Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine601-610

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@CORTE DI APPELLO DI BRESCIA Sez. I, 5 luglio 1999. Pres. Nuzzi - Rel. Mazza - Imp. Bandera ed altri.

Religione, culti e chiese - Altri culti - Chiesa di Scientology - Associazioni locali - Natura - Associazioni aventi carattere religioso - Assoggettabilità delle stesse alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto - Esclusione.

Le associazioni locali della Chiesa di Scientology si configurano come aventi natura religiosa e non sono assoggettabili alle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, in quanto le attività di cessione di beni e prestazioni di servizi poste in essere dai suoi adepti ai fini dell'approvvigionamento dei fondi sono prevalentemente rivolte verso persone che non possono essere ritenute estranee all'associazione, considerato inoltre che, per quanto concerne le associazioni religiose, l'adesione degli adepti può anche non essere consacrata in un atto formale. (D.L. 10 luglio 1982, n. 429, art. 1) (1).

    (1) In senso conforme, v. Trib. di Torino, 29 marzo 1996, Camerino, in Dir. eccl. 1996, 308.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con sentenza del Tribunale di Brescia in data 26 ottobre 1995 veniva affermata la penale responsabilità di Bandera Fulvio, Brambani Luigi e Brambani Ornella in ordine ai vari reati tributari loro contestati in qualità di rappresentanti legali dell'associazione «Dianetics Institute di Brescia» (successivamente denominata «Chiesa di Scientology di Brescia»). In particolare, il primo era condannato alla pena di mesi 3 di arresto e gli altri due a quella di mesi 2 di arresto.

Con la medesima sentenza si dichiarava non doversi procedere a carico dei predetti, nonché di Fainozzi Valdes, in ordine ad altri analoghi reati in quanto estinti per prescrizione e per amnistia.

Occorre subito premettere, quanto all'oggetto del presente procedimento, che il suo nucleo principale era (ed è) rappresentato dalla questione se l'associazione di cui sopra fosse o meno assoggettabile alle imposte sul reddito e sul valore aggiunto, alla luce del disposto degli articoli 20 decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 598 e 4 decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633, secondo cui sono soggetti passivi d'imposta anche gli enti che, pur non avendo per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, svolgano tuttavia un'attività di cessione di beni o prestazioni di servizi verso corrispettivo, ad esclusione di quelle effettuate da associazioni religiose, culturali ecc. a soci, associati e partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali dell'ente.

Il tribunale, dopo avere osservato che l'associazione in questione era da considerarsi un ente non commerciale (avente un oggetto «quantomeno culturale») che svolgeva anche un'attività commerciale (con particolare riferimento alla fornitura di materiale didattico e alla organizzazione di corsi dietro corrispettivo), era giunto alla conclusione dell'assoggettabilità alle imposte della stessa (e quindi della sussistenza dei reati de quibus) ritenendo che tali beni e servizi non fossero «diretti» solo a persone qualificabili come «soci, associati o partecipanti», ma, secondo lo stesso statuto dell'associazione, anche ad altri (in particolare ai membri associati, definiti dal primo giudice «talmente ai margini dell'associazione da non potersi considerare inseriti in essa» e ai «non soci»).

Avverso la sentenza proponeva impugnazione il difensore di tutti gli imputati, che chiedeva l'assoluzione degli stessi per insussistenza dei fatti, e osservava:

- come, secondo gli stessi atti redatti dalla Guardia di Finanza, gli introiti oggetto di accertamento non riguardassero in alcun modo «attività rivolte a terzi»;

- come non si possano, infatti, ritenere tali i membri «associati», i quali per espressa previsione statutaria, possono collaborare per promuovere i fini sociali dell'associazione, ed anche partecipare all'assemblea chiedendo, se lo ritengono, di far parte della categoria dei membri votanti (secondo l'appellante, comunque, «se l'organizzazione in questione viene considerata per quella che è, un'organizzazione religiosa, si comprende meglio che tutti gli associati partecipano alla vita sociale, per propria scelta con funzioni e ruoli diversi, tipici delle gerarchie ecclesiastiche»);

- come l'eventuale vendita a terzi di libri per fini di diffusione del pensiero non fosse in contrasto con le norme sopra citate che «ne prevedono l'esenzione fiscale se diretta in modo non prevalente a terzi».

Con successiva istanza l'appellata chiedeva che questa Corte pronunciasse, ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale, immediata sentenza di assoluzione di tutti gli imputati, in ordine a tutti i reati loro contestati, perché il fatto non sussiste. Ciò in quanto la tesi difensiva di cui sopra era stata accolta non solo in primo grado dalla Commissione Tributaria di Brescia, ma anche dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano.

Su tale richiesta esprimeva parere favorevole il procuratore generale.

Ritiene la Corte che l'istanza avanzata dalla difesa degli imputati debba essere accolta, non potendosi condividere le conclusioni a cui era giunto il tribunale circa la possibilità di considerare l'associazione rappresentata dagli imputati soggetto passivo di imposta.

Correttamente, infatti, nelle decisioni delle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado richiamate dall'appellante si osserva «come l'attività posta in essere dall'associazione consistesse essenzialmente nella divulgazione della propria filosofia religiosa, e come anche le prestazioni di servizi e le cessioni di beni effettuate nei confronti degli associati dovessero considerarsi ugualmente esenti da imposta, in quanto comunque effettuate (articolo 20 decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 598) in conformità alla finalità istituzionali di associazioni religiose».

In realtà si è ormai formato in materia (con riferimento alle varie associazioni locali della «Chiesa di Scientology») un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui detta associazione si configura sicuramente come aventePage 602 natura religiosa, e le attività di cessione di beni e prestazioni di servizi poste in essere dai suoi adepti ai fini dell'approvvigionamento di fondi (come avviene, peraltro, in qualsiasi altra organizzazione religiosa anche tradizionale) sono prevalentemente rivolte verso persone che non possono essere ritenute estranee all'associazione (tanto più che, per quanto concerne le associazioni religiose, l'adesione degli adepti può anche non essere consacrata in un atto formale).

La Corte non ritiene che nel caso specifico sussistano elementi per discostarsi dall'orientamento testè ricordato, poiché anche l'accertamento della Guardia di Finanza da cui ha preso avvio il presente procedimento aveva ad oggetto corsi e pubblicazioni destinati a soggetti interni all'associazione (non potendosi effettivamente dubitare che siano da comprendere tra questi, secondo le stesse norme statutarie sopra ricordate, anche gli «associati»).

Da tutto ciò consegue che l'associazione de qua non poteva essere considerata soggetto passivo di imposta, e che pertanto viene a mancare un presupposto fondamentale per l'affermazione di responsabilità degli imputati, i quali vanno assolti da tutti i reati loro ascritti per evidente insussistenza dei fatti. (Omissis).

@TRIBUNALE DI UDINE Decr. 18 aprile 2000. Est. Beltrame - Imp. Soc. Ispef Servizi Ecologici ed altro.

Inquinamento - Rifiuti - Smaltimento - Trasporto - Formulario di identificazione - Finalità - Controllo sulle attività di gestione dei rifiuti - Ipotesi di falsa rappresentazione dei rifiuti in esso certificati - Conseguenze.

Inquinamento - Rifiuti - Smaltimento - Trasporto illecito - Confisca del mezzo di trasporto - Natura obbligatoria del la misura di sicurezza patrimoniale - Presupposto per l'adozione del sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. - Autosufficienza.

Considerato che il formulario di identificazione di cui all'art. 15 del D.L.vo n. 22/97 deve consentire di individuare immediatamente l'origine, tipologia e quantità del rifiuto al fine di consentire il controllo sulle attività di gestione dei rifiuti, qualora esso sia falsamente rappresentativo dei rifiuti in certificati si può addivenire, pur nell'apparente rispetto delle regole, ad uno smaltimento in impianto in realtà non autorizzato a ricevere quei determinati rifiuti e, quindi illecito. Ne consegue che nell'ipotesi in cui il predetto formulario è sprovvisto di indicazioni idonee ad individuare la tipologia del rifiuto che, anzi, dai riscontri acquisiti pare di natura tossico nociva (o, secondo la vigente classificazione, pericolosa) per l'elevata percentuale di metalli pesanti presenti, è logico dedurre da tali elementi la sussistenza di gravi indizi del reato di cui all'art. 51, comma 1, lett. b) del D.L.vo n. 22/97. (D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22, art. 51; D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22, art. 15) (1).

Il dato testuale del comma 2, dell'art. 53, del D.L.vo n. 22/97, non lascia dubbi in ordine alla natura obbligatoria (e non discrezionale) della misura di sicurezza patrimoniale in esso prevista dalla confisca del mezzo di trasporto che, quindi, dovrà essere irrogata in ogni caso in cui venga emessa una sentenza di condanna, anche nell'ipotesi di «patteggiamento», e, che, di per sè è sufficiente a giustificare l'adozione del sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, c.p.p. a prescindere, quindi, dai presupposti di cui all'art. 321, comma 1, c.p.p. (D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22, art. 53; c.p.p., art. 321) (2).

    (1, 2) Non risultano editi precedenti che abbiano affrontato l'esatta questione. Si riportano gli estremi di pubblicazione dei richiami giurisprudenziali citati in motivazione: Corte cost., 8 giugno 1994, n. 229, in Giur. cost. 1994, 1922; Corte cost., 17 febbraio 1994, n. 48, in Arch. nuova proc. pen. 1994, 162 e Cass. pen., sez. VI, 7 febbraio...

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