N. 33 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 febbraio 2012

Ricorso della Regione Trentino-Alto Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol (cod. fiscale 80003690221), in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 30 del 14 febbraio 2012 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 5555 del 15 febbraio 2012 (doc. 2), rogata dall'avv.

Edith Engl, Ufficiale rogante della Regione, dal prof. avv.

Giandomenico Falcon di Padova (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) e dall'avv. Luigi Manzi di Roma (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y), con domicilio eletto presso quest'ultimo in Roma, via Confalonieri, 5,

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 22, comma 3;

dell'articolo 28, comma 3;

dell'articolo 48, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici, come convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, pubblicata nella G.U. n. 300 del 27 dicembre 2011, per violazione:

degli articoli 4, n. 1), e 16 dello Statuto speciale;

del Titolo VI dello Statuto speciale, e in particolare degli articoli 69 e 79;

degli articoli 103, 104 e 107 del medesimo Statuto speciale;

delle relative norme di attuazione, tra le quali il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (in particolare, artt. 2 e 4), il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (in particolare articoli 9, 10 e 10-bis);

degli artt. 117, 118 e 119 Cost., in combinato disposto con l'art. 10 1. cost. 3/2001;

dell'art. 2, co. 108, 1. 191/2009;

del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati.

Fatto Il decreto-legge n. 201 del 2011, come risultante dalla legge di conversione n. 214 del 2011, contiene disposizioni di vario tipo, distribuite in quattro titoli: Sviluppo ed equita', Rafforzamento del sistema finanziario nazionale e internazionale, Consolidamento dei conti pubblici, Disposizioni per la promozione e la tutela della concorrenza.

Tutte sono rivolte - come rivela il soprannome di decreto 'salva Italia' che il Governo ha attribuito ad esso - a produrre un risultato utile per l'economia del Paese: e la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Autonome Region Trentino-Südtirol, come parte del Paese, non puo' che augurarsi che le misure producano i risultati sperati. Allo sforzo collettivo necessario al conseguimento di tali risultati essa non intende certo sottrarsi.

Al tempo stesso, tuttavia, essa non puo' rinunciare a chiedere che ogni contributo ad essa richiesto sia richiesto legittimamente, nel quadro e nel rispetto delle regole che disciplinano sotto il profilo finanziario - come sotto ogni altro profilo - i rapporti con lo Stato.

Ed essa Ritiene che nei punti che formano oggetto della presente impugnazione le regole costituzionali e statutarie di tali rapporti non siano rispettate.

In questa prospettiva, vengono qui in considerazione due disposizioni del Titolo III ('Consolidamento dei conti pubblici') ed una del Titolo IV ('Disposizioni per la promozione e la tutela della concorrenza').

Quanto al Titolo III, si tratta dell'art. 22, recante Altre disposizioni in materia di enti e organismi pubblici, facente parte del Capo terzo (Riduzioni di spesa. Costi degli apparati), nonche' dell'art. 28, recante Concorso alla manovra degli Enti territoriali e ulteriori riduzioni di spese, che forma ed esaurisce il capo VI (Concorso alla manovra degli Enti territoriali).

Quanto al Titolo IV si tratta dell'art. 48, recante Clausola di finalizzazione, facente parte del Capo IV, Misure per lo sviluppo infrastrutturale.

Ad avviso della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Autonome Region Trentino¬Südtirol, le disposizioni succitate risultano lesive delle proprie prerogative costituzionali e statutarie per le seguenti ragioni di Diritto 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 3.

L'art. 22 e' inserito nel capo III (Riduzioni di spesa. Costi degli apparati) del titolo III. Il comma 3 di esso, qui impugnato, stabilisce che 'le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano e gli Enti locali, negli ambiti di rispettiva competenza, adeguano i propri ordinamenti a quanto previsto dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, . con riferimento alle Agenzie, agli enti e agli organismi strumentali, comunque denominati, sottoposti alla loro vigilanza entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto'.

L'art. 6, co. 5, d.l. 78/2010, cosi' richiamato, dispone che 'tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalita' giuridica di diritto privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non gia' costituiti in forma monocratica, nonche' il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti'. Dispone ancora che in ogni caso, 'le Amministrazioni vigilanti provvedono all'adeguamento della relativa disciplina di organizzazione, mediante i regolamenti di cui all'articolo 2, comma 634, della legge 24 dicembre 2007, n.

244, con riferimento a tutti gli enti ed organismi pubblici rispettivamente vigilati, al fine di apportare gli adeguamenti previsti ai sensi del presente comma'. Dispone infine che 'la mancata adozione dei provvedimenti di adeguamento statutario o di organizzazione previsti dal presente comma nei termini indicati determina responsabilita' erariale e tutti gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli'.

In sostanza, l'art. 22, co. 3, impone alle Regioni e agli enti locali situati nel loro territorio di adeguare i propri ordinamenti in modo che gli enti pubblici (o comunque gli organismi strumentali) sottoposti alla loro vigilanza abbiano organi di amministrazione e controllo costituiti da un numero fisso e ridotto di componenti.

Tale vincolo appare di per se' illegittimo gia' in quanto riferito alle autonomie regionali in generale.

Le ragioni di tale illegittimita' risultano chiaramente sent.

182/2011 di codesta ecc.ma Corte costituzionale, riferita a fattispecie corrispondente a quella oggetto della disposizione. In tale sentenza codesta ecc. Corte ha rilevato 'interventi analoghi per i contenuti a quelli operati dalle diverse disposizioni dell'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010, disposti negli anni trascorsi dal legislatore statale, non sono stati in grado di superare il vaglio di legittimita' costituzionale, data l'indebita compressione dell'autonomia finanziaria delle Regioni che con essi veniva realizzata', e che in particolare, 'sono state ritenute illegittime, nella parte in cui pretendevano di imporsi al sistema regionale, rigide misure concernenti il numero massimo degli amministratori di societa' partecipate dalla Regione (sentenza n. 159 del 2008)'.

Secondo la Corte, l'art. 6 'puo' rispettare il riparto concorrente della potesta' legislativa in tema di coordinamento della finanza pubblica, solo a condizione di permettere l'estrapolazione, dalle singole disposizioni statali, di principi rispettosi di uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale'.

Ne risulta che l'art. 6 del decreto-legge n. 78 del 2010 'non intende imporre alle Regioni l'osservanza puntuale ed incondizionata dei singoli precetti di cui si compone e puo' considerarsi espressione di un principio fondamentale della finanza pubblica in quanto stabilisce, rispetto a specifiche voci di spesa, limiti puntuali che si applicano integralmente allo Stato, mentre vincolano le Regioni, le Province autonome e gli enti del Servizio sanitario...

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