I rapporti tra tutela civile e tutela penale dell'effettività della giurisdizione in materia di famiglia

AutoreImperiali Luciano
Pagine586-592
586
dott
6/2012 Rivista penale
DOTTRINA
I RAPPORTI TRA TUTELA
CIVILE E TUTELA PENALE
DELL’EFFETTIVITÀ DELLA
GIURISDIZIONE IN MATERIA
DI FAMIGLIA
di Luciano Imperiali
La delicata materia dei “provvedimenti riguardo ai f‌igli”
dei coniugi separati è stata radicalmente innovata dalla
legge n. 54 del 2006, che ha inteso fornire una disciplina
della materia improntata alla tutela del diritto del minore
alla c.d. “bigenitorialità”, così riconoscendo, tra i diritti
soggettivi del minore, quel diritto che già era consacrato
New York il 20 novembre 1989 e resa esecutiva in Italia con
legge n. 176 del 1991 e che, però, sino al 2006 ancora non
aveva avuto concreta attuazione nel nostro ordinamento
giuridico.
La nuova disciplina ha, così, voluto garantire il diritto
del minore a poter contare, anche dopo la disgregazione
del nucleo familiare, sulla f‌igura e sul concreto appoggio
di entrambi i genitori e, pertanto, non si è limitata a ga-
rantire una continuità e stabilità di rapporti del minore
con entrambe le f‌igure genitoriali, ma ha anche posto l’af-
f‌idamento “condiviso” del minore (comportante l’esercizio
della potestà genitoriale da parte di entrambi ed una con-
divisione, appunto, delle decisioni di maggior importanza
attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore)
non più come evenienza residuale (come nel precedente
sistema) bensì come regola, rispetto alla quale costitui-
sce, invece, ora eccezione la soluzione dell’aff‌idamento
esclusivo.
Il capovolgimento di prospettiva, lungi dal giungere
inaspettato, è maturato lentamente e con ritardo rispetto
ad altri Paesi, ben diciassette anni dopo la Convenzione
di New York del 1989 e quindici anni dopo la ratif‌ica di
tale convenzione da parte dell’Italia, eppure dovrebbe far
rif‌lettere che l’introduzione di un simile principio di civil-
tà sia stata seguita da un incessante incrementarsi delle
doglianze per vere o presunte elusioni dei provvedimenti
dei giudici civili in ordine di aff‌ido dei minori, tanto da
indurre a ritenere che qualcosa possa non aver funzionato:
per quanto non siano note verif‌iche statistiche che pos-
sano confermare quanto, su scala nazionale, dal 2006 sia-
no aumentate le querele concernenti fatti rilevanti ex art.
388 c.p., tuttavia c’è sicuramente da chiedersi se gli uff‌ici
giudiziari, i difensori e, prima di tutti, gli stessi cittadini
coinvolti in crisi familiari abbiano adeguatamente recepi-
to quei diritti dei minori ad una crescita serena ed armo-
niosa - così come conf‌igurata per loro dall’attuale sistema
normativo - che, a parole, pressoché tutti dichiarano di
voler perseguire e che, invece, nelle aule giudiziarie può
constatarsi essere quotidianamente esposta a rischio dai
più diversi comportamenti degli adulti.
In realtà, è agevole comprendere che gli stessi dissidi
che hanno portato alla disgregazione del nucleo familiare,
o comunque eventuali conf‌littualità tra i separandi, pos-
sono rivelarsi anche dopo la separazione un ostacolo alla
concreta realizzazione della bigenitorialità, tanto che da
diverse parti si sarebbe voluto subordinare la possibilità
di un aff‌ido condiviso all’esistenza di un accordo sugli
obiettivi educativi, se non perf‌ino al carattere più o meno
pacif‌ico dei rapporti tra i genitori, pur separati: si tratta,
però, di posizioni che dinanzi ad un conf‌litto rischiano di
confondere semplicisticamente aggredito ed aggressore
e, per quel che più rileva, appaiono in qualche misura
anacronistiche, se valutate alla luce dei principi posti sin
del 1989, anche perché ormai pacif‌icamente disattese
dalla giurisprudenza della Suprema Corte, che ha inequi-
vocabilmente chiarito che “l’aff‌idamento condiviso non
può ragionevolmente ritenersi comunque precluso, di per
sé, dalla mera conf‌littualità esistente tra i coniugi, poiché
avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo
residuale, f‌inendo di fatto con il coincidere con il vecchio
aff‌idamento congiunto. Occorre viceversa, perché possa
derogarsi alla regola dell’aff‌idamento condiviso, che risul-
ti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di
manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale
appunto da rendere quell’aff‌idamento in concreto pregiu-
dizievole per il minore ...” (1).
Se, pertanto, l’aff‌idamento condiviso di uno o più mino-
ri può essere negato esclusivamente per oggettive carenze
di uno dei due genitori e non per un’esasperata conf‌lit-
tualità tra gli stessi, sarebbe però irrealistico ignorare che
ogni forma di conf‌littualità si pone, comunque, come un
problema da superare o, almeno, di cui occorre tener ade-
guatamente conto nel perseguire la concreta attuazione
dei principi e delle f‌inalità proprie della nuova disciplina:
proprio a tal f‌ine il legislatore del 2006, pur lasciando
inalterata la tutela penale posta dall’art. 388 comma 2
c.p. all’effettiva attuazione dei provvedimenti giudiziari
concernenti l’aff‌idamento dei minori, ha individuato nello
stesso giudice della separazione il primo garante dell’at-
tuazione dei suoi provvedimenti in materia, attribuendo-
gli la pluralità di strumenti sanzionatori di cui all’art. 709
ter c.p.c. (ammonizione, risarcimento danni in favore del
minore e/o dell’altro genitore, sanzione amministrativa),
agevolmente modulabili - su richiesta di parte - secondo le
concrete esigenze dei singoli casi, per reprimere inadem-
pienze e violazioni e così garantire l’effettività dei suoi
provvedimenti.
Quale che possa essere il temperamento dei due genito-
ri e la conf‌littualità in atto tra questi, infatti, è innegabile
che talvolta possono essere suff‌icienti la sola autorevole e

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