L'esperienza giuridica italiana relativa alla creazione di nuove figure di garanzie mobiliari non possessorie sui beni dell'impresa agricola

AutoreLaura Costantino
Pagine99-111

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@1. Il privilegio convenzionale nel codice civile e lo sviluppo della legislazione speciale

La codificazione italiana caratterizzata dalla rigidità nella previsione delle cause legittime di prelazione ha aperto la strada alla configurazione del c.d. privilegio convenzionale. Questo istituto è divenuto l'unica strada per garantire i finanziamenti alle imprese, con evidenti conseguenze negative per la pratica degli affari, in considerazione dell'inadeguatezza del solo privilegio ad assorbire le esigenze plurime delle imprese e dei soggetti finanziatori.

Il privilegio convenzionale ha sì carattere non possessorio, ma non è configurato in modo da garantire gli elementi della rotatività e della estensione all'intero patrimonio dell'impresa.

La scelta codicistica, inoltre, è stata accompagnata dal successivo intervento del legislatore speciale che ha esteso le ipotesi di garanzie sui beni produttivi, ma sempre in modo episodico e a carattere eccezionale.

E già negli anni Venti il credito agrario ha conosciuto soluzioni che, per quanto limitate all'utilizzo, appunto, del privilegio, hanno anticipato la sperimentazione di risposte originali nell'ambito dell'evoluzione verso possibili garanzie mobiliari senza spossessa-

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mento. Si pensi, ad esempio, al privilegio speciale di fonte convenzionale previsto dall'art. 9 della legge 5 luglio 1928, n. 1760.

Nella nostra esperienza giuridica, l'autonomia privata non ha mai svolto un ruolo propulsivo, lasciando ampio spazio alle leggi speciali per estendere l'operatività delle garanzie al capitale circolante dell'impresa attraverso interventi eccezionali, ben lontani dal riconoscimento di una figura di garanzia unitaria ed idonea a rispondere alle esigenze del mercato.

La base normativa all'origine dello sviluppo dei privilegi convenzionali è rappresentata dall'art. 2745 e.e, che prevede la possibilità che il privilegio sia subordinato dalla legge alla convenzione delle parti. La stipulazione di un accordo di garanzia e gli adempimenti pubblicitari, dunque, diventano l'origine della nascita del privilegio, determinando, così, una evidente deroga ai principi regolanti la garanzia in questione. L'ordine di priorità e, in definitiva, le deroghe al principio della par condicio creditorum, non vengono più disciplinate dal legislatore secondo il principio cardine della causa del credito, ma seguono le regole di volta in volta dettate dal legislatore per regolare la convenzione tra le parti, l'oggetto della garanzia, gli oneri pubblicitari.

Il principio dell'unità dei privilegi appare, in definitiva, un brocardo di fatto negato1.

Come già sottolineato in precedenza, non sembra ritrovarsi alcuna ragione funzionale nella scelta operata dal legislatore italiano di dare all'istituto del privilegio una struttura particolaristica2.

Ecco, dunque, che l'erosione del principio del concorso tra i creditori si realizza, tradizionalmente, attraverso un sistema interventistico tutt'altro che funzionale e che mostra tutta la distanza del modello italiano dai più evoluti sistemi europei e d'oltreoceano.

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@2. Il privilegio convenzionale introdotto dal Testo Unico in materia bancaria e creditizia

Su questo scenario, il legislatore italiano degli anni Novanta è intervenuto a razionalizzare l'intera disciplina in materia di crediti speciali, prevedendo una normativa comune. Com'è noto, il Testo Unico in materia bancaria e creditizia, adottato con il d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, ha introdotto nel nostro ordinamento un unico privilegio convenzionale a garanzia dei finanziamenti alle imprese. La causa del privilegio viene, dunque, slegata dalle singole operazioni di credito speciale e ricondotta ad una generale causa di finanziamento.

Il privilegio speciale regolato dall'art. 46 del T.U. si configura come un istituto generale ed unitario, qualificabile come garanzia convenzionale non possessoria sui beni e sui crediti inerenti l'esercizio dell'attività d'impresa3.

In primo luogo, il capo VI del T.U., nell'ottica di razionaliz-zazione dell'intera disciplina in materia di crediti speciali, ha previsto una normativa unica e comune a differenti operazioni di credito.

In secondo luogo, l'art. 46 del T.U., prevedendo l'unitaria figura del privilegio speciale, e sempre con l'obiettivo di superamento delle logiche tradizionali, ha definitivamente accordato natura privatistica all'attività bancaria. La despecializzazione dell'ente finanziatore ha permesso, infatti, la previsione di una unitaria figura di garanzia collegata ai finanziamenti tout court.

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I contorni della garanzia così istituita sembrano essere, dunque, incentrati sull'inerenza dei beni o dei crediti oggetto del privilegio all'attività dell'impresa finanziata4.

Si individua, dunque, nella normativa in questione un'unica deroga al principio della par condicio creditorum, e cioè la destinazione del credito al finanziamento dell'impresa, in ossequio al principio di rango costituzionale della tutela dell'iniziativa economica5.

@@2.1 Gli elementi del privilegio speciale ex art. 46 T.U.

L'art. 46 del T.U. individua, in primo luogo, i beni che possono essere oggetto del privilegio speciale a garanzia dei finanziamenti a medio e lungo termine.

Il primo comma delimita l'oggetto della garanzia ai beni mobili non iscritti in pubblici registri e comunque destinati all'esercizio dell'impresa, ad esclusione, quindi, degli immobili e dei brevetti.

Il criterio per l'individuazione dei beni sui quali è possibile costituire il privilegio speciale è basato sulla natura economica dei beni, suddivisi in quattro categorie.

La lettera a) individua, in primo luogo, i beni destinati ad utilizzo durevole dell'impresa, come impianti ed opere esistenti e futuri, concessioni e beni strumentali.

La lettera b), poi, elenca tutti quei beni costituenti l'attivo circolante dell'impresa: materie prime, prodotti in corso di lavorazione, scorte, prodotti finiti, frutti, bestiame, merci.

Nella lettera c), norma di chiusura, sono ricompresi tutti quei beni comunque acquistati con il finanziamento concesso, rilevando, per l'individuazione degli stessi, l'origine del denaro utilizzato per l'acquisto6.

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Infine, la lettera d) si riferisce ai crediti, anche futuri, derivanti dalla vendita dei beni precedentemente elencati.

La classificazione contenuta nella norma in questione, limitatamente alle prime due lettere relative ai beni strumentali e ai beni destinati alla rivendita, rispecchia la suddivisione tra equi-pment ed inventory propria della struttura dell'Uniform Commercial Code.

È importante mettere in luce una significativa differenza tra i beni oggetto del capitale fisso dell'impresa e quelli parte del capitale circolante; la norma, infatti, non menziona le acquisizioni future nell'elencazione dei beni parte del capitale circolante.

È questo sicuramente un limite della disciplina in oggetto, in quanto un elemento fondamentale di una garanzia non possessoria sui beni dell'impresa è la sua capacità di estendersi ai beni entrati nel patrimonio del debitore successivamente al momento della sua costituzione.

Il secondo comma dell'art. 46 del T.U. individua i requisiti del privilegio speciale, quali l'atto scritto a pena di nullità; l'esatta descrizione dei beni e dei crediti sui quali il privilegio viene costituito; l'indicazione delle parti; l'ammontare e le condizioni del finanziamento; la somma di denaro per la quale il privilegio viene assunto.

In ultimo, l'opponibilità ai terzi è determinata dalla data di trascrizione in un apposito registro.

La struttura del privilegio speciale introdotto dal Testo...

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