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AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine589-596

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@CORTE DI CASSAZIONE PENALE sez. un., 18 marzo 2010, n. 10713 (ud. 25 febbraio 2010). Pres. Gemelli – Est. Bricchetti – P.M. Ciani (diff.) – Ric. Contaldo

Circostanze del reato – Concorso di aggravanti e attenuanti (giudizio di comparazione) – Attenuante della “dissociazione attuosa” – Assoggettamento al giudizio di bilanciamento – Esclusione.

Circostanze del reato – Concorso di aggravanti e attenuanti (giudizio di comparazione) – Attenuante della “dissociazione attuosa” – Modalità di applicazione

Circostanze del reato – Concorso di aggravanti e attenuanti (giudizio di comparazione) – Elementi di valutazione – Valutazione discrezionale del giudice – Sindacato di legittimità – Limiti.

L’attenuante ad effetto speciale della cosiddetta “dissociazione attuosa”, prevista dall’art. 8 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa), non è soggetta al giudizio di bilanciamento tra circostanze. (c.p., art. 69; d.l. 13 maggio 1991, n. 152, art. 8) (1)

Qualora sia riconosciuta la circostanza attenuante ad effetto speciale della cosiddetta “dissociazione attuosa”, prevista dall’art. 8 D.L. 13 maggio 1991 n. 152, convertito in legge 12 luglio 1991 n. 203 (Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell’attività amministrativa) e ricorrano altre circostanze attenuanti in concorso con circostanze aggravanti, soggette al giudizio di comparazione, va dapprima determinata la pena effettuando tale giudizio e successivamente, sul risultato che ne consegue, va applicata l’attenuante ad effetto speciale. (c.p., art. 69; d.l. 13 maggio 1991, n. 152, art. 8) (2)

Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto. (c.p., art. 69; c.p., art. 133) (3)

    (1) Conformi Cass. pen., sez. V, 8 febbraio 2010, Finocchiaro, in CED Archivio Penale RV.245582; Cass. pen., sez. I, 7 maggio 2008, Pecoraro, in questa Rivista 2009, 608 e Cass. pen., sez. VI, 16 febbraio 2006, Aglieri, ivi 2006, 1343. Contra Cass. pen., sez. II, 12 ottobre 2006, Cotugno, ivi 2007, 916; Cass. pen., sez. II, 11 aprile 2002, Barra, ivi 2003, 161 e Cass. pen., sez. I, 24 giugno 1998, Alfieri, ivi 1998, 912.

    (2) Si veda Cass. pen., sez. V, 8 febbraio 2010, Finocchiaro, Ius&Lex dvd n. 2/10, ed. La Tribuna.

    (3) Cass. pen., sez. IV, 4 luglio 2007, Montanino, in questa Rivista 2008, 550; Cass. pen., sez. III, 16 giugno 2004, Ronzoni, ivi 2005, 1001 e Cass. pen., sez. I, 6 febbraio 2003, Di Giulio, in Arch. nuova proc. pen. 2003, 359.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Salerno confermava la responsabilità di Francesco Contaldo per fatti di estorsione aggravata (art. 629, secondo comma, c.p.) e di concorrenza illecita con minaccia (art. 513 bis c.p.) commessi in danno di Francesco De Risi, in Pagani tra il maggio 1998 e il 1° aprile 1999.

    1. All’esito del giudizio abbreviato di primo grado il Giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Salerno, ritenuta sussistente la continuazione tra i reati contestati, aveva condannato l’imputato alle pene di anni quattro di reclusione ed euro 600,00 di multa, riconoscendo la diminuente della dissociazione di cui all’art. 8 del decreto legge 152 1991, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, equivalente, a norma dell’art. 69, terzo comma, c.p., alle circostanze aggravanti contestate in relazione alla violazione più grave ex art. 81, cpv., c.p. (il delitto di estorsione).

    2. I giudici di appello riducevano, con la sentenza impugnata, le pene ad anni due e mesi due di reclusione ed euro 400,00 di multa.

    Ritenevano di dover concedere all’imputato le circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis c.p., valorizzando il mutamento radicale della personalità e della condotta di vita, che imponeva di escluderne la pericolosità, nonché il tempo “ormai trascorso dai fatti”.

    Affermavano, poi, richiamandosi ad un precedente di questa Corte (Cass. pen., 17 novembre 2001, n. 43241, Alfieri, RV 220294), che la menzionata circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 8 della legge 12 luglio 1991, n. 203 non era soggetta al giudizio di comparazione previsto dall’art. 69 c.p.; tenuto conto dell’intento primario perseguito dal legislatore, che era quello di offrire un incentivo concreto e non meramente eventuale alla disso-Page 590ciazione operosa dalla criminalità mafiosa, l’attenuazione delle sanzioni, ricorrendo le condizioni per la sua applicazione - precisava la Corte di merito - doveva ritenersi “obbligatoria”.

    La Corte effettuava, pertanto, il giudizio di bilanciamento, in termini di equivalenza, soltanto tra le aggravanti contestate e le riconosciute circostanze attenuanti generiche.

    Determinava, in altre parole, la pena nel modo seguente:

    - riconoscimento della continuazione tra i reati contestati;

    - estorsione aggravata di cui al capo 1) dell’imputazione come violazione più grave ex art. 81 c.p.;

    - riconoscimento della sussistenza della circostanza attenuante di cui all’art. 8 della legge 12 luglio 1991, n. 203 (che comporta una diminuzione delle pene temporanee da un terzo alla metà);

    - pena-base già diminuita per effetto dell’anzidetta circostanza attenuante computata sulla fattispecie non aggravata di cui all’art. 629, primo comma, c.p.: anni tre di reclusione ed euro 400,00 di multa;

    - riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, equivalenti alle circostanze aggravanti inerenti alla violazione più grave;

    - aumento per la continuazione (reati di cui al capo 2: estorsione aggravata e concorrenza illecita con minaccia): mesi tre di reclusione ed euro 200,00 di multa;

    - pena risultante dal suddetto aumento: anni tre e mesi tre di reclusione ed euro 600,00 di multa;

    - diminuzione per il rito abbreviato tale da determinare la pena di cui si è detto sopra (anni due e mesi due di reclusione ed euro 400,00 di multa).

  2. Avverso l’anzidetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi.

    2.1. Con il primo motivo deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione del menzionato art. 8 della legge n. 203 del 1991 e dell’art. 62 bis c.p. Ricorda il ricorrente, rifacendosi ad altra pronuncia di questa Corte (Cass. pen., sez. II, 29 novembre 2001, n. 13928/2002, Barra ed altri, RV 221933) che mostra, seppur implicitamente, di ritenere da assoggettare al giudizio di comparazione la circostanza in esame, che qualora, in presenza di circostanze aggravanti, si determini la pena sulla base della concessione dell’attenuante medesima, ciò significa che si è stabilita la prevalenza di detta attenuante sulle aggravanti.

    Da ciò deriverebbe che l’eventuale concessione anche delle attenuanti generiche deve essere effettuata con giudizio di prevalenza, calcolando la relativa riduzione.

    In altre parole, il modus operandi di questa circostanza, una volta riconosciuta, dovrebbe condurre il giudice dapprima a determinare la pena per il reato cui accede con una riduzione compresa tra un terzo e la metà, se il reato stesso è punito con pena detentiva temporanea, e, successivamente, a ridurre la pena così ottenuta, considerando le altre eventuali attenuanti (in quel caso, come nel presente, quelle “generiche”) come prevalenti sulle circostanze aggravanti.

    La Corte, dunque, avrebbe erroneamente effettuato le operazioni di determinazione della pena non avendo effettuato quest’ultima riduzione.

    2.2. Con il secondo motivo denuncia, in via subordinata, la carenza della motivazione della sentenza impugnata in punto di ritenuta equivalenza delle circostanze attenuanti generiche.

    La Corte di merito aveva del tutto omesso - secondo il ricorrente - di spiegare le ragioni della non ritenuta prevalenza in presenza dei positivi elementi di valutazione posti a base del riconoscimento delle attenuanti medesime.

  3. La seconda sezione penale - cui il ricorso era stato assegnato - ha, con ordinanza in data 22 settembre 2009, rimesso alle Sezioni Unite “il tema relativo all’applicabilità o meno dell’ordinario giudizio di valenza fra circostanze ove venga in discorso la peculiare circostanza attenuante prevista in tema di criminalità mafiosa”.

    Rileva l’ordinanza che il tema ha formato oggetto di “pronunce discordanti” da parte di questa Corte.

    Al riguardo, sussiste un primo orientamento che ritiene che la circostanza attenuante in questione non sia soggetta al giudizio di bilanciamento previsto dall’art. 69 c.p., trattandosi di una deroga che il legislatore ha inteso introdurre al fine di limitare l’ordinaria discrezionalità del giudice in relazione alla pena, tenuto conto della particolare rilevanza del tema del trattamento sanzionatorio di tipo premiale dei collaboratori di giustizia (Cass. pen., 12 aprile 2008, n. 18378, Pecoraro, RV 240373; Cass. pen., sez. VI, 20 aprile 2005, n. 6221, Aglieri, RV 233088; Cass. pen., sez. I, 7 novembre 2001, Alfieri, cit.).

    Altre decisioni invece affermano l’opposto principio secondo cui la circostanza attenuante della “dissociazione attuosa” soggiace, in assenza di un’espressa deroga di legge, alla regola generale del giudizio di comparazione con altre circostanze (Cass. pen., sez. II, 12 luglio 2006, n. 34193, Cotugno, RV 235419; Cass. pen., sez. II, 29 novembre 2001, Barra, cit.; Cass. pen., sez. I, 21 gennaio 1998, n. 7427, Alfieri, RV 210884).

    Rilevato, dunque, il contrasto di giurisprudenza, la...

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