Sentenza nº 48 da Constitutional Court (Italy), 26 Marzo 2021

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione26 Marzo 2021
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 48

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Giancarlo CORAGGIO; Giudici Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 18-bis, commi 1 e 2, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), promosso dal Tribunale ordinario di Roma nel procedimento vertente tra Riccardo Magi ed Associazione «+Europa» e il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministero dell’interno, con ordinanza del 1° settembre 2020, iscritta al n. 157 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti gli atti di costituzione di Riccardo Magi e dell’Associazione «+Europa», nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 23 febbraio 2021 il giudice relatore Nicolò Zanon;

uditi gli avvocati Beniamino Caravita di Toritto e Simona Viola per Riccardo Magi e Associazione «+Europa» e l’avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 24 febbraio 2021.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Tribunale ordinario di Roma, con ordinanza del 1° settembre 2020, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18-bis, commi 1 e 2, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), per violazione degli artt. 1, secondo comma; 3; 48, secondo comma; 51, primo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 3 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Parigi il 20 marzo 1952.

    Espone il giudice rimettente che, con ricorso instaurato ai sensi dell’art. 702-bis del codice di procedura civile, Riccardo Magi e l’Associazione «+Europa» hanno chiesto al Tribunale adito di accertare, tra le altre cose:

    1. il diritto di candidarsi e presentare liste di candidati alle prossime elezioni politiche raccogliendo un numero di sottoscrizioni non superiore ad un quarto di quello – attualmente fissato in 1.500 – previsto dall’art. 18-bis, comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957, previa rimessione alla Corte costituzionale della questione incidentale di legittimità costituzionale del citato art. 18-bis, nonché dell’art. l, comma 1123, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), nella parte in cui prevede l’applicabilità della riduzione ad un quarto alle sole prime elezioni successive all’entrata in vigore della norma;

    2. il diritto di presentare liste di candidati alle prossime elezioni politiche senza raccogliere le sottoscrizioni previste, previa rimessione alla Corte costituzionale della questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 18-bis, comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957, nella parte in cui prevede l’esenzione dall’onere in questione esclusivamente per i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi elettorali.

  2. – In via preliminare, il giudice a quo si sofferma sulla propria giurisdizione, evidenziando che è in discussione l’accertamento del diritto di elettorato passivo, per il quale dovrebbe escludersi l’appartenenza alla cognizione riservata alle Camere, dovendosi invece ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, quale «giudice naturale dei diritti fondamentali».

    In particolare, pur dando atto dell’orientamento giurisprudenziale che, «in passato», ha esteso l’ambito di applicazione di cui all’art. 66 Cost. anche al procedimento elettorale preparatorio, il rimettente ritiene che vi sia stata una evoluzione di tale orientamento. Dalla più recente giurisprudenza di legittimità (è citata l’ordinanza della Corte di cassazione, sezione prima civile, 17 maggio 2013, n. 12060) e costituzionale (sono richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 35 del 2017 e n. 1 del 2014) sarebbe stata infatti acclarata la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario nei casi in cui «la domanda di tutela riguarda proprio il fondamentale diritto di partecipazione al voto dal lato passivo». Circostanza che ricorrerebbe nel presente caso, «essendo in discussione addirittura il diritto di partecipare al procedimento elettorale preparatorio con modalità conformi a Costituzione», e dunque un «ambito d’indagine […] naturalmente e logicamente esterno e preliminare a possibili contestazioni nascenti dal suo svolgimento».

  3. – Sussisterebbero altresì l’attualità e la concretezza dell’interesse dei ricorrenti «ad un accertamento giurisdizionale del diritto di candidarsi alle elezioni per il rinnovo della Camera dei Deputati con le richieste modalità, ritenute conformi a Costituzione». Non essendo mai stata attuata la delega contenuta nell’art. 44, comma 2, lettera d), della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile) – che prevedeva l’introduzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti gli atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo di Camera e Senato – la domanda di accertamento del diritto a candidarsi alle elezioni politiche in conformità alla Costituzione, avanzata nel giudizio a quo, costituirebbe «l’unico strumento di immediata ed efficace tutela giurisdizionale», in mancanza del quale dovrebbe registrarsi l’esistenza di una «zona franca nel sistema di giustizia costituzionale» (vengono citate le sentenze della Corte costituzionale n. 35 del 2017, n. 165 del 2016, n. 110 del 2015 e n. 1 del 2014).

    La differenza tra l’oggetto del giudizio a quo (volto ad accertare la «“pienezza” costituzionale del diritto di elettorato passivo») e l’oggetto del giudizio di costituzionalità (relativo alla conformità a Costituzione della «legge elettorale politica»), nonché il conseguente «[m]argine di autonoma decisione» che residuerebbe in capo al rimettente anche in caso di accoglimento della questione di legittimità costituzionale, escluderebbero che si sia in presenza di un «improprio “visto d’ingresso” per un accesso sostanzialmente diretto alla giurisdizione della Corte costituzionale».

    L’interesse ad agire sarebbe anche «peculiarmente connotato dall’incertezza circa natura, contenuto e modalità degli oneri cui è condizionato l’esercizio del diritto» di partecipare alle elezioni politiche. A tal proposito, il rimettente richiama i numerosi interventi legislativi che, dal 2006 in poi, hanno di volta in volta derogato alle norme in tema di sottoscrizione delle candidature, riducendo sistematicamente il numero delle sottoscrizioni richieste «solo in prossimità del decreto di scioglimento delle Camere». Secondo il rimettente, il conseguente «elevatissimo tasso di incertezza» della disciplina del procedimento elettorale preparatorio e della raccolta delle sottoscrizioni, dovuto al «rapidissimo avvicendamento» cui tale disciplina è stata sottoposta, dimostrerebbe le «difficoltà praticamente implicate dalla disciplina ‘ordinaria’». Inoltre, le ripetute modifiche testimonierebbero la «qualificata portata […] dell’interesse dei ricorrenti all’azione di accertamento introduttiva [del] giudizio [a quo], risultando esso ancor di più l’unico strumento di tutela giurisdizionale, immediatamente esperibile ex art. 24 Cost., per rimuovere quella lesione del diritto di elettorato passivo […] che già un’incertezza così oggettiva, vasta e protratta nel tempo, relativamente alle condizioni del suo esercizio, certamente arreca».

  4. – Sempre in via preliminare, il giudice a quo sottolinea che il tenore dell’art. 18-bis, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 361 del 1957, non consentirebbe interpretazioni diverse da quella letterale, sia per quanto riguarda la disciplina relativa al numero di sottoscrizioni richieste sia per i casi di esenzione dall’onere di raccolta delle sottoscrizioni stesse.

  5. – Quanto alla rilevanza, il rimettente afferma che il giudizio a quo richiede la necessaria applicazione dell’art. 18-bis, commi 1 e 2 del d.P.R. n. 361 del 1957. Qualora non venissero sollevate le questioni di legittimità costituzionale eccepite dai ricorrenti, infatti, il ricorso dovrebbe essere rigettato. Viceversa, proprio lo scrutinio di tali questioni consentirà di «verificare se ed eventualmente in quale misura la disciplina vigente dei suddetti oneri pregiudichi l’esercizio del diritto di elettorato passivo» costituzionalmente garantito.

  6. – Per quanto concerne la non manifesta infondatezza, il rimettente si sofferma in via preliminare sui principi sanciti dalla Corte costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Viene ricordata l’ampia discrezionalità legislativa che caratterizza la disciplina elettorale, ferma restando la possibilità per il giudice costituzionale di svolgere il controllo di proporzionalità e di non manifesta irragionevolezza del bilanciamento operato dal legislatore (sono evocate le sentenze della Corte costituzionale n. 35 del 2017, n. 1 del 2014, n. 242 del 2012, n. 271 del 2010, n. 107 del 1996, n. 438 del 1993 e n. 1130 del 1988, nonché l’ordinanza n. 260 del 2002). Anche la giurisprudenza della Corte EDU si muoverebbe nella stessa direzione: il diritto di voto, attivo e passivo, sancito dall’art. 3 Prot. addiz. CEDU, può essere oggetto di «ampio margine di apprezzamento» e di...

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