n. 39 SENTENZA 11 - 15 marzo 2013 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'articolo 61, comma 3, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35, promossi dalle Regioni Veneto, Puglia e Toscana, con ricorsi notificati, rispettivamente, il 5, il 6 ed il 7 giugno 2012, depositati in cancelleria l'11 giugno (il primo) ed il 13 giugno 2012 (il secondo e il terzo), ed iscritti, rispettivamente, ai nn. 89, 91 e 92 del registro ricorsi 2012. Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 febbraio 2013 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;

uditi gli avvocati Bruno Barel e Daniela Palumbo per la Regione Veneto, Marcello Cecchetti per le Regioni Puglia e Toscana e l'avvocato dello Stato Vittorio Cesaroni per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso notificato il 5 giugno 2012 e depositato il successivo 11 giugno (reg. ric. n. 89 del 2012), la Regione Veneto ha promosso questioni di legittimita' costituzionale di alcune disposizioni del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35, e, tra queste, dell'articolo 61, comma 3, per violazione dell'articolo 120 della Costituzione, in relazione al principio di leale collaborazione ed all'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). La norma impugnata dispone che, fatta salva la competenza legislativa esclusiva delle Regioni, in caso di mancato raggiungimento dell'intesa richiesta con una o piu' Regioni per l'adozione di un atto amministrativo da parte dello Stato, il Consiglio dei Ministri - ove ricorrano gravi esigenze di tutela della sicurezza, della salute, dell'ambiente o dei beni culturali ovvero per evitare un grave danno all'Erario - puo', nel rispetto del principio di leale collaborazione, deliberare motivatamente l'atto medesimo, anche senza l'assenso delle Regioni interessate, nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la sua adozione da parte dell'organo competente. Tale disciplina, per il disposto del comma 4 del citato art. 61, non si applica «alle intese previste dalle leggi costituzionali, alle Regioni a Statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano». 1.1.- Secondo la ricorrente, la formulazione della norma censurata sarebbe tanto equivoca da imporre «quanto meno» una pronuncia interpretativa della Corte costituzionale, posto che, se davvero consentisse allo Stato di superare l'intesa con le Regioni nelle materie di loro competenza non esclusiva, la norma stessa contrasterebbe con l'art. 120 Cost. e con il disposto dell'art. 8 della legge n. 131 del 2003. La giurisprudenza costituzionale avrebbe da tempo stabilito l'illegittimita' di norme procedimentali che compromettano radicalmente l'esercizio delle attribuzioni regionali, a maggior ragione nei casi in cui la mancanza dell'intesa determini l'attivazione di poteri sostitutivi (sono citate le sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 383 e n. 339 del 2005). In particolare, la procedura non potrebbe assegnare valore decisivo alla volonta' di una sola parte, dovendo favorirsi la reiterazione delle trattative al fine di giungere all'intesa (sentenza n. 33 del 2011). La norma censurata, secondo la Regione Veneto, consente invece l'esercizio del potere sostitutivo dello Stato, in materie di competenza concorrente, in base alla mera circostanza del mancato raggiungimento dell'intesa, e senza oltretutto assegnare rilievo al carattere della competenza regionale concretamente disattesa (e' citata la sentenza della Corte costituzionale n. 232 del 2011). Anche la Conferenza unificata, nel parere reso il 22 febbraio 2012 sul disegno di legge di conversione del d.l. n. 5 del 2012, ha notato che la disposizione - pur sembrando circoscrivere il proprio ambito applicativo alle materie di competenza regionale concorrente - sarebbe «oscura», e plausibilmente idonea a consentire il superamento delle intese senza alcuna concreta applicazione del principio di leale collaborazione, solo formalmente richiamato. In ogni caso - osserva la ricorrente - il principio appena evocato impone il raggiungimento di una intesa ogni volta che si determini un intreccio tra competenze statali e regionali. La conferma e' tratta dal disposto dell'art. 8 della legge n. 131 del 2003, il cui sesto comma, nella parte finale, esclude l'applicazione, alle intese in esso regolate, della procedura di cui ai commi 3 e 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed autonomie locali). Si deve ritenere esclusa, dunque, la possibilita' di ricorso alle procedure unilaterali cui si riferiscono le norme in questione. In altre parole, le intese perseguite in applicazione dell'art. 120 Cost., secondo il disposto dell'art. 8 della legge n. 131 del 2003, non sarebbero superabili, neppure nelle peculiari situazioni descritte dalla normativa sulle attribuzioni della Conferenza unificata. E' vero - prosegue la ricorrente - che l'elenco delle situazioni indicate nel secondo comma dell'art. 120 Cost. per l'attivazione di poteri sostitutivi non puo' considerarsi tassativo. Tuttavia, una parte delle fattispecie regolate dalla norma impugnata (cioe' quelle pertinenti alla tutela dell'ambiente o dei beni culturali) non presenterebbe alcuna «corrispondenza» con la previsione costituzionale e, in ogni caso, ciascuna previsione di poteri sostitutivi dovrebbe essere ispirata in concreto al principio di leale collaborazione (e' citata la sentenza della Corte costituzionale n. 43 del 2004). Ne' potrebbe giovare, nel senso della compatibilita' costituzionale della disciplina impugnata, una mera e formale citazione del principio medesimo (e' citata la sentenza n. 6 del 2004). Nel caso di competenze concorrenti sarebbe dunque necessaria l'intesa quale strumento di codecisione, e non di mera consultazione dell'ente regionale, da gestire su un piano di parita' tra Stato e Regione, in ogni fase della procedura, con reiterate trattative ed in modo serio e continuativo (sono citate le sentenze della Corte costituzionale n. 378 e n. 339 del 2005). La normativa censurata si discosterebbe dal modello costituzionale sotto ogni profilo, compreso quello della mancata previsione della prevalenza dell'intesa successiva all'atto unilaterale dello Stato, sul presupposto che le trattative debbano proseguire anche dopo l'atto medesimo. La Regione Veneto prospetta, in definitiva, la necessita' «quanto meno» di una «pronuncia interpretativa» che conformi la norma in questione al principio di leale collaborazione, «ovvero una pronuncia additiva» che imponga, per la delibera motivata del Consiglio dei ministri, la «necessaria clausola di cedevolezza a fronte dell'intervenuta intesa». In conclusione del ricorso viene sollecitata anche, e piu' radicalmente, una dichiarazione di illegittimita' costituzionale della norma impugnata. 2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, si e' costituito nel giudizio con atto depositato in data 13 luglio 2012, chiedendo che il ricorso sia dichiarato...

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