Sentenza nº 173 da Constitutional Court (Italy), 30 Luglio 1981

RelatoreLeopoldo Elia
Data di Resoluzione30 Luglio 1981
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 173

ANNO 1981

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Dott. GIULIO GIONFRIDA, Presidente

Prof. EDOARDO VOLTERRA

Dott. MICHELE ROSSANO

Prof. ANTONINO DE STEFANO

Prof. LEOPOLDO ELIA

Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN

Avv. ORONZO REALE

Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI

Avv. ALBERTO MALAGUGINI

Prof. LIVIO PALADIN

Dott. ARNALDO MACCARONE

Prof. ANTONIO LA PERGOLA

Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 25, comma quinto, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382) e dell'art. 1 della legge 17 luglio 1890, n. 6972 (Norme sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 14 dicembre 1978 dal giudice istruttore del Tribunale di Milano sul ricorso proposto dalla Pia Fondazione Rhodense ed altra contro il Comune di Rho, iscritta al n. 200 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 119 del 2 maggio 1979;

2) due ordinanze emesse il 22 marzo 1979 dal Tribunale di Milano sui ricorsi proposti dall'Opera Pia Fondazione Biffi e Opera Pia don Adalberto Catena contro il Comune di Milano e la Regione Lombardia ed altro, iscritte ai nn. 558 e 559 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 265 del 26 settembre 1979.

Visti gli atti di costituzione della Pia Fondazione Rhodense, dell'Opera Pia Don Adalberto Catena, dell'Opera Pia Fondazione Biffi e del Comune di Milano e gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Regione Lombardia;

udito nell'udienza pubblica del 29 aprile 1981 il giudice relatore Leopoldo Elia;

uditi gli avvocati Aldo Sandulli per le Opere Pie Fondazione Biffi e don Adalberto Catena, Pietro Marchese e Mario Bassani per il Comune di Milano, Paolo De Camelis per la Pia Fondazione Rhodense e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. - Con ordinanza emessa il 14 dicembre 1978 il giudice istruttore del Tribunale di Milano, nel corso del procedimento cautelare (sequestro giudiziario) promosso dalla Pia Fondazione Rhodense, in pendenza di giudizio di merito, relativo all'accertamento del diritto di detta fondazione di conservare la titolarità delle sue funzioni e dei suoi beni, pur dopo la nuova normativa che prevede il trasferimento dei beni IPAB ai comuni (art. 25, quinto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, recante "Attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382") e nell'imminenza di tale trasferimento (previsto per il 1 gennaio 1979 dalla detta norma) oltre che in pendenza di regolamento di giurisdizione (in seguito al quale il giudizio di merito era stato sospeso), sollevava questione di legittimità costituzionale del detto art. 25, quinto comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, per contrasto con gli artt. 76, 77, primo comma, 117, 118, 38, ultimo comma, della Costituzione e dell'art. 1 della legge 17 luglio 1890, n. 6972 e successive modificazioni, recante "Norme sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza", che sottopone a regime pubblicistico tali istituti, per contrasto con l'art. 38, ultimo comma, della Costituzione.

    La questione sarebbe rilevante, ad avviso del giudice a quo, dato che, ove fosse dichiarata l'incostituzionalità delle norme che ne sono oggetto, verrebbe anche ad esistere il fumus boni juris necessario per concedere il provvedimento cautelare.

    Sussisterebbe del pari la "non manifesta infondatezza". L'art. 1, lettere a), b) ed e) della legge 22 luglio 1975, n. 382 - Norme sull'ordinamento regionale e sulla organizzazione della pubblica amministrazione - delega infatti il Governo ad emanare uno o più decreti aventi valore di legge, diretti a trasferire alle regioni, tra l'altro, le funzioni amministrative statali necessarie a completare quelle già attribuite, nonchè le funzioni in precedenza esercitate da enti pubblici nazionali od interregionali ed a trasferire ai comuni, alle province ed alle comunità montane funzioni di esclusivo interesse locale. L'art. 25, quinto comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, nel prevedere a sua volta il trasferimento di "funzioni, personale e beni" delle IPAB regionali in favore dei comuni, risulterebbe illegittimo, sotto almeno tre profili: perchè la legge di delega, con riferimento ai comuni, non consentirebbe il trasferimento di funzioni in precedenza esercitate da enti con personalità giuridica autonoma (la qual cosa esplicitamente consente solo con riferimento alla regione) e perchè non consentirebbe il trasferimento di qualsiasi funzione infraregionale ai comuni medesimi ma solo di funzioni aventi interesse esclusivamente locale. Il trasferimento previsto dalla legge n. 382 del 1975 dovrebbe intendersi infine, mancando esplicite disposizioni in senso contrario, riferito ai soli enti in rapporto strumentale rispetto allo Stato e non a tutti gli enti pubblici.

    Un trasferimento più ampio sarebbe, del resto, incompatibile con gli artt. 117 e 118 della Costituzione che si riferiscono alle attività qualificabili come "funzione amministrativa" esercitate in precedenza dallo Stato o, a tutto concedere, anche da enti strumentali ma non alle attività esercitate da enti autonomi che perseguono fini propri, pur quando sono dotati di personalità giuridica pubblica.

    Il trasferimento ai comuni delle IPAB contrasterebbe inoltre con il principio di libertà dell'assistenza privata enunziato dall'art. 38, ultimo comma, della Costituzione. Vero è che l'art. 1 della legge 17 luglio 1890, n. 6972 conferisce carattere pubblicistico, al fine di assoggettarlo ai controlli governativi, a qualunque istituto sia diretto a prestare ai poveri "assistenza, educazione, istruzione, avviamento a qualche professione, arte o mestiere"; ma il principio di libertà dell'assistenza privata esigerebbe, quanto meno, che non venissero alterati i caratteri essenziali dell'ente, pur pubblicizzato, quando questo sia sorto dall'iniziativa privata e sia alimentato con denaro privato. Ove questo limite non si ritenesse di poter affermare, la censura di costituzionalità verrebbe allora ad investire lo stesso art. 1 della menzionata legge n. 6972 del 1890, dato che lascerebbe alla beneficenza privata margini talmente ristretti (comitati temporanei di soccorso, fondazioni di famiglia) da non essere compatibili con l'affermata libertà della medesima.

  2. - Interveniva il Presidente del Consiglio dei ministri, attraverso l'Avvocatura dello Stato, deducendo l'infondatezza della questione.

    Non sarebbe significativa la differenza, rilevata nell'ordinanza del giudice a quo, tra la dizione delle lettere a) e b) dell'art. 1 della legge n. 382 del 1975 e la dizione della lettera e): nel primo caso, infatti, ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, occorreva precisare (per correggere l'indirizzo restrittivo in proposito affermato dall'art. 17 della precedente legge 16 maggio 1970, n. 281) che le attribuzioni trasferite erano sia quelle in precedenza svolte dallo Stato sia quelle svolte da enti pubblici; nel secondo caso nessuna precisazione occorreva dato che nulla in precedenza era stato disposto in ordine ai comuni ed alle province. Le parole "funzioni amministrative" di cui alla lettera e) dovrebbero dunque intendersi comprensive di ambedue le ipotesi contemplate dalle precedenti lettere a) e b) e cioé sia delle funzioni svolte dallo Stato sia delle funzioni svolte da enti pubblici con personalità giuridica autonoma. Il terzo comma del medesimo art. 1 della legge n. 382 del 1975, del resto, precisando, senza distinguere fra trasferimento ai comuni, alle province od alle regioni, che il legislatore delegato dovrà uniformarsi a criteri oggettivi al fine di ricomporre settori organici di materie, senza aver riguardo alle competenze dei Ministeri, degli organi periferici dello Stato e delle altre istituzioni pubbliche, eliminerebbe ogni residuo dubbio, escludendo appunto che in qualsiasi caso possa aver rilievo il criterio dell'appartenenza soggettiva della funzione stessa.

    Le istituzioni di pubblica beneficenza infraregionali trasferite dal d.P.R. n. 616 del 1977 ai comuni svolgerebbero, d'altra parte, quelle funzioni di interesse locale cui si riferisce l'art. 1, lettera e) della legge n. 382 del 1975: neppure sotto questo profilo sussisterebbe dunque eccesso di delega.

    Quanto disposto corrisponderebbe al disegno tracciato dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, che definiscono le competenze regionali mediante criteri strettamente oggettivi, in relazione alle materie, senza distinguere tra competenze precedentemente svolte dallo Stato, da enti pubblici strumentali od ausiliari. Limitazioni soggettive non risultano neppure dalle norme che concernono gli enti territoriali minori (art. 128, Cost.). Argomenti in senso contrario non potrebbero desumersi dalla VIII disposizione transitoria che regolerebbe un solo aspetto (forse il più cospicuo) del trasferimento di poteri alle regioni ma non intenderebbe modificare il disegno complessivo delineato dagli artt. 117 e 118 della Costituzione.

    Una volta poi che lo Stato ha assunto tra i propri compiti quello di provvedere anche all'assistenza dei bisognosi non può, ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, revocarsi in dubbio che l'attività conseguente sia riconducibile al concetto di "funzione amministrativa".

    La libertà dell'assistenza privata non implicherebbe, d'altra parte, un dovere di ripristinare quelle istituzioni che già con la legge del 1890 erano state dichiarate pubbliche, nè un limite alla estensione dell'assistenza pubblica in generale. Ove la Costituzione ha inteso garantire più intensamente l'attività sociale dei privati, ad esempio in materia scolastica, le norme hanno assunto diversa e ben maggiore precisione. Nella stessa Assemblea costituente, del resto, si...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA
3 temas prácticos
2 sentencias
  • Sentenza nº 411 da Constitutional Court (Italy), 14 Dicembre 2006
    • Italia
    • 14 Dicembre 2006
    ...(Attuazione della delega di cui allíart. 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382) ñ la deducente ricorda come la Corte costituzionale (sentenza n. 173 del 1981) abbia dichiarato incostituzionale la norma (art. 25, comma quinto, del d.P.R. n. 616 del 1977) che, trasferendo ai comuni personale, ben......
  • Sentenza nº 195 da Constitutional Court (Italy), 28 Aprile 1992
    • Italia
    • 28 Aprile 1992
    ...del d.P.R. del 1977, n. 616. Essendo stata questa ultima disposizione dichiarata parzialmente illegittima con sentenza della Corte costituzionale n. 173 del 1981, la disposizione regionale attuativa verrebbe ad essere praticamente relegata nella sfera della Inoltre la norma sospettata di in......

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT