Sentenza nº 443 da Constitutional Court (Italy), 12 Ottobre 1990

RelatoreGiovanni Conso
Data di Resoluzione12 Ottobre 1990
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.443

ANNO 1990

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Dott. Francesco SAJA,

Giudici

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

ne] giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 444, secondo comma, e 445, primo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1990 dal Pretore di Roma nel processo penale a carico di Mallia Salvatore, iscritta al n. 235 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1990 il Giudice relatore Giovanni Conso.

Ritenuto in fatto

  1. - Prima dell'apertura di un dibattimento davanti al Pretore di Roma, imputato e pubblico ministero chiedevano l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale.

    Su eccezione della parte civile costituita, il Pretore, con ordinanza dei 23 febbraio 1990, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 25, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità degli artt. 444, secondo comma, e 445, primo comma, del codice di procedura penale del 1988, "laddove le norme in esame prevedono: la prima che il giudice, se vi é costituzione di parte civile, non debba decidere sulla relativa domanda; la seconda che, anche quando sia stata pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, la sentenza non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi".

    Il diritto di azione, assicurato dagli artt. 74 e seguenti del codice di procedura penale, come "espressione primaria" dell'art. 24, primo comma, della Costituzione, risulterebbe vulnerato a causa delle limitazioni imposte dalle norme denunciate: e ciò perchè, nonostante all'esercizio dell'azione civile in sede penale siano collegati "rilevanti effetti giuridici e sostanziali, quanto alla sussistenza dei fatti costitutivi del diritto al risarcimento" (artt. 538, 539, 540), risulterebbero vanificati "non solo la tutela giudiziaria riconosciuta alla persona offesa dal reato nel giudizio penale, ma anche gli effetti rilevanti da tale costituzione derivanti, e ascrivibili ad una previsione legislativa di "maggior favore" per il danneggiato, già previsti sotto la vigenza del vecchio c.p.p. e reiterati con l'entrata in vigore del nuovo, identificabili nella possibilità per il giudice penale di liquidare integralmente il danno subito dalla parte civile, di accordare a quest'ultima una provvisionale" e, infine, "di dichiarare provvisoriamente esecutivi i capi civili della sentenza".

    E ciò nonostante che il legislatore del 1988 non abbia, in via di principio, escluso la possibilità di far valere la pretesa civile nei procedimenti penali "speciali" caratterizzati dalla mancanza della fase dibattimentale: come é dimostrato dalla tutela assicurata alla parte civile nel giudizio abbreviato, procedimento che, a differenza dell'applicazione della pena su richiesta (v. art. 445, primo comma, ultima parte, del codice di procedura penale), attiene alla sola scelta del rito e che non comporta, quindi, come immancabile punto di approdo, una decisione di condanna.

    Sarebbe, inoltre, violato il principio del giudice naturale precostituito per legge, perchè "l'opzione dei rito speciale" preclude al giudice penale, "nel caso di costituzione di parte civile, di prendere in esame le istanze formulate da quest'ultima, così sottraendo all'autorità giudiziaria penale competente ai sensi dell'art. 74 c.p.p. (d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447) - in ordine ai diritti fatti valere in quella sede dai soggetti danneggiati dal reato - ogni decisione di carattere restitutorio o risarcitorio devoluti alla sua cognizione".

    Risulterebbe, infine, violato il principio di eguaglianza: in primo luogo, perchè i "benefici sostanziali quoad poenam" sono concessi all'imputato "a tutto scapito della parte civile". In secondo luogo, perchè si darebbe vita ad un'irrazionale disparità di trattamento fra il danneggiato da un reato "la cui previsione sanzionatoria edittale (pena contenuta nei due anni di reclusione) consente all'imputato di far ricorso all'istituto dell'applicazione su richiesta della pena" e il danneggiato da un reato per cui non é consentita l'applicazione della pena su richiesta, in quanto solo quest'ultimo soggetto può "esplicare immediatamente nel processo penale la propria azione civile, con tutti gli innegabili benefici e vantaggi inscindibilmente insiti a tale scelta". In terzo luogo, perchè, "a fronte di un identico reato, un imputato "può avvalersi" dell'istituto in oggetto, con esclusione della parte civile, difformemente da un altro imputato ch7e definisca la causa penale in via ordinaria".

    Il legislatore avrebbe, cioé, posto a fondamento dell'istituto dell'applicazione della pena su richiesta "l'astratta valutazione di gravità dei reati", prescindendo da ogni verifica quanto alle conseguenze civili di ciascun reato. Un criterio arbitrario perchè "a parità di condizioni, ossia di soggetti egualmente lesi dalla commissione di un reato, il legislatore ha configurato un sistema discriminatorio, escludendo di fatto - per una categoria di parti offese - il ricorso a rimedi giudiziari più celeri quali la costituzione di parte civile". Senza contare l'efficacia vincolante degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice penale alla stregua del disposto dell'art. 651 del nuovo codice di rito.

  2. - L'ordinanza, ritualmente notificata e comunicata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 20, prima serie speciale, dei 16 maggio 1990.

  3. é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, riportandosi integralmente alle deduzioni svolte con riferimento al giudizio instaurato dall'ordinanza emessa il 21 novembre 1989 dal Tribunale di Busto Arsizio, giudizio definito da questa Corte con ordinanza n. 129 del 1990.

    Considerato in diritto

  4. -Il Pretore di Roma sottopone al vaglio di questa Corte gli artt. 444, secondo comma, e 445, primo comma, del codice di procedura penale, rispettivamente .

    Le due norme impugnate, relative entrambe a quel particolare procedimento speciale denominato , sarebbero in contrasto, anzitutto, con l'art. 24, primo comma, della Costituzione perchè ; , con l'art. 25, primo comma, perchè-ed è preoccupazione che attiene essenzialmente alla questione riguardante l'art. 444, secondo comma - ; infine, con l'art. 3, sia perchè i notevoli benefici sostanziali e processuali riconosciuti all'imputato dagli artt. 444 e seguenti del codice di procedura penale vanno , sia perchè , rispetto , non sembra confortata , sia perchè altrettanto ingiustificata appare la discriminazione .

  5. -In tal modo il giudice a quo viene a far sue, parola per parola, le argomentazioni svolte e le conclusioni tratte nell'ordinanza di rimessione del Tribunale di Busto Arsizio, nei...

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