Prime considerazioni sul decreto legge 25 febbraio 2000 n. 32, Convertito dalla legge 20 aprile 2000 n. 97

AutorePaolo Scalettaris
Pagine377-383

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Il decreto legge 25 febbraio 2000 n. 32 1 convertito, con modificazioni, dalla legge 20 aprile 2000 n. 97 2 è diretto ad integrare la disciplina dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili ad uso abitativo prevista dagli artt. 6 e 7 della legge n. 431 del 1998.

Esamineremo qui di seguito il contenuto del provvedimento, limitando peraltro l'esame alle previsioni dei primi tre commi dello stesso.

- Il primo comma prevede che «il termine dilatorio di cui all'art. 6, comma 5, della legge 9 dicembre 1998 n. 431, non può comunque essere inferiore a nove mesi, fermo restando il limite massimo di diciotto mesi» di cui al quinto comma dell'art. 6 anzidetto.

- Il secondo comma dispone che «l'esecuzione dei provvedimenti di rilascio già emessi ai sensi dell'art. 6, comma 5, della legge 9 dicembre 1998 n. 431, è differita di nove mesi a partire dall'1 gennaio 2000».

- Il terzo comma infine dispone che «le disposizioni di cui al primo periodo del comma 1 dell'art. 7 della legge 9 dicembre 1998 n. 431 si interpreta nel senso che la dimostrazione dell'esistenza delle condizioni ivi indicate deve essere effettuata anche con riferimento ai provvedimenti di rilascio emessi in data anteriore alla data di entrata in vigore della legge 9 dicembre 1998 n. 431» e che «ai fini dell'esecuzione di tali provvedimenti di rilascio il locatore dell'immobile rende, ai sensi dell'art. 3 della legge 15 maggio 1997 n. 127, apposita dichiarazione in carta libera contenente gli elementi costitutivi di cui al medesimo art. 7 . . .

Tale dichiarazione deve essere notificata all'intimato e consegnata all'ufficiale giudiziario che la allega al precetto».

@1. Il primo comma

1.1. In sede di esame del primo comma del decreto legge, si rende opportuno innanzitutto un cenno alla tecnica dell'intervento normativo seguita in questo caso dal legislatore.

Va notato infatti che con la disposizione in esame il legislatore non ha fatto ricorso né allo strumento di intervento costituito dalla sostituzione della disposizione sulla quale si è inteso intervenire (avrebbe infatti potuto disporsi, per esempio, che «il quinto comma dell'art. 6 è sostituito dal seguente: . . .») né al mezzo consistente nell'introduzione di un comma bis che si aggiungesse al testo della disposizione normativa sulla quale si è inteso intervenire e che contenesse la nuova norma.

Qui - invece - si è scelto di introdurre una norma nuova diretta a stabilire che altra norma abbia un contenuto precettivo diverso e comunque ulteriore rispetto al contenuto che la norma aveva nel passato.

Come può ben comprendersi, l'utilizzo dello strumento di intervento qui adottato - per le sue stesse modalità di operare - non soltanto è di per sè potenzialmente foriero di problemi di coordinamento tra le diverse norme il cui «combinato disposto» viene in questo modo a regolare la materia, ma addirittura può dare luogo a difficoltà concernenti anche la semplice lettura della norma.

1.2. Il primo comma del provvedimento normativo in esame, dunque, prevede che «il termine dilatorio» di cui al quinto comma dell'art. 6 della legge 431 «non può comunque essere inferiore a 9 mesi» (fermo restando il limite massimo dei diciotto mesi).

Per comprendere il significato e la portata della norma è necessario ricordare che l'art. 6 della legge n. 431 del 1998 prevede una specifica disciplina diretta a regolare l'esecuzione forzata dei provvedimenti di rilascio degli immobili destinati ad uso abitativo fondati sulla finita locazione.

È previsto al riguardo che nel caso di provvedimento di rilascio emesso prima dell'entrata in vigore della legge n. 431 (ipotesi considerata dal terzo comma dell'art. 6) ovvero dopo l'entrata in vigore della stessa legge n. 431 (ipotesi considerata dal quarto comma dell'art. 6) 3 il conduttore possa chiedere che sia nuovamente fissato il giorno dell'esecuzione. Il nuovo termine dovrà essere fissato entro il limite massimo dei sei mesi (ma questo limite - stabilito espressamente per l'ipotesi del quarto comma - non è indicato invece - quanto meno in modo espresso - per il caso regolato dal terzo comma: e da ciò deriva qualche incertezza circa l'applicabilità del limite in questione anche nei casi di cui al terzo comma) 4, salva la ricorrenza di particolari situazioni o condizioni del conduttore o dei suoi familiari in presenza delle quali è consentita invece la fissazione della nuova data fino ad un massimo di diciotto mesi. Le particolari situazioni o condizioni che consentono una maggiore dilazione dell'esecuzione sono indicate dal quinto comma dell'art. 6 (che contiene al riguardo una elencazione che secondo l'opinione concorde delle prime pronunce dei giudici di merito in materia ha carattere tassativo) 5.

Può essere opportuno ricordare quali sono le ipotesi «protette» («casi di particolare debolezza sociale» secondo la relazione governativa al decreto legge) che consentono tale più ampio differimento dell'esecuzione. Si tratta dei casi in cui il conduttore: abbia compiuto 65 anni di età; abbia cinque o più figli a carico; sia iscritto nelle liste di mobilità; percepisca un trattamento di disoccupazione o di integrazione salariale; sia formalmente assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica ovvero di ente previdenziale o assicurativo; sia prenotatario di alloggio cooperativo in corso di costruzione; sia acquirente di un alloggio in costruzione; sia proprietario di alloggio per il quale abbia iniziato azione di rilascio; e - ancora - il caso in cui il conduttore o uno dei componenti il suo nucleo familiare (che conviva con il conduttore da almeno sei mesi) sia portatore di handicap o malato terminale.

Il primo comma del decreto legge che si commenta prevede dunque che nei casi ora elencati il differimento della data del rilascio - fermo il suo limite massimo fino a diciotto mesi 6 - non possa essere inferiore a nove mesi.

1.3. Esaminiamo ora l'aspetto relativo all'ambito di applicazione della norma.

È chiaro - innanzitutto - che la portata della norma non può che coincidere con l'ambito di operatività della prescrizione del quinto comma dell'art. 6: e cioè con l'ambito di applicazione della norma il cui precetto - come si è visto - la nuova disposizione è diretta ad integrare.

Il che significa che restano certamente esclusi dall'applicazione della nuova norma tutti i titoli per rilascio che non Page 378 siano costituiti da provvedimenti di rilascio di immobili ad uso abitativo fondati sulla scadenza del contratto di locazione (la c.d. finita locazione) e che concernano immobili siti in un Comune ad alta tensione abitativa 7.

Va peraltro segnalato che a proposito della disposizione del quinto comma dell'art. 6 è discusso se la norma (così come il complesso delle disposizioni che introducano l'istituto della rifissazione della data del rilascio per i titoli anzidetti) riguardi in via generalizzata tutti i titoli per il rilascio (per finita locazione relativi ad immobili ad uso abitativo) che siano stati pronunciati o che saranno pronunciati nel futuro o abbia invece una portata limitata ai soli titoli che siano venuti ad esistenza prima della scadenza dei centottanta giorni da far tempo dalla data di entrata in vigore della legge n. 431 del 1998 (scadenza corrispondente al termine del periodo di sospensione dell'esecuzione disposta dal primo comma dell'art. 6). Secondo un'opinione che sta trovando largo credito in dottrina 8 e che è seguita anche dalle prime pronunce della giurisprudenza in materia 9, infatti, l'intero complesso delle disposizioni dell'art. 6 della legge n. 431 del 1998 avrebbe portata temporanea, costituendo essa una disciplina avente natura transitoria destinata a regolare solamente i provvedimenti di rilascio pronunciati prima del 27 luglio 1999.

È chiaro d'altronde che ove si ritenesse che l'intero complesso delle previsioni dell'art. 6 avesse natura transitoria anche la portata della disposizione che stiamo esaminando non potrebbe che avere - a sua volta - portata temporanea.

Deve peraltro osservarsi come la norma qui in esame sembri anzi portare ulteriori argomenti a favore della tesi della transitorietà delle previsioni dell'art. 6. Va ricordato a questo riguardo come alla base del riconoscimento della portata necessariamente temporanea di tali previsioni vi sia infatti - secondo la dottrina e la giurisprudenza - soprattutto la considerazione della mancanza di coerenza con la disciplina vigente della previsione di un procedimento diretto alla nuova fissazione del termine per il rilascio che si aggiungesse a quello già previsto dall'art. 56 della legge n. 392 del 1978 costituendo in realtà nulla più che una pura e semplice duplicazione di questo: sembra appunto che per ragioni di razionalità e di coerenza di sistema debba escludersi che possa essere prevista in via definitiva la coesistenza (e la artificiosa sommatoria degli effetti) di due meccanismi che sono l'uno la copia dell'altro. Orbene: proprio tali caratteri di incoerenza e di «rottura» con la disciplina vigente in materia si presentano ancor più evidenti con riguardo alle nuove previsioni. Basti considerare - per rendersi conto di ciò - la circostanza che queste sono dirette a stabilire (appunto in pieno contrasto con la disciplina che ha sempre regolato - e che continua a regolare - la materia) un limite (anche) minimo per il termine da fissarsi per il rilascio.

1.4. Sempre con riferimento all'ambito di operatività della nuova disposizione, va sottolineato come essa - con riguardo ai provvedimenti di rilascio che fossero già stati emessi alla data dell'entrata in vigore della legge n. 431 del 1998 - sia destinata a trovare applicazione solamente nel caso in cui la domanda di rifissazione del termine per il rilascio ai sensi del terzo comma dell'art. 6 fosse stata già proposta dal conduttore nel rispetto del termine (fissato appunto dal terzo comma dell'art. 6) dei trenta giorni a far data dalla scadenza del periodo di centottanta giorni di sospensione...

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