Radiazioni ionizzanti in strutture sanitarie e responsabilità penali

AutoreCarlo M. Grillo
Pagine817-823

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@1. Premessa

L'utilizzazione di radiazioni ionizzanti in campo medico, tanto in ambito diagnostico che terapeutico, tuttora notevolmente diffusa nonostante l'indubbio persistente rischio per la salute dei soggetti esposti, induce ad un approfondimento in ordine alle eventuali conseguenze di rilevanza penale cui va incontro chi, in qualsiasi misura, gestisce e adopera non correttamente tali risorse.

A parte i casi in cui si verifica un evento dannoso (lesioni personali o addirittura decesso) per effetto dell'esposizione alle radiazioni in questione, che rientrano nel campo dei delitti colposi, e quindi della riconducibilità dell'evento alla condotta di un soggetto e della relativa problematica generale, l'approfondimento che si propone è soprattutto diretto all'esame della specifica normativa contemplante, in tale materia, reati formali «di pericolo», connessi cioè alla semplice violazione delle disposizioni che regolano l'utilizzazione di radiazioni ionizzanti.

Com'è noto, da qualche anno è stata finalmente sostituita la vecchia normativa di protezione dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli di dette radiazioni derivanti dall'impiego pacifico dell'energia nucleare (D.P.R. 13 febbraio 1964, n. 185), che regolava la materia da oltre un trentennio, in modo peraltro soddisfacente con riferimento ai criteri di tutela della salute ed alle cognizioni tecnico-scientifiche del tempo.

Il D.L.vo 17 marzo 1995, n. 230, che ha espressamente abrogato il menzionato decreto presidenziale (art. 163), è stato emanato dal Governo a seguito di tre successive deleghe, conferite dal Parlamento nel corso di quattro anni (1990-1994), ed aventi ad oggetto l'attuazione di ben sei direttive Euratom 1.

Accostandosi ai due testi normativi, balza innanzi tutto evidente la maggiore portata del nuovo - quale delineata dall'art. 1 - che, oltre a comprendere, come l'altro, l'indicazione di specifiche e tassative attività correlate alle «materie radioattive» (produzione, importazione, esportazione, manipolazione, trattamento, impiego, ecc.), si estende - con una previsione generica «di chiusura» - a qualsiasi altra attività o situazione che comporti un rischio significativo derivante dalle radiazioni ionizzanti, ivi comprese le attività con macchine radiogene, sì da coprire ogni residuo spazio di possibile rischio specifico.

Anche i principi generali ispiratori della nuova disciplina, esplicitati nell'art. 2, rappresentano una evoluzione della precedente, in quanto viene ora posto l'accento sull'esigenza della preventiva «giustificazione» e della periodica «riconsiderazione» - alla luce dei benefici che ne derivano - delle attività che comportano esposizioni alle radiazioni ionizzanti, nonché sull'obbligo di mantenere dette esposizioni «al livello più basso ragionevolmente ottenibile, tenuto conto dei fattori economico e sociali».

Dal raffronto tra le due discipline in esame, appare significativo il maggiore risalto, dato dalla nuova, alla protezione dei pazienti, cui dedica un'autonoma sezione (la II del capo IX «Protezione sanitaria della popolazione»), mentre il decreto abrogato riservava alla materia due soli articoli (98 e 99).

La protezione sanitaria dei lavoratori trova, invece, pari rilievo nei decreti del 1964 e del 1995, occupando la parte più consistente di essi.

Limitando l'esame del D.L.vo n. 230/1995 al settore sanitario, pur dando per scontato che il progresso tecnologico consente oggi di raggiungere i medesimi risultati con esposizioni notevolmente inferiori rispetto al passato, deve comunque rilevarsi che il fenomeno merita ancora grande attenzione per le conseguenze che l'utilizzo delle radiazioni in questione possono tuttora determinare nei confronti dei protagonisti dell'attività medica: operatori sanitari e pazienti.

Alla tutela della loro salute sono finalizzate, distintamente, le disposizioni del nuovo decreto, che comunque - come espressamente previsto, del resto, dallo stesso 2 - vanno coordinate con la normativa di carattere generale di cui al D.L.vo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche 3.

@2. Protezione degli operatori sanitari

Non v'è dubbio che i c.d. operatori sanitari rientrino nella categoria dei lavoratori subordinati, come definita dall'art. 60 D.L.vo n. 230/1995 («ogni persona che presti il proprio lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro»), anche perché l'art. 59, espressamente ricomprende, tra le attività disciplinate dal decreto, quelle «esercitate... dagli organi del servizio sanitario nazionale».

Ai lavoratori subordinati devono considerarsi, poi, equiparati - agli effetti dell'applicazione della normativa in esame - gli utenti dei servizi di orientamento o di formazione scolastica, universitaria e professionale, nonché coloro che, a qualsiasi titolo, prestino la propria opera professionale presso la struttura sanitaria.

L'art. 61 elenca gli obblighi, in materia di utilizzo di radiazioni ionizzanti, gravanti - nell'ambito delle rispettive attribuzioni - su datori di lavoro, dirigenti e preposti, susseguenti comunque all'adempimento preliminare, imposto specificamente ai datori di lavoro, di munirsi di una relazione scritta - redatta da un «esperto qualificato» - contenente le valutazioni e le indicazioni di radioprotezione inerenti alle attività svolte.

Senza ripetere nel dettaglio l'elencazione contenuta nella menzionata norma, si ricorda soltanto che i detti obblighi, i cui oneri economici gravano ovviamente sul datore di lavoro, hanno ad oggetto:

- l'individuazione ed il controllo degli ambienti di lavoro «a rischio»;

- la classificazione, ai fini della radioprotezione, dei lavoratori interessati;

- la predisposizione e diffusione di norme interne di protezione e sicurezza;

- la fornitura ai lavoratori di dispositivi di controllo e di protezione individuale;

- l'adeguata formazione e informazione dei lavoratori; - la sorveglianza sull'osservanza da parte degli stessi delle disposizioni di prevenzione.

La norma, inoltre, impone ai menzionati responsabili (datori di lavoro, dirigenti e preposti), nell'ottemperare ai Page 818 surricordati obblighi, di avvalersi degli «esperti qualificati» e dei «medici», di cui rispettivamente agli artt. 77 e 83 del decreto.

Tralasciando l'esame di altri specifici obblighi, posti dagli artt. 62, 63, 64, a carico di soggetti diversi - quali il datore di lavoro di imprese esterne, l'esercente di zone controllate che si avvale di lavoratori esterni, i lavoratori autonomi - in quanto figure non frequentemente ricorrenti nell'ambito delle strutture sanitarie, si deve evidenziare come il decreto legislativo in questione, in linea con l'orientamento normativo ormai consolidato in materia di igiene e sicurezza del lavoro, responsabilizzi direttamente anche i lavoratori, ormai sempre più protagonisti della loro sicurezza.

Ad essi viene imposto (art. 68): di osservare puntualmente le disposizioni della dirigenza finalizzata alla loro protezione e sicurezza; di segnalare immediatamente eventuali disfunzioni dei dispositivi protettivi o nuove situazioni di rischio, e di non intervenire per ovviare ad esse, se non previa autorizzazione; di sottoporsi alla prescritta sorveglianza medica. Inoltre, se trattasi di lavoratrici gestanti, è fatto ad esse obbligo di notificare, non appena accertato, il proprio stato al datore di lavoro (art. 69).

@3. Protezione dei pazienti

Come si è accennato in premessa, il legislatore delegato del '95 ha dedicato maggiore attenzione del precedente alla protezione dei pazienti sottoposti a prestazioni curative o ad indagini diagnostiche implicanti l'uso di radiazioni ionizzanti. Infatti, pur inquadrandola correttamente nell'ambito della protezione sanitaria della popolazione in genere, le ha dedicato una autonoma sezione del capo IX, prendendo atto della sempre crescente domanda di indagini radiodiagnostiche, quindi del notevole incremento della categoria «pazienti».

I Ministri della sanità e dell'università e ricerca scientifica e tecnologica, poi, hanno finora adottato - quantunque in ritardo rispetto ai limiti temporali posti dall'art. 161 (31 dicembre 1995) - ben dieci decreti applicativi del D.L.vo n. 230/1995, con specifico riferimento alla radioprotezione dei pazienti 4.

La disciplina normativa è espressione di due fondamentali principi informatori: il primo, esplicitato nell'art. 109, che si potrebbe definire di «adeguatezza o congruenza», stabilisce che l'utilizzazione delle radiazioni ionizzanti in campo medico deve comunque essere giustificato dai vantaggi che possono derivarne al paziente, fermo restando che le esposizioni devono essere mantenute al livello più basso ragionevolmente ottenibile compatibilmente con le esigenze diagnostiche e terapeutiche; il secondo, che si evince dall'art. 111, lo definiremmo di «indispensabilità», in quanto esclude la possibilità di ricorrere alle radiazioni ionizzanti tutte le volte che siano praticabili tecniche sostitutive altrettanto efficaci, ma meno pericolose.

Come si vede, quindi, viene in primo luogo ribadito - a proposito della protezione dei pazienti - il riferimento al «livello più basso ragionevolmente ottenibile» delle esposizioni alle radiazioni, parametro già indicato dagli artt. 2, 72 e 99 del decreto, anche se questa volta risulta temperato dal riferimento non ai «fattori economici e sociali» o alle «norme specifiche di buona tecnica», bensì alle specifiche e peculiari esigenze mediche.

Questo principio, definito dalla normativa in esame (art. 72) di «ottimizzazione della protezione», e generalmente noto come «della massima sicurezza tecnologicamente possibile», non è nuovo in materia antinfortunistica, in quanto già presente - sebbene embrionalmente - nella norma codicistica (art. 2087 c.c.) 5, successivamente ripreso dall'art. 24 D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, riguardante l'igiene del lavoro 6, indi ribadito dall'art. 41 D.L.vo 15 agosto 1991, n. 277, in materia di rischi derivanti da esposizione al rumore 7, infine confermato dall'art...

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