N. 244 SENTENZA 24 - 31 ottobre 2012

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente:Alfonso QUARANTA;

Giudici :Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO,

Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI,

Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 6, 7, comma 1, 16, 17, 22, 23, comma 1, 29 e 30 del decreto legislativo 8 ottobre 2011, n. 176 (Attuazione della direttiva 2009/54/CE, sull'utilizzazione e commercializzazione delle acque minerali naturali), promosso dalla Regione Toscana con ricorso notificato il 2 - 4 gennaio 2012, depositato in cancelleria il 10 gennaio 2012 ed iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2012.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 ottobre 2012 il Giudice relatore Aldo Carosi;

uditi l'avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana e l'avvocato dello Stato Paolo Marchini per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso notificato il 2 - 4 gennaio 2012 e depositato il 10 gennaio 2012, iscritto al n. 2 del registro ricorsi 2012, previa delibera della Giunta regionale del 27 dicembre 2012, n. 1245, la Regione Toscana ha impugnato in via principale gli articoli 6, 7, comma 1, 16, 17, 22, 23, comma 1, 29 e 30 del decreto legislativo 8 ottobre 2011, n. 176 (Attuazione della direttiva 2009/54/CE, sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali), per violazione degli articoli 117, primo e terzo comma, e 118 della Costituzione.

  1. - La ricorrente sostiene che gli artt. 6 e 7, comma 1, nonche' gli artt. 22 e 23, comma 1, disciplinando l'utilizzazione di una sorgente d'acqua minerale naturale ovvero di un'acqua di sorgente e stabilendo che detta utilizzazione sia subordinata all'autorizzazione regionale, rilasciata previo accertamento dei requisiti previsti dallo stesso decreto, violino gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost.

    2.1. - In particolare, e' stabilito che detta utilizzazione e/o immissione in commercio sia subordinata ad autorizzazione regionale rilasciata previo accertamento che gli impianti destinati all'utilizzazione siano realizzati in modo da escludere ogni pericolo di inquinamento e da conservare all'acqua le proprieta', corrispondenti alla sua qualificazione, esistenti alla sorgente nonche' - per le acque minerali - fatte salve le modifiche apportate con i trattamenti di cui all'art. 7, comma 1, lettere b), c) e d) dello stesso decreto; mentre - per le acque di sorgente - allorche' sussistano le condizioni di cui all'art. 23, tenendo conto delle operazioni consentite dall'art. 24.

    La Regione rileva che dette norme ripropongono integralmente quanto gia' previsto dal previgente decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 105 (Attuazione della direttiva 80/777/CEE relativa alla utilizzazione e alla commercializzazione delle acque minerali naturali).

    A seguito del citato d.lgs. n. 105 del 1992, del regolamento (CE) 29 aprile 2004, n. 852/2004 (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'igiene dei prodotti alimentari) e del regolamento (CE) 29 aprile 2004, n. 853/2004 (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale), la Regione Toscana aveva gia' provveduto con l'art. 41 della legge regionale 27 luglio 2004, n. 38 (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell'utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali) e con decreto del Presidente della Giunta regionale 24 marzo 2009, n. 11/R (Norme per la disciplina della ricerca, della coltivazione e dell'utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali), a disciplinare l'iter autorizzativo relativo all'avvio dell'attivita' di utilizzazione dell'acqua minerale e/o di sorgente attraverso lo strumento della denuncia di inizio di attivita' (DIA).

    A giudizio della ricorrente, la disciplina oggetto del d.lgs. n.

    176 del 2011 sarebbe riconducibile alle materie della tutela della salute e dell'alimentazione, entrambe di competenza legislativa concorrente delle Regioni ex art. 117, terzo comma, Cost.

    2.2. - Inoltre, evidenzia la ricorrente, fin dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all'art. 1 della l. 22 luglio 1975, n. 382) sono state trasferite alle Regioni le funzioni amministrative relative alla materia 'acque minerali e termali', le quali concernono, secondo il disposto degli artt. 50 e 61 del citato decreto, la ricerca e l'utilizzazione delle acque minerali e termali e la vigilanza sulle attivita' relative, ivi compresa la pronuncia di decadenza del concessionario, cosi' come successivamente confermato dall'art. 22 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle Regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa).

    Secondo la Regione, alla luce di quanto esposto, le norme impugnate, nella parte in cui disciplinano puntualmente gli iter autorizzativi per l'avvio dell'utilizzazione delle acque minerali e/o di sorgente, rappresenterebbero un inammissibile passo indietro rispetto alle attribuzioni regionali, cosi' come delineate anche dal sistema normativo antecedente alla riforma del Titolo V della Costituzione (in tal senso, seppur in maniera inconferente, la Regione richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2009), e lederebbero le prerogative regionali attualmente garantite dagli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. in materia di tutela della salute e di alimentazione, con riferimento alle quali lo Stato dovrebbe limitarsi ad indicare i principi fondamentali.

    2.3. - Sul punto ricorda infine la ricorrente come gia' in sede di Conferenza Stato-Regioni queste ultime avessero rilevato i suddetti profili di incostituzionalita', cui lo Stato aveva opposto quanto previsto all'Allegato II della direttiva 2009/54/CE, secondo cui '1. L'utilizzazione di una sorgente d'acqua minerale naturale e' subordinata all'autorizzazione dell'autorita' responsabile del paese in cui l'acqua e' stata estratta, previo accertamento della sua conformita' ai criteri di cui all'allegato I parte I'. Secondo la ricorrente, tuttavia, la previsione indicata nell'Allegato II della direttiva 2009/54/CE in ordine alla necessita' che siano previamente accertati i 'criteri di cui all'allegato I, parte I' sarebbe riferita al procedimento di riconoscimento di acqua minerale naturale, senza che cio' contempli da parte dell'Autorita' sanitaria locale specifici accertamenti di natura tecnico-professionale. Tale adempimento sarebbe quindi compatibile con lo strumento autorizzatorio regionale, che contempla la DIA e/o la segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA).

    La previsione dell'autorizzazione formale contrasterebbe, peraltro, a giudizio della ricorrente, con il regime delle liberalizzazioni avviato con il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), in specie all'art. 3, e portato a compimento dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici), di cui richiama l'art. 34.

    In conclusione, secondo la ricorrente, le disposizioni in esame rappresenterebbero un'illegittima lesione delle prerogative regionali costituzionalmente garantite dagli artt. 117, terzo comma, e 118

    Cost., in quanto disciplinerebbero in maniera puntuale il procedimento autorizzativo con riferimento a materie, quali la tutela della salute e l'alimentazione, di competenza regionale concorrente, in relazione alle quali lo Stato deve limitarsi, invece, a dettare esclusivamente i principi fondamentali.

  2. - La Regione Toscana assume la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., ad opera degli artt. 7, comma 1, lettera

    a), e 23, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 176 del 2011, in quanto prevedono tra i criteri per il rilascio dell'autorizzazione rispettivamente all'utilizzazione di una sorgente d'acqua minerale naturale ovvero all'immissione in commercio di un'acqua di sorgente l'accertamento che la sorgente o il punto di emergenza siano protetti contro ogni pericolo di inquinamento e che siano applicate, ai fini della tutela dei corpi idrici, le disposizioni di cui alla parte terza del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

    3.1. - Ancorche' in via meramente cautelativa la ricorrente censura gli articoli impugnati, rilevando che violerebbero la competenza regionale ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost., in materia di tutela della salute e dell'alimentazione, ove il richiamo alla parte terza del d.lgs. n. 152 del 2006 dovesse essere interpretato nel senso di ritenere preclusa alle Regioni la previsione di misure di protezione piu' rigorose.

    Infatti, la Regione evidenzia che la suddetta parte terza ed, in particolare, la norma dell'art. 94 del detto decreto legislativo, e' relativa alle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, acque disciplinate dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 (Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualita' delle acque destinate al consumo umano), per le quali e' previsto un trattamento di potabilizzazione. Al contrario, per le acque minerali naturali e/o di sorgente non e' ammesso alcun trattamento di potabilizzazione;

    pertanto, le misure del d.lgs. n. 152 del 2006 potrebbero, a giudizio della ricorrente, non essere sufficienti a garantire la protezione del giacimento di acque minerali. Non potrebbe pertanto legittimamente escludersi la possibilita' per le Regioni di valutare, sulla base di criteri piu' restrittivi rispetto a quelli imposti dal d.lgs. n. 152 del 2006, l'identificazione delle...

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