Il servizio di assistenza religiosa negli ospedali e negli istituti di ricovero e cura

AutoreMaria Luisa Lo Giacco
Pagine41-70

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@1. L'assistenza spirituale nelle strutture di ricovero e cura come strumento a garanzia della libertà religiosa

La tutela della libertà religiosa dei degenti nelle strutture ospedaliere può essere studiata sotto due diverse angolature prospettiche: da un lato esaminando il sistema istituzionale di assistenza spirituale all'interno di tali strutture (sistema che riguarda i ricoverati di fede cattolica), dall'altro interrogandosi sugli strumenti di tutela della libertà religiosa dei degenti che appartengono alle confessioni di minoranza.

Per assistenza spirituale, o assistenza religiosa, si intende quel servizio che viene offerto all'interno degli ospedali e delle case di ricovero e cura, affinché chi è ricoverato in essi, e quindi fisicamente impedito a raggiungere i luoghi di culto, possa ugualmente esercitare il proprio diritto di libertà religiosa1. Page 42 Si tratta di un servizio coerente con quanto previsto dall'art. 19 della Costituzione, che disciplina il diritto di libertà religiosa, indicando una serie di facoltà da esso promananti, tra le quali il libero esercizio del culto2. In alcune situazioni, ed è il caso delle ed. "strutture obbliganti", o "segreganti", o "comunità separate", l'esercizio della libertà di culto sarebbe impossibile se lo Stato non intervenisse direttamente, predisponendo luoghi e autorizzando la presenza di personale apposito. L'intervento diretto della pubblica amministrazione in questo set- tore si giustifica alla luce della considerazione secondo la quale la libertà religiosa non costituisce una libertà negativa: lo Stato non si limita a eliminare le barriere o a non interferire nella libertà religiosa dei cittadini, ma si impegna, in coerenza con quanto disposto dall'art. 3 della Costituzione, a rimuovere gli ostacoli che impediscono l'effettivo esercizio di tale libertà3.Proprio la disciplina dell'assistenza spirituale mostra "l'accentuarsi del diritto ecclesiastico come legislatio libertatis, cioè come un diritto strumentalmente piegato alle esigenze della persona umana e della sua libertà, piuttosto che agli interessi ed alle esigenze delle istituzioni"4.

L'intervento diretto dello Stato nella materia dell'assistenza spirituale potrebbe destare perplessità alla luce della qualificazione laica del nostro ordinamento, operata dalla celebre sentenza della Corte Costitxizionale nº 203 del 1989. La Page 43 Corte ha infatti individuato nella laicità dello Stato uno dei principi supremi dell'ordinamento costituzionale, ma ha aggiunto anche che esso "implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale"5 Tale sottolineatura ha consentito alla dottrina di "parlare di un vero e proprio Stato laico sociale che riafferma la dimensione privatistica delle opzioni religiose, ma ne riconosce sovente l'eccezionale rilevanza sociale e normativa. Lo Stato interviene a più riprese per garantire la libertà di scelta dei cittadini, ma anche per favorire la soddisfazione dei bisogni religiosi di ciascuno"6. Ê alla luce di tale principio che si giustifica allora l'intervento dello Stato, che predispone, attraverso i servizi di assistenza religiosa, gli strumenti che consentono ai degenti nelle strutture ospedaliere (come anche agli intemati nelle case circondariali ad ai militari nelle caserme) di esercitare effettivamente e concretamente il proprio diritto di libertà religiosa. D'altronde, persino la separatista Francia ha un sistema di assistenza religiosa negli ospedali a carico dello Stato, e tale istituto è comune a gran parte degli ordinamenti europei7.

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Ê stato opportunamente evidenziato come l'assistenza spirituale negli ospedali non sia una questione che interessa esclusivamente la Chiesa cattolica, poiché lo stesso Stato ha interesse ad utilizzare la "cultura della sofferenza" elaborata dalla Chiesa9. Si diffonde, infatti, sempre più una mentalità che considera la realtà della malattia e della sofferenza come una condizione da rimuovere, per cui la vita di un malato, nel corpo o nella mente, viene considerata inutile. La persona sofferente appare così soltanto come un problema, tanto che si ritiene "ormai indispensabile rifondare sollecitamente una corretta antropologia della vita, della sofferenza, della morte stessa"9. Per altro verso, la scienza medica è ormai consapevole che la malattia non è soltanto un problema fisico ma investe tutte le dimensioni dell'individuo, in particolar modo la psiche, e che la guarigione può essere facilitata da un approccio terapeutico che comprenda anche l'attenzione alla dimensione spirituale del malato: "il bisogno psico-spirituale fa invero parte della struttura della persona; le risposte ad esso hanno valore terapeutico"10. Ê innegabile, infatti, il valore che la pratica religiosa può rappresentare per i malati, sia dal punto di vista psicologico, sia dal punto di vista del sollievo nella sofferenza fisica11Page 45

L'assistenza spirituale negli ospedali può essere considerata allora non sol tanto come un' attività diretta a garantire la libertà religiosa dei ricoverati, ma come un vero e propno ausilio nella cura dei pazienti.

@2. Dalla normativa unilaterale,..

La Chiesa cattolica prevede la possibilità che la cura pastorale "di una comunità o di un gruppo particolare di fedeli"12 venga affidata ad un sacerdote che viene denominato "cappellano", nominato dall'Ordinario del luogo, e al quale sono attribuite "tutte le facoltà che richiede una ordinata cura pastorale"; in particolare, il cappellano "in forza dell'ufficio, ha la facoltà di udire le confessioni dei fedeli affidati alle sue cure, di predicare loro la parola di Dio, di amministrare loro il Viatico e l'unzione degli infermi, nonché di conferire il sacramento della confermazione a chi tra loro versa in pericolo di morte"13. La figura del cappellano è prevista dall'ordinamento canonico proprio per venire incontro a "coloro che non possono usufruire, per la loro situazione di vita, della cura ordinaria dei parroci14e storicamente si è affermata in primo luogo per provvedere alla cura spirituale dei militari, in particolar modo di quelli impegnati in guerra15

La presenza dei cappellani ospedalieri è molto più recente, non era neppure prevista dal codice di diritto canonico del 1917, che prevedeva soltanto la figura del cappellano militare, poiché gli ospedali sono sempre stati storicamente sotto il diretto controllo dell'autorità ecclesiastica, controllo che rendeva ovviamente inutile la previsione dell'istituto del cappellanato16. Page 46 Soltanto in seguito all'intervento diretto dello Stato nella gestione degli ospedali e degli istituti di cura, intervento che trova la sua consacrazione nell'art. 32 della Costituzione italiana, che attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare "la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività" e di garantire "cure gratuite agli indigenti", la Chiesa si è posta il problema della sua presenza all'interno di tali strutture. Presenza che anche la legislazione statale ha presto ritenuto utile. Si è verificato così "un autonomo convergere del legislatore statale e del legislatore canonico nella medesima valutazione di un determinato bisogno e, soprattutto, nella individuazione degli strumenti più idonei al suo migliore soddisfacimento17

Infatti, la legge 12 febbraio 1968, nº 132, "Servizi sanitari e personale sanitario degli ospedali", all'art. 19 stabilisce che "gli ospedali, oltre a soddisfare le esigenze dell'igiene e della tecnica ospedaliera", devono possedere tutta una serie di requisiti, tra i quali il "servizio di assistenza religiosa". Il successivo art. 39 elenca il "personale di assistenza religiosa" all'interno del personale degli enti ospedalieri, insieme al personale sanitario, amministrativo, tecnico, sanitario ausiliario ed esecutivo; la norma specifica che per personale di assistenza religiosa si intende quello "costituito da ministri del culto cattolico, per l'assistenza religiosa agli infermi di confessione cattolica", aggiungendo che "gli infermi di altre confessioni religiose hanno diritto all'assistenza dei ministri dei rispettivi culti". Si è detto che con questa legge si istituisce all'interno degli ospedali pubblici "un servizio della p.a. avente a oggetto prestazioni che non hanno carattere ospedaliero, ma integrano Page 47 compiti ascrivibili alla competenza esclusiva dell'autorità ecclesiastica18 Inoltre, la stessa legge opera una distinzione tra degenti di confessione cattolica, per i quali l'assistenza religiosa è prevista stabilmente nell'ambito dei servizi ospedalieri, e degenti appartenenti alle altre confessioni religiose, per i quali è previsto solamente il diritto di chiedere, attraverso la direzione sanitaria che inoltrerà la richiesta alla confessione religiosa, l'assistenza di un ministro di culto della confessione di appartenenza. Ê questo, infatti, il meccanismo previsto dal D.P.R. 27 marzo 1969, nº 128, "Ordinamento intemo dei servizi ospedalieri", che all'art. 35 disciplina il servizio di assistenza religiosa negli enti ospedalieri stabilendo che "gli ospe- dali devono disporre di un servizio di assistenza religiosa" (I comma) e distinguendo tra l'assistenza religiosa cattolica, il cui ordinamento "è determinato dai regolamenti intemi, deliberati dagli enti ospedalieri, d'intesa con gli ordinari diocesani competenti per territorio" (II comma) e la cui organizzazione "è stabilita d'accordo con la direzione sanitaria" (III comma), e l'assistenza religiosa per i degenti che appartengano ad altra confessione religiosa. Infatti, in quest'ultimo caso, non essendo previsto un servizio stabile, sarà la direzione sanitaria a dover provvedere "a reperire i ministri di religione diversa dalla cattolica secondo la richiesta dell'infermo. Il relativo onere è a carico dell'ente ospedaliero" (V e VI comma). Ê da segnalare, inoltre, il...

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