Sentenza nº 22 da Constitutional Court (Italy), 11 Febbraio 2014
Relatore | Mario Rosario Morelli |
Data di Resoluzione | 11 Febbraio 2014 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 22
ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gaetano SILVESTRI Presidente
- Luigi MAZZELLA Giudice
- Sabino CASSESE
- Giuseppe TESAURO
- Paolo Maria NAPOLITANO
- Giuseppe FRIGO
- Alessandro CRISCUOLO
- Paolo GROSSI
- Giorgio LATTANZI
- Aldo CAROSI
- Marta CARTABIA
- Sergio MATTARELLA
- Mario Rosario MORELLI
- Giancarlo CORAGGIO
- Giuliano AMATO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dellart. 19 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, promossi dalle Regioni Lazio, Veneto, Campania, dalla Regione autonoma Sardegna e dalla Regione Puglia con ricorsi notificati il 12-17, il 12, il 13-17, il 12 e il 15-18 ottobre 2012, depositati in cancelleria il 16, il 17, il 18, il 19 e il 24 ottobre 2012 e rispettivamente iscritti ai nn. 145, 151, 153, 160 e 172 del registro ricorsi 2012.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nelludienza pubblica del 3 dicembre 2013 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli;
uditi gli avvocati Marcello Cecchetti per la Regione Puglia, Francesco Saverio Marini per la Regione Lazio, Luigi Manzi, Daniela Palumbo e Mario Bertolissi per la Regione Veneto, Beniamino Caravita di Toritto per la Regione Campania, Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna e lavvocato dello Stato Raffaele Tamiozzo per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
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Le Regioni Lazio, Veneto, Campania e Puglia, e la Regione autonoma Sardegna, con i ricorsi in epigrafe, hanno proposto questioni di legittimità costituzionale di varie disposizioni del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dellart. 1, comma 1, della legge 7 agosto 2012, n. 135, e, tra queste, dellart. 19.
In particolare, le disposizioni censurate sono quelle di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), ed ai commi da 2 a 6, con la precisazione, però, che le questioni relative ai commi 2, 5 e 6 sono state riservate a separata trattazione nella stessa udienza pubblica del 3 dicembre 2013.
In estrema sintesi, lart. 19, per quanto forma in questa sede oggetto di impugnazione, rispettivamente:
al comma 1, lettera a) che reca il nuovo testo del comma 27 dellart. 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122 ridefinisce le funzioni fondamentali dei Comuni ai sensi della lettera p) dellart. 117, secondo comma, Cost.
al comma 1, lettera b) − che sostituisce il comma 28 dellart. 14 anzidetto − dispone, con riferimento ai Comuni con popolazione fino ai 5.000 abitanti, lesercizio obbligatorio in forma associata delle funzioni fondamentali, mediante unione di Comuni o convenzioni di durata triennale;
al comma 1, lettera c) che aggiunge il comma 28-bis al citato art. 14 prevede che alle unioni di Comuni di cui al riscritto precedente comma 28 si applichi la disciplina di cui allart. 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sullordinamento degli enti locali) e successive modificazioni; e che ai Comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti si applichi quanto previsto al comma 17, lettera a), dellart. 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, a norma del quale il Consiglio comunale è composto dal sindaco e da sei consiglieri;
al comma 1, lettera d) che sostituisce il comma 30 dello stesso art. 14 − dispone che le Regioni, nelle materie di cui allart. 117, commi terzo e quarto, Cost., individuano le dimensioni territoriali ottimali per lesercizio delle funzioni in forma obbligatoriamente associata, mediante unioni e convenzioni;
al comma 1, lettera e) che sostituisce il comma 31 del medesimo art. 14 − individua il limite demografico minimo delle unioni di Comuni in 10.000 abitanti, salva diversa determinazione da parte della Regione;
al comma 3 − che sostituisce lart. 32 del citato d.lgs. n. 267 del 2000 − pone una disciplina articolata delle unioni di Comuni, con differenti profili, attinenti alle procedure di istituzione ed alla struttura organizzativa delle unioni, nonché alla disciplina delle funzioni che queste ultime sono destinate a svolgere;
al comma 4 prevede, per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, una facoltà di scelta tra i modelli organizzativi di cui ai precedenti commi 1 e 2.
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La Regione Lazio deduce che la disciplina recata dallart. 19 denunciato e, secondo il tenore della prospettazione, in particolar modo quella di cui al comma 1, lettere da a) a d) violerebbe il combinato disposto degli artt. 117, secondo comma, lettera p), terzo e quarto comma, Cost., ledendo le attribuzioni costituzionali regionali, dovendo essere ricondotta nellalveo di siffatte attribuzioni «la regolazione delle associazioni degli enti locali», là dove lo Stato dovrebbe «limitarsi a stabilire la disciplina in tema di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane, restando evidentemente esclusi da tale voce tutti gli aspetti riguardanti lassociazionismo di tali enti».
In questi termini sottolinea la ricorrente si sarebbe orientata la stessa giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 456 del 2005, n. 244 del 2005 e n. 229 del 2001), mettendo in luce il carattere «puntuale» della «tassativa» elencazione «degli enti, e degli aspetti della loro disciplina, contenuta nellart. 117, comma secondo, lettera p)».
E tali conclusioni la medesima ricorrente ha ribadito con memoria depositata in prossimità delludienza del 3 dicembre 2013 (cui è stata rinviata, a seguito di ordinanza n. 227 del 2012, la trattazione delle questioni), nella quale aggiunge che, sulla scorta dellorientamento della giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 27 del 2010), lesercizio associato di funzioni da parte degli enti locali è da ascriversi alla potestà legislativa residuale delle Regioni, salva leventualità di un intervento di contenimento della spesa pubblica in base ai principi di coordinamento della finanza pubblica, che però, nel caso di specie, non sarebbe ravvisabile, posto che la normativa denunciata risulta dettagliata e non transitoria.
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Anche la Regione Veneto assume che il denunciato art. 19, con le sue plurime disposizioni (e, in particolare, i commi 1, lettere da b ad e, e 3) le quali, là dove attengono specificamente ai Comuni, sono suscettibili di essere impugnate dalla Regione, giacché i profili di illegittimità che le riguardano «si traducono in altrettante violazioni dellautonomia regionale costituzionalmente garantita» violerebbe, in primo luogo, lart. 117, quarto comma, Cost., dal quale, letto in combinato disposto con il secondo e il terzo comma dello stesso art. 117, si ricaverebbe che la materia «forme associative tra gli enti locali» rientra nella potestà legislativa regionale residuale. Il che sarebbe, del resto, confermato dalla stessa giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 27 del 2010, n. 237 del 2009, n. 456 e n. 244 del 2005), che ha escluso, in riferimento alle comunità montane (e lo stesso varrebbe per le unioni di Comuni alle quali ha riguardo la norma denunciata), lintervento della competenza statale di cui alla lettera p) del secondo comma dellart. 117 Cost., ascrivendo la relativa disciplina alla competenza residuale delle Regioni.
Invero, nonostante le disposizioni di cui allart. 19 del d.l. n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, siano qualificate come norme di «coordinamento della finanza pubblica», esse sarebbero ben lungi dal costituire principi fondamentali di siffatta materia, posto che, per un verso, non si limitano a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, «intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente»; e, per altro verso, prevedono «in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi».
Inoltre, sarebbe violato anche lart. 118, primo comma, Cost., il quale non fa riferimento alle unioni di Comuni o alle convenzioni tra Comuni, che, pertanto, «dovrebbero essere, soprattutto nel rispetto del fondamentale art. 114 Cost., libere forme associative cui il Comune può (non deve) ricorrere».
Infine, la Regione Veneto sostiene che il «complesso di censure avanzate nei confronti dellart. 19» condurrebbe a ritenere sussistente anche la violazione dellart. 119 Cost., «peraltro anche con riguardo allautonomia finanziaria di entrata e di spesa dei Comuni», nonché degli artt. 3 e 97 Cost., «specialmente per il fatto che i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti sono obbligati tout court (e quindi in violazione del principio costituzionale di differenziazione) allesercizio mediante unione di Comuni o convenzione delle loro funzioni fondamentali».
3.1.− In prossimità delludienza del 3 dicembre 2013, la Regione Veneto ha depositato memoria con la quale insiste per lillegittimità costituzionale delle denunciate disposizioni dellart. 19.
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La Regione Campania ritiene, a sua volta, illegittimo il comma 1, lettera a) dellart. 19, «nella parte in cui, nel modificare la disciplina delle funzioni fondamentali dei comuni...
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