Sentenza nº 235 da Constitutional Court (Italy), 13 Luglio 1997

RelatoreGustavo Zagrebelsky
Data di Resoluzione13 Luglio 1997
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N.235

ANNO 1997

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Prof. Carlo MEZZANOTTE "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Guido NEPPI MODONA "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 8, terzo comma, della legge 16 dicembre 1977, n. 904 (Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e al regime tributario dei dividendi e degli aumenti di capitale, adeguamento del capitale minimo delle società e altre norme in materia fiscale e societaria) e 45 della legge 20 maggio 1985, n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi), promosso con ordinanza emessa il 23 febbraio 1996 dalla Commissione tributaria di primo grado di Venezia sul ricorso proposto dalla Comunità ebraica di Venezia contro l'Ufficio del registro di Mestre, iscritta al n. 594 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di costituzione della Comunità ebraica di Venezia nonchè l'atto di intervento dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane;

udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1996 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky;

uditi gli avvocati Giuliano Tabet e Massimo Luciani per la Comunità ebraica di Venezia e per l'Unione delle Comunità ebraiche italiane.

Ritenuto in fatto

  1. - Nel corso di un giudizio tributario proposto avverso l'avviso di liquidazione dell'INVIM straordinaria per il 1991, introdotta dall'art. 1 del decreto-legge 13 settembre 1991, n. 299 (Disposizioni concernenti l'applicazione nell'anno 1991 dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 643, i versamenti dovuti a seguito delle dichiarazioni sostitutive in aumento del reddito dei fabbricati e l'accertamento di tali redditi, nonchè altre disposizioni tributarie urgenti), convertito, con modificazioni, nella legge 18 novembre 1991 n. 363 - giudizio nel corso del quale si lamentava il mancato riconoscimento, da parte dell'ufficio finanziario, del diritto all'integrale esenzione dall'imposta derivante dalla natura del ricorrente di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto ai sensi della legge 8 marzo 1989, n. 101 (Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Unione delle Comunità ebraiche italiane) - la Commissione tributaria di primo grado di Venezia ha sollevato, con ordinanza del 23 febbraio 1996, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 8, 19, 20 e 53 della Costituzione, dell'art. 8, terzo comma, della legge 16 dicembre 1977 n. 904 (Modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e al regime tributario dei dividendi e degli aumenti di capitale, adeguamento del capitale minimo delle società e altre norme in materia fiscale e societaria) "in via autonoma ed in quanto richiamato" dall'art. 45 della legge 20 maggio 1985, n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi), nonchè dello stesso art. 45 della legge n. 222 del 1985, applicabile all'INVIM straordinaria per l'anno 1991 in base al rinvio di cui all'art. 1, comma 8, del decreto-legge 13 settembre 1991, n. 299, convertito, con modificazioni, nella legge 18 novembre 1991, n. 363, entrambe le norme "nella parte in cui dichiarano esenti dall'INVIM periodica i soli immobili appartenenti ai benefici ecclesiastici, agli Istituti diocesani ed all'Istituto centrale per il sostentamento del clero, quale che ne sia la destinazione ed utilizzazione, escludendo invece dall'agevolazione quegli stessi immobili se appartenenti ad istituzioni aventi personalità giuridica e dotazione patrimoniale che siano espressione o emanazione di confessioni religiose ammesse dallo Stato e diverse dalla religione cattolica".

    Nell'ordinanza di rimessione si sostiene, in primo luogo, la rilevanza delle questioni per il fatto che un'eventuale decisione di accoglimento - dalla quale deriverebbe la reclamata esenzione generale per tutti gli immobili di appartenenza - renderebbe superfluo accertare, nel giudizio principale, se gli immobili in questione siano destinati all'esercizio delle attività istituzionali dell'ente ricorrente (in questa sola ipotesi configurandosi la esenzione specifica di cui all'art. 25, secondo comma, lettera c) del decreto istitutivo dell'INVIM n. 643 del 1972); quindi si afferma l'ammissibilità della richiesta di una sentenza additiva in tema di agevolazioni tributarie poichè, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 108 del 1983 e 86 del 1985), sarebbe la stessa ratio dei benefici, illegittimamente accordati ad una sola categoria di soggetti, ad esigere una siffatta estensione.

    Nel merito il giudice rimettente rileva che, all'origine, gli artt. 3 e 25, secondo comma, lettera c) del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili) in tema di INVIM decennale non introducevano alcuna differenza tra confessioni religiose per il regime degli immobili facenti parte dei rispettivi patrimoni da assoggettare al tributo. Successivamente l'art. 8, terzo comma, della legge n. 904 del 1977 ha disposto l'esenzione dall'INVIM periodica di tutti gli immobili appartenenti ai benefici ecclesiastici, indipendentemente dalla loro effettiva destinazione e quindi anche se locati a terzi. In seguito l'art. 45 della legge n. 222 del 1985 ha esteso tale agevolazione anche agli immobili posseduti dagli Istituti per il sostentamento del clero, nonostante fosse, nel frattempo, cessato il regime delle congrue.

    A quest'ultimo riguardo ricorda che la Corte di cassazione (sentenza n. 5 del 1991) ha precisato che l'esenzione in parola non era accordata solo allo scopo di sollevare lo Stato dalla necessità di versare ai titolari del beneficio supplementi di congrua, dal momento che tale esenzione riguardava anche gli immobili di "benefici ricchi", per i quali non si poneva alcun problema di corresponsione di somme congruate da parte dello Stato. E ciò perchè, secondo quella giurisprudenza, la ratio della esenzione era ed é tuttora rinvenibile "nell'intento dello Stato di favorire il buon funzionamento degli organi fondamentali della Chiesa cattolica".

    Ma in un ordinamento ispirato al pluralismo delle confessioni e al principio della loro parità nei confronti dello Stato, l'interesse al buon funzionamento degli organi e delle istituzioni che perseguono fini di religione e di culto non può che essere "di tipo indifferenziato e indiscriminato", per cui le norme di esonero in favore di alcuni soltanto di quelli violano i principi costituzionali relativi all'interesse dello Stato di favorire il fenomeno religioso; interesse, che si può realizzare anche mediante sovvenzioni indirette...

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