecondMarket_Overview)
della predetta piattaforma telematica “SecondMarket, through an advanced
online trading platform and an experienced team of bankruptcy professionals,

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