Sentenza nº 11 da Constitutional Court (Italy), 29 Gennaio 2021

RelatoreAngelo Buscema
Data di Resoluzione29 Gennaio 2021
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 11

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO;

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 6, 8, comma 31, e 10, comma 10, della legge della Regione autonoma Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 4-7 marzo 2019, depositato in cancelleria l’8 marzo 2019, iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna;

udito nell’udienza pubblica del 13 gennaio 2021 il Giudice relatore Angelo Buscema;

uditi l’avvocato dello Stato Ruggero Di Martino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020;

deliberato nella camera di consiglio del 14 gennaio 2021.

Ritenuto in fatto

  1. – Con il ricorso notificato il 4-7 marzo 2019 e depositato il successivo 8 marzo (reg. ric. n. 43 del 2019), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre, questioni di legittimità costituzionale degli artt. 3, commi 1 e 6, 8, comma 31, e 10, comma 10, della legge della Regione autonoma Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilità 2019), in riferimento agli artt. 81, 117, secondo comma, lettere e) ed l), e terzo comma, della Costituzione e in relazione ai principi contabili di cui all’Allegato 4/2, punto 5.3, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42), e all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche».

    1.1.– L’art. 3, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, nella versione impugnata, prevede che «[n]elle more della stipula dell’accordo di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione autonoma della Sardegna concernente la definitiva quantificazione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica della Regione per gli anni 2019-2021, ai sensi dell’articolo 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici); dell’articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività); dell’articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), degli articoli 15, comma 22, e 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario); dell’articolo 1, commi 132 e 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Legge stabilità 2013); dell’articolo 1, commi 481 e 526, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), dell’articolo 1, comma 400, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015) e in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2015, a titolo di contributo alla finanza pubblica a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sono accertati e impegnati in favore dello Stato euro 250.245.000 per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 […]».

    Ad avviso del ricorrente, tale previsione, oltre a sottostimare di euro 446.000 annui il contributo alla finanza pubblica dovuto dalla Regione autonoma Sardegna per il triennio in considerazione, ne determinerebbe una riduzione di euro 285.309.000 per ciascun anno rispetto a quanto previsto dall’art. 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021). Ciò in ragione della mancata inclusione del contributo di cui all’art. 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, circoscritto temporalmente all’anno 2017 dalla sentenza n. 77 del 2015 di questa Corte, per la cui attuazione, in ossequio alla successiva sentenza n. 6 del 2019, era stato avviato un più ampio confronto tra Stato e Regione autonoma onde addivenire alla stipulazione di un’intesa diretta a una diversa modulazione dei flussi finanziari tra di essi. Nelle more di tale interlocuzione, la disposizione impugnata genererebbe nel bilancio dello Stato minori entrate pari all’ammontare del contributo non previsto, determinando un difetto di copertura finanziaria lesivo dell’art. 81 Cost.

    1.2.– L’art. 3, comma 6, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018, nella versione impugnata, prevede che «[i]l disavanzo di cui al comma 1 dell’articolo 2 della legge regionale n. 40 del 2018 non costituisce impedimento ai fini dell’utilizzo del margine corrente consolidato quale copertura degli investimenti pluriennali».

    Secondo il ricorrente, la disposizione impugnata, non considerando come effettivo disavanzo regionale la quota di cui al rendiconto 2017 generata dall’accantonamento al risultato di amministrazione delle perdite del sistema sanitario regionale, pari a euro 680.712.119,30, contrasterebbe con i principi espressi nell’Allegato 4/2 del d.lgs. n. 118 del 2011, il quale, a proposito delle spese di investimento (punto 5.3) e della copertura costituita dalla quota consolidata del saldo positivo di parte corrente (punto 5.3.5), prevede che «[l]a copertura degli impegni concernenti investimenti imputati agli esercizi successivi può essere costituita, distintamente per ciascuno degli esercizi di imputazione degli impegni, da una quota del saldo positivo di parte corrente, risultante dal prospetto degli equilibri allegato al bilancio di previsione, se risultano rispettate le seguenti condizioni (per le regioni a statuto ordinario si fa riferimento alla medesima quota del margine corrente al netto delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale): […] l’Ente non ha registrato un disavanzo di amministrazione in entrambi i due ultimi esercizi nuovo e aggiuntivo rispetto a quello registrato nell’esercizio precedente. Nel caso in cui l’esercizio precedente, non sia ancora stato rendicontato, si fa riferimento alla situazione risultante dal prospetto concernente il risultato di amministrazione presunto (se riferito ad esercizio ormai chiuso, il risultato di amministrazione presunto è predisposto sulla base di dati di preconsuntivo). Fino a quando il più vecchio degli ultimi due esercizi non è stato rendicontato il margine corrente consolidato non può costituire copertura degli impegni concernenti investimenti imputati agli esercizi successivi. Ai fini della verifica del rispetto della presente condizione, si considera il risultato di amministrazione (sia rendicontato che presunto) determinato tenendo conto degli accantonamenti, dei vincoli e delle risorse destinate, mentre non rileva il disavanzo costituito esclusivamente da maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, da disavanzo tecnico, da debito autorizzato e non contratto dalle regioni e dal disavanzo in corso di ripiano pluriennale riguardante gli esercizi successivi a quello in cui è stata ripianata la prima quota».

    Il contrasto della disposizione regionale con tali principi determinerebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., che...

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