Sentenza nº 203 da Constitutional Court (Italy), 20 Luglio 2012

RelatoreAlessandro Criscuolo
Data di Resoluzione20 Luglio 2012
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 203

ANNO 2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Alfonso QUARANTA Presidente

- Franco GALLO Giudice

- Luigi MAZZELLA ”

- Gaetano SILVESTRI ”

- Sabino CASSESE ”

- Giuseppe TESAURO ”

- Paolo Maria NAPOLITANO ”

- Giuseppe FRIGO ”

- Alessandro CRISCUOLO ”

- Paolo GROSSI ”

- Giorgio LATTANZI ”

- Aldo CAROSI ”

- Marta CARTABIA ”

- Sergio MATTARELLA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 49, comma 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dalla Provincia autonoma di Trento con ricorso notificato il 28 settembre 2010, depositato in cancelleria il 6 ottobre 2010 ed iscritto al n. 105 del registro ricorsi 2010.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2012 il Giudice relatore Alessandro Criscuolo;

udito l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. — La Provincia autonoma di Trento, con ricorso notificato al Presidente del Consiglio dei ministri il 28 settembre 2010, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 6 ottobre 2010 (r. ric. n. 105 del 2010), ha promosso questioni di legittimità costituzionale, tra gli altri, dell’articolo 49, comma 4-ter (se e in quanto riferito alle Province autonome), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per violazione: dell’articolo 8, numeri 1), 9), 14), e 20), e dell’articolo 9, numeri 3), 7), e 10), del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino Alto Adige), o comunque per violazione del Titolo V della Parte II della Costituzione in connessione con l’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), in particolare degli articoli 117, 118, 119 e 120 della Costituzione, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino Alto Adige, concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento) e, infine, del principio di leale collaborazione.

    La ricorrente premette di essere dotata di autonomia finanziaria, ai sensi del Titolo VI dello statuto speciale, di recente modificato per meglio armonizzare la speciale autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con le esigenze della situazione finanziaria dello Stato, anche nel quadro degli impegni assunti nell’ambito dell’Unione europea e per tenere conto delle esigenze di solidarietà derivanti anche dalla attuazione del “federalismo fiscale”, quale prefigurato dalla legge di delega 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione).

  2. — Ciò posto, la Provincia autonoma di Trento, richiamato il contenuto dell’art. 49, commi 4-bis e 4-ter, dubita che tali norme si applichino alle Province autonome. Tuttavia, la mancanza di una specifica clausola di salvaguardia, nel contesto di una legge che pure ne contiene, non esclude con ragionevole sicurezza una diversa interpretazione. La Provincia autonoma di Trento, dunque, censura l’art. 49, comma 4-ter, se ed in quanto ad essa applicabile.

    Ad avviso della ricorrente, anche se le disposizioni citate fossero attinenti ai «livelli essenziali delle prestazioni», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, o alla «tutela della concorrenza» di cui alla lettera e) del medesimo comma, ciò non consentirebbe affatto di farle entrare a questo titolo nelle materie di competenza statutaria provinciale. La nuova definizione di materie riservate allo Stato operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 verrebbe a limitare l’ampiezza della potestà legislativa provinciale delineata dallo statuto. Ma ciò sarebbe da escludere, impedendolo la clausola di cui all’art. 10 della stessa legge costituzionale, la quale prevede l’estensione delle nuove norme del Titolo V della Parte II della Costituzione alle autonomie speciali, ma solo in quanto ciò si traduca per esse in maggiore autonomia rispetto alla situazione statutaria. Per le autonomie speciali, dunque, anche le norme emanate in base ai titoli di cui all’art. 117, secondo comma, Cost. potrebbero operare soltanto nel quadro dei limiti statutari alle competenze provinciali, quali delineati dagli artt. 8 e 9 dello statuto speciale, in relazione alle potestà legislative primarie e concorrenti della Provincia.

  3. — Ciò posto, e premesso che l’autoqualificazione operata dal legislatore non ha carattere vincolante, la ricorrente contesta innanzi tutto che la disciplina sulla «Segnalazione certificata di inizio attività» (d’ora in avanti SCIA) attenga ai «livelli essenziali delle prestazioni», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

    La giurisprudenza costituzionale, in effetti, avrebbe precisato, in positivo, che la citata lettera m) consente allo Stato soltanto di fissare «standard strutturali e qualitativi delle prestazioni da garantire agli aventi diritto» (sono richiamate le sentenze n. 10 del 2010 e n. 207 del 2010). Con le disposizioni sulla SCIA, invece, non sarebbe stabilito alcuno standard di prestazioni determinate, attinenti a questo o a quel “diritto” civile o sociale, garantito dalla stessa Costituzione.

    Al contrario, sarebbe regolato in un certo modo lo svolgimento dell’attività amministrativa, in settori molto vasti e indeterminati, alcuni di indiscutibile competenza provinciale: oltre alla tutela e conservazione del patrimonio storico, artistico e popolare, all’urbanistica, alla tutela del paesaggio, all’igiene e sanità, sarebbero incise le materie dell’ordinamento degli uffici provinciali, dell’artigianato, delle miniere, del turismo, del commercio, degli esercizi pubblici, dell’industria, cioè materie spettanti alla Provincia, in forza dello statuto speciale (art. 8, numeri 1, 9, 14 e 20; art. 9, numeri 3, 7 e 10) o del nuovo Titolo V della Costituzione, in connessione con l’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

    In tal modo, però, sarebbero violate le citate norme costituzionali e statutarie, per le quali la disciplina delle funzioni amministrative di regola non può che spettare allo Stato o alla Provincia, secondo il riparto delle competenze per materia. Sarebbe evidente che lo Stato non può, semplicemente appellandosi alla fissazione dei livelli essenziali, riservarsi la regolamentazione di interi settori materiali. Inoltre, non potrebbe essere confusa la determinazione dei livelli delle prestazioni e la disciplina delle posizioni soggettive degli amministrati, mentre la distinzione sarebbe in effetti necessaria. Infatti, se non fosse eseguita, poiché ogni diritto o interesse implica un qualche comportamento altrui (anche solo omissivo), la competenza sulla materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. consentirebbe allo Stato qualunque intervento conformativo di qualsiasi posizione soggettiva in ogni materia regionale o provinciale. Il che non potrebbe essere.

    Tale confusione sarebbe evidente nella disciplina relativa alla SCIA che, nella sua rigidità, potrebbe determinare in alcuni casi una diminuzione dei livelli essenziali delle prestazioni cui hanno diritto persone destinatarie dell’attività assentita mediante segnalazione certificata: quando, ad esempio, in conseguenza delle limitazioni temporali e sostanziali alla attività di accertamento e di controllo della pubblica amministrazione, sia praticamente impedita la verifica del rispetto di standard qualitativi di determinate prestazioni attinenti ai diritti sociali.

    La ricorrente non contesta che alcuni istituti della cosiddetta “semplificazione amministrativa” (cui la SCIA è riconducibile) possano concretizzare o esprimere limiti vincolanti per le potestà legislative provinciali, ma ciò postula sempre una valutazione complessiva – alla luce del tipo di potestà legislativa coinvolta – di tutti gli interessi che vengono in rilievo nella singola materia interessata, valutazione “concreta” soggetta al controllo della Corte; e il controllo, a sua volta, per essere effettivo, non può che riguardare norme riferite a ben determinati settori.

    Il punto di equilibrio tra interesse del singolo ad iniziare quanto prima una certa attività e l’esercizio del potere-dovere dell’amministrazione di tutelare secondo legge gli altri interessi toccati da quell’attività potrebbe essere diverso, a seconda che questi ultimi attengano al governo del territorio, oppure alla tutela della salute o alla tutela del lavoro (il riferimento al governo del territorio e alla tutela della salute o del lavoro non sarebbe casuale, evocando interessi che il comma 4-bis non prende in considerazione, ai fini dell’esclusione dell’ambito di operatività della SCIA).

    La ricorrente aggiunge che esigenze di semplificazione possono derivare anche dalla normativa comunitaria, vincolante per la Provincia, ed in particolare dalla direttiva 12 dicembre 2006/123/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi nel mercato interno). Ma anche la normativa comunitaria è attenta: a) a far salva la peculiarità dei singoli settori, ammettendo che in taluni casi l’autorizzazione allo svolgimento di certe attività sia subordinata allo svolgimento di un “adeguato esame” sulla presenza delle “condizioni stabilite”...

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