Analisi del delitto di infedeltà patrimoniale

AutoreAntonio Maria La Scala - Nicola Gazzilli
Pagine15-32
CAPITOLO SECONDO
ANALISI DEL DELITTO
DI INFEDELTÀ PATRIMONIALE
2.1 La previsione normativa
L’art. 2634 c.c. prevede quanto segue: “Gli amministratori, i di-
rettori generali e i liquidatori, che, avendo un interesse in conflitto
con quello della società, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto
profitto o altro vantaggio, compiono o concorrono a deliberare atti di
disposizione dei beni sociali, cagionando intenzionalmente alla so-
cietà un danno patrimoniale, sono puniti con la reclusione da sei
mesi a tre anni.
La stessa pena si applica se il fatto è commesso in relazione a beni
posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, cagionando
a questi ultimi un danno patrimoniale.
In ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del
gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente pre-
vedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo.
Per i delitti previsti dal primo e secondo comma si procede a que-
rela della persona offesa.”
Dal titolo del d.lgs. n. 61/2002 e dalle premesse ad esso, si evince
che la fattispecie de qua si applica soltanto alle società commerciali;
sono, pertanto, stati messi in luce alcuni spunti problematici relativa-
mente alla possibilità di applicare la norma in parola alle società
semplici perché non esercitano impresa commerciale, agli enti non
profit, alle ONLUS, alle fondazioni e alle società di professionisti25.
25 E. MEZZETTI, op. cit., 193 ss.
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2.2 Il bene giuridico tutelato e la persona offesa
Un’attenta riflessione in ordine sia all’evento di danno di natura
patrimoniale a carico della persona giuridica richiesto per il configu-
rarsi del delitto in parola che al regime di procedibilità a querela
consente di affermare che, nella fattispecie contemplata dal primo
comma dell’art. 2634 c.c., l’interesse giuridicamente protetto è co-
stituito dal patrimonio sociale, il quale può essere danneggiato dalle
condotte realizzate da coloro ai quali è affidata la gestione, che siano
lesive degli interessi della maggioranza sociale cui si ricollega il pa-
trimonio stesso; quest’ultimo si presenta come formalmente distinto
e autonomo rispetto a quello dei singoli soci, sicché oggetto di tutela
è soltanto il patrimonio della società e non anche dei soci26.
Nella diversa fattispecie contemplata dal secondo comma, invece,
il bene giuridicamente protetto è rappresentato dal patrimonio dei
terzi27.
Parte della dottrina28 ritiene che l’interesse tutelato dal delitto di
infedeltà patrimoniale abbia, altresì, natura non patrimoniale e debba
essere ravvisato, oltre che nel patrimonio sociale, anche nel dovere
oggettivo di correttezza, in virtù del quale l’amministratore deve
astenersi dallo strumentalizzare l’ufficio per raggiungere finalità di
carattere privato29.
Da quanto detto relativamente al bene giuridicamente protetto
consegue, infine, che la persona offesa va identificata nella società,
qualora si verta nella fattispecie di cui al primo comma, e nel terzo
danneggiato, nell’ipotesi contemplata dal comma successivo30.
26 I. MAGRO, op. cit., 1359 ss.
27 M. MALAVISI, op. cit., 161; V. DESISTO, V. NAPOLEONI, M.E. OGGERO, C.
SANTORIELLO, op. cit., 175.
28 V. MILITELLO, I reati di infedeltà, in Dir. proc. pen., 2002, 702; cfr. V. DESISTO,
V. NAPOLEONI, M.E. OGGERO, C. SANTORIELLO, op. cit., 175.
29 Cfr. V. DESISTO, V. NAPOLEONI, M.E. OGGERO, C. SANTORIELLO, op. cit.,
175.
30 M. MALAVISI, op. cit., 161.

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