Lo sport tra ordinamento nazionale e ordinamento sovranazionale

AutoreAlberto Randazzo
Pagine79-96

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@1. Brevi osservazioni introduttive

È un dato di comune acquisizione quello per cui lo sport va sempre di più attirando l’attenzione dei giuristi di varie discipline, tant’è che il modo più proficuo per accostarvisi appare essere proprio quello interdisciplinare.

Una duplice avvertenza preliminare si impone, in primo luogo con riferimento alla natura di questa riflessione, che si presenta come meramente introduttiva rispetto a studi specifici e maggiormente approfonditi; in secondo luogo, si dedicherà più spazio al trattamento che lo sport ha ricevuto dal diritto comunitario, il cui interesse in mate- ria è ormai diventato fondamentale punto di riferimento per lo studio del fenomeno in parola ed è da reputare, in prospettiva de iure condendo, un imprescindibile dato da cui muovere verso una più organica e soddisfacente disciplina dello stesso anche entro le mura domestiche del singolo Stato.

@2. Lineamenti dei rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale (con particolare riferimento all’autonomia del primo sul piano dei meccanismi di garanzia ed alla dubbia conformità a costituzione di questi ultimi)

Volto a coinvolgere ed avvicinare popoli diversi, e strumentale quindi alla integrazione delle culture1, lo sport presenta carattere mondiale2. A tal proposito, infatti, puòPage 80osservarsi come quello sportivo possa essere ben raffigurato come un sistema di cerchi concentrici, “diritto sovrastatale e insieme astatale … quello dell’ordinamento sportivo”3, che rappresentano i diversi piani entro cui i soggetti costantemente si muovono: da quello individuale a quello collettivo, in un continuo passaggio dal macro- ai micro- ordinamenti, che del primo ne definiscono i contorni, sotto l’egida di regole comunemente accolte4.

Nell’ambito nazionale, lo sport può essere studiato sotto un duplice angolo visuale: istituzionale ed individuale. Come può intuirsi, non si tratta di prospettive nettamente separate ma al contrario, come si tenterà di dimostrare, di due dimensioni del fenomeno in grado di influenzarsi e di implicarsi a vicenda. Sotto il primo profilo (istituzionale), viene in rilievo in via preliminare il rapporto tra l’ordinamento statale e quello sportivo (e tra le relative norme); che quello sportivo costituisca, infatti, un vero e proprio ordinamento è un dato pacifico. La presenza degli elementi della normazione, della plurisoggettività e dell’organizzazione valgono a connotare come autonomo e speciale il sistema sportivo5. Accogliendo, infatti, la nota teoria della pluralità degli ordinamenti6, è possibile individuare all’interno del macro-ordinamento statale anche quello sportivo, che dal primo ottiene riconoscimento. D’altra parte, lo stesso art. 2 Cost. nel dare rilievo alle formazioni sociali suggella anche quella sportiva, che indubitabilmente si pone luogo e, allo stesso tempo, mezzo attraverso cui l’uomo è in grado di sviluppare la propria personalità7.

Se i rapporti tra ordinamento statale e sportivo possono definirsi di “mutuo non disconoscimento”8, la convivenza fra gli stessi appare tuttavia fondata – ad avviso di chi scrive – su un equilibrio che, sebbene assodato, si mostra fragile e suscettibile, in prospettiva de iure condendo, di essere rivisto.

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A tal proposito, ad es., occorre sottolineare la peculiarità rappresentata dal sistema di giustizia sportiva9; com’è noto, si tratta di una giurisdizione particolare (da alcuni ritenuta speciale) deputata a dirimere le controversie che insorgono in ambito sportivo e tra i soggetti sportivi (da intendere come comprensivi sia degli atleti che di tutti coloro a vario titolo operanti all’interno delle federazioni). Occorre a tal proposito rilevare l’importanza dell’intervento operato dalla legge n. 280 del 2003, con cui è stato convertito il decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, “recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva” (c.d. decreto “salva calcio”). Una legge che ha, tuttavia, posto una disciplina insufficiente a regolamentare un sì complesso aspetto del fenomeno sportivo10. A motivo dell’urgenza dettata dal bisogno di convertire il predetto decreto, essa appare il risultato di una frettolosa operazione politico-normativa che – per quanto giustificata ed opportuna di fronte alla non procrastinabile esigenza di regolamentazione del settore – non sembra sia bastata a dissipare le ombre che a tutt’oggi avvolgono la giustizia sportiva. Ribadita “l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale” (art. 1, c. 1)11, la legge si premura di far “salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo” (art. 1, c. 2); all’art. 2, poi, vengono elencate le materie di giurisdizione esclusiva dell’ordinamento sportivo entro le quali “le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l’onere di adire … gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo”. Quanto detto, basta già a sollevare un primo dubbio interpretativo del testo; cosa si intende, infatti, per: “salvi i casi di rilevanza”? Una risposta a questo primo interrogativo sembra semplice; i “casi” di cui si parla dovrebbero essere (e su questo dottrina e giurisprudenza appaiono unanimi) le ipotesi in cui siano in gioco diritti soggettivi e interessi legittimi. Quando dovesse verificarsi una tale evenienza, ogni sportivo dovrebbe poter adire gli organi di giustizia statale e – cosa che più importa – senza rischiare alcuna sanzione disciplinare da parte della Federazione di appartenenza per non essersi rivolto ai giudici sportivi. Tuttavia, nei fatti, è noto come Page 82– per non incorrere in tale rischio – sia necessaria una sorta di “autorizzazione” da parte della Federazione stessa, così vanificandosi o per lo meno in rilevante misura comprimendosi il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.12. A quanto detto potrebbe obiettarsi che un tale sistema di giustizia parrebbe giustificato dal c.d. “vincolo di giustizia”13, cui lo sportivo volontariamente si sottopone, nonché dalla presenza delle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti di giustizia delle varie Federazioni e accettate dallo sportivo in sede contrattuale; a tal proposito, però, occorre, in primo luogo, ricordare come non siano compromettibili i diritti indisponibili; in ogni caso, poi, dal vincolo di giustizia dovrebbero farsi “salvi i casi di rilevanza”, potendo (o meglio dovendo) il suddetto vincolo riguardare solo i casi di giurisdizione riservata enunciati dalla legge in discorso14.

Alla luce di quanto appena detto, la legge, pur non brillando per chiarezza, sembra voler meglio definire il rapporto tra l’ordinamento statale e quello sportivo; infatti se, da un lato, il primo riconosce l’autonomia del secondo, dall’altro riserva a sé, come si è visto, la disciplina di situazioni rilevanti cui, anche volendo, non può abdicare15.

È possibile rilevare come l’ordinamento sportivo e quello statale convivano, pur cercando di ritagliarsi (almeno questa è l’impressione che se ne ricava) ulteriori spazi che – com’è ovvio – nessuno dei due è disposto a cedere all’altro. Ad avviso di chi scrive, la reale dinamica dei rapporti tra ordinamento statale e sportivo non può che svolgersi attraverso reciproche concessioni, non potendo però il primo rinunciare a pretendere dal secondo il rispetto dei principi fondamentali, quanto meno nella stessa misura in cui ne pretende la salvaguardia, ad es., nei rapporti con l’ordinamento ecclesiastico o con quello comunitario.

La dubbia conformità del sistema di giustizia sportiva al dettato dell’art. 24 Cost.16è forse la più chiara testimonianza di quelle implicazioni, di cui si diceva, tra l’aspetto istituzionale e quello individuale; non vi è chi non veda, infatti, come le dinamiche che si svolgono al piano organizzativo finiscano, per questo aspetto, per incidere su unPage 83fondamentale diritto del soggetto, traducendosi dunque in uno sconfinamento (ad avviso di chi scrive, giuridicamente inaccettabile) dell’ordinamento (e del diritto) sportivo sul piano individuale, con conseguente lesione di interessi meritevoli di tutela.

@3. Alla ricerca del fondamento costituzionale (diffuso) dello sport (con cenni alla considerazione prestata a quest’ultimo dagli statuti regionali e in altri ordinamenti)

Analizzando il fenomeno sportivo su questo secondo piano, occorre preliminarmente chiedersi se possa configurarsi un vero e proprio diritto allo sport concretamente azionabile ed efficacemente protetto nell’ordinamento italiano17.

Ora, pur potendo concordare con la posizione di chi riconosce un tale diritto, occorre da subito mettere in luce la lacuna del dettato costituzionale in argomento. Non vi è chi non veda come dal testo costituzionale non emerga una particolare attenzione al fenomeno sportivo; com’è noto, la Carta fa menzione dello sport solo all’art. 117, c. 3, esclusivamente cioè in riferimento alla ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni inserendo l’“ordinamento sportivo” all’interno delle materie ivi elencate18. A tal proposito, infatti, non meraviglia che il Costituente non avesse avuto ancora sufficiente contezza della progressiva espansione ed importanza che lo sport avrebbe poi rivestito negli anni a venire per la società italiana. Se questa può essere una spiegazione della lacunosità della Carta sul punto, allo stesso tempo si è cercato però di rintracciare in essa ugualmente un fondamento seppure indiretto dello sport, rispondendo così ad un’istanza di tutela da più parti ed in diverse occasioni avvertita. Svariate sono state le voci che si sono levate al riguardo; c’è chi ha ritenuto che lo sport potesse trovare un riconoscimento negli artt. 2 e 18; c’è chi invece ha richiamatoPage 84l’art. 32 o chi ha rinviato anche ad altri articoli della Costituzione19. A parere di chi scrive20, è...

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