Condono parziale e pene accessorie temporanee

AutoreStefano Maglia
Pagine1010-1013

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Dopo cinque pronunzie (tre in sede di cognizione e due in sede di esecuzione), è finalmente giunta in porto una delle vicende giudiziarie che hanno visto protagonista l'on. Dell'Utri. È proprio vero, però, che più è lunga la via, maggiore è la possibilità di passi falsi; infatti - ad avviso dello scrivente - entrambe le decisioni del giudizio di esecuzione, pronunziate dalla Corte di appello di Torino e dalla Corte di Cassazione, sono inficiate - combinazione abbastanza inconsueta - da decisivi errori di diritto, l'uno diverso dall'altro, anche se, come si vedrà, tra loro concatenati.

Indispensabile è ricordare la vicenda processuale di cognizione, peraltro già ampiamente pubblicizzata dalla cronaca politica e giudiziaria.

Il dott. Dell'Utri, condannato in primo grado dal Tribunale di Torino (13 novembre 1996) a tre anni di reclusione e lire 8.000.000 di multa, con le pene accessorie di legge, in relazione a numerosi reati di frode fiscale per importi miliardari, commessi - dal luglio 1988 al marzo 1994 - quale amministratore delegato della Spa «Publitalia 80 Concessionaria Pubblicità», si vedeva inasprire la pena principale, in anni tre e giorni venticinque di reclusione e lire 8.085.000 di multa, dalla corte distrettuale piemontese (19 febbraio 1998), adita, oltre che dall'imputato, anche dal procuratore della Repubblica presso il tribunale.

Proposto ricorso per cassazione avverso detta decisione, il Dell'Utri, approfittando dell'entrata in vigore della legge n. 14 del 1999, che consentiva temporaneamente di effettuare il «patteggiamento» della pena anche in tale grado di giudizio quando non vi era stata la possibilità di farlo in appello, ed evidentemente al fine di poter beneficiare dei notevoli vantaggi penitenziari introdotti dalla c.d. legge Simeone, presentava la relativa istanza, rinunciando quindi contestualmente a tutti i motivi di impugnazione diversi da quelli riguardanti la pena.

La Corte Suprema (28 ottobre 1999), sul consenso del P.G., applicava al ricorrente la pena concordata di anni due e mesi tre di reclusione e lire 6.000.000 di multa, ma non toccava la pena accessoria dell'interdizione (temporanea) dai pubblici uffici, rilevando che, per effetto dell'art. 6 L. n. 516/1982, essa «consegue ad ogni condanna per un delitto tributario previsto dalla stessa legge, anche se con una pena principale inferiore ai tre anni di reclusione (che è il requisito minimo richiesto in via generale dall'art. 29 c.p. per l'applicabilità della stessa pena accessoria)».

Il condannato promuoveva, quindi, procedimento di esecuzione per ottenere il condono parziale della pena principale, ai sensi del D.P.R. n. 394/1990, e - soprattutto - la revoca o sospensione della pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici, la cui esecuzione avrebbe determinato le condizioni per la perdita da parte sua dei seggi parlamentari, nazionale ed europeo, nonché della relativa immunità, con conseguente esposizione ad altri processi penali in corso e concreto pericolo per il suo status libertatis.

La Corte di appello di Torino, quale giudice dell'esecuzione, con ordinanza 28 dicembre 1999, in parziale accoglimento del ricorso, condonava al predetto mesi uno, giorni otto di reclusione e lire 152.000 di multa, dichiarando però non condonabili le pene accessorie, delle quali, quindi, non revocava né sospendeva l'esecuzione.

Secondo la Corte piemontese, invero, due dei reati ascritti al Dell'Utri rientravano nel limite temporale stabilito dall'art. 5 del D.P.R. n. 394/1990, e precisamente quelli relativi alla utilizzazione delle false fatture emesse negli anni 1988 e 1989. Ciò nondimeno ritenevano i giudici, sottoponendo a vaglio critico la tralaticia giurisprudenza della Corte Suprema sul punto, che dovesse mantenersi la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici, in quanto riferibile anche a fatti certamente non coperti ratione temporis dal provvedimento di clemenza, in coerenza col principio fondamentale stabilito dall'art. 79, ult. comma, Cost.

Tale decisione del giudice dell'esecuzione è, a mio avviso, frutto di un duplice errore di diritto, per quanto concerne la concessione del condono parziale della pena principale.

Invero, innanzi tutto, come risulta pacificamente dalla rubrica, i due fatti-reato condonati in executivis consistono non nell'«emissione», bensì nell'«utilizzazione» di fatture false, emesse negli anni 1988 e 1989.

Orbene è ius receptum (cfr. per tutte: Cass., sez. un., 7 marzo 1995, n. 2333, Aversa e, recentemente, sez. un., 1 febbraio 2000, n. 23, Scrudato ed altri) che...

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