Sentenza nº 278 da Constitutional Court (Italy), 23 Dicembre 2020
Relatore | Nicolò Zanon |
Data di Resoluzione | 23 Dicembre 2020 |
Emittente | Constitutional Court (Italy) |
SENTENZA N. 278
ANNO 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente: Giancarlo CORAGGIO;
Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dellart. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse allemergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, e dellart. 36, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali), convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40, promossi dal Tribunale ordinario di Siena con due ordinanze del 21 maggio 2020, dal Tribunale ordinario di Spoleto con ordinanza del 27 maggio 2020 e dal Tribunale ordinario di Roma con ordinanza del 3 luglio 2020, iscritte, rispettivamente, ai numeri 112, 113, 117 e 132 del registro ordinanze 2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 34 e 40, prima serie speciale, dellanno 2020.
Visti latto di costituzione di A. P., nonché gli atti di intervento di N. S., E. S., G. T., C. S. e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nelludienza pubblica e nella camera di consiglio del 18 novembre 2020 il Giudice relatore Nicolò Zanon, sostituito per la redazione della decisione dal Giudice Giovanni Amoroso;
uditi gli avvocati Andrea Longo e Massimo Togna per A. P. e lavvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 18 novembre 2020.
Ritenuto in fatto
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Con ordinanza del 21 maggio 2020 (r. o. n. 112 del 2020) il Tribunale ordinario di Siena ha sollevato, in riferimento allart. 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dellart. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse allemergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27.
1.1. Il rimettente riferisce di essere chiamato a celebrare un dibattimento per reati edilizi commessi, secondo la contestazione, tra il 20 aprile 2015 (capo A dellimputazione) e il 24 aprile 2017 (capo B).
Per i fatti più risalenti qualificati ex art. 44, comma 1, lettera c), in relazione allart. 32, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)» il giudice a quo individua la decorrenza del termine prescrizionale alla data del 20 aprile 2015, indicando in cinque anni la durata del medesimo termine, con scadenza, quindi, al 20 aprile 2020.
Ciò premesso, il rimettente pone in evidenza come un «differimento urgente delle udienze e una sospensione dei termini» fossero stati disposti, con decorrenza dal 9 marzo 2020 e fino al 22 marzo successivo, mediante il decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 (Misure straordinarie ed urgenti per contrastare lemergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dellattività giudiziaria), poi decaduto per mancata conversione e, comunque, espressamente abrogato ex art. 1, comma 2, della citata legge n. 27 del 2020.
Il rimettente dà atto, inoltre, che gli effetti del provvedimento erano stati prolungati, sempre con decorrenza dal 9 marzo precedente, fino al 15 aprile 2020, per effetto dei commi 1 e 2 dellart. 83 del d.l. n. 18 del 2020 e che una dilazione ulteriore era intervenuta con lart. 36, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali), convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40. La norma stabiliva appunto che il termine previsto ai commi 1 e 2 del citato art. 83 fosse prorogato all11 maggio 2020.
Con il comma 4 dello stesso art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, è stato, poi, disposto che, in corrispondenza della sospensione dei termini sancita dal precedente comma 2, restasse sospesa anche la decorrenza del termine di prescrizione del reato.
1.2. Premesso il quadro normativo, in punto di rilevanza, il giudice a quo osserva in primo luogo che la norma censurata, al fine di identificare i reati interessati dalla sospensione del termine prescrizionale, richiama i procedimenti indicati al precedente comma 2 (cioè quelli con sospensione dei termini processuali) e non quelli definiti al precedente comma 1 (cioè quelli con udienze a rinvio obbligatorio). Ad avviso del rimettente, tale dato non giustificherebbe la tesi secondo cui la sospensione del termine prescrizionale sarebbe esclusa per i giudizi interessati da rinvii dudienza, perché se così fosse la sospensione della prescrizione resterebbe inapplicata nella totalità dei procedimenti in cui sia stato disposto un rinvio di udienza, in contrasto con la ratio legis.
Del resto, osserva ancora il rimettente, la disciplina originariamente prevista dal d.l. n. 11 del 2020 ancorava proprio al meccanismo del rinvio di udienza loperatività della sospensione del corso della prescrizione.
In ragione di siffatti rilievi, il giudice a quo ritiene che la prescrizione del reato contestato al capo A) debba intendersi sospesa in virtù della disposizione censurata, per complessivi sessantatré giorni, dovendosi pertanto, posticipare al 22 giugno 2020 il decorso del termine massimo di prescrizione. Tale effetto sospensivo conseguirebbe al differimento, alludienza del 14 maggio 2020, di quella originariamente fissata al 7 maggio, disposto con provvedimento del 29 aprile 2020.
In sintesi, il fatto che nel giudizio a quo si fosse registrato un rinvio delludienza, originariamente fissata per il 7 maggio 2020, non varrebbe ad escludere loperatività della sospensione della prescrizione del reato.
Inoltre, il rimettente afferma che nella specie mancherebbero le condizioni per un proscioglimento degli imputati a norma dellart. 129, comma 2, del codice di procedura penale, e che dunque il giudizio non potrebbe essere definito senza stabilire se il reato più risalente, tra quelli contestati, debba considerarsi estinto nonostante lintervenuta sospensione ex lege del termine prescrizionale.
1.3. Il rimettente argomenta, poi, che listituto della prescrizione presenterebbe un profilo «statico», pertinente alla disciplina sostanziale del reato, ed uno «dinamico», attinente alla progressione del procedimento penale. Nellordinamento italiano, listituto avrebbe carattere sostanziale, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità e dalla stessa giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza n. 115 del 2018, ordinanza n. 24 del 2017).
La conseguente soggezione della disciplina al principio di legalità (secondo comma dellart. 25 Cost.), e dunque al divieto di applicazione retroattiva delle variazioni con effetti negativi, si estende, secondo il giudice a quo, anche alle regole concernenti la sospensione e la interruzione del termine prescrizionale (ordinanza n. 24 del 2017).
Pertanto, lapplicazione della norma censurata a reati commessi prima della sua introduzione determinerebbe una violazione del citato parametro costituzionale.
A tale proposito, il giudice a quo, nel dichiarato intento di verificare la possibilità di uninterpretazione adeguatrice, valuta la tesi secondo cui con lart. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020 si sarebbe semplicemente fatta unapplicazione della norma (antecedente ai fatti) fissata nel primo comma dellart. 159 del codice penale, laddove è stabilito che «[i]l corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale [ ] è imposta da una particolare disposizione di legge».
Il legislatore però non avrebbe introdotto una norma espressa sulla sospensione della prescrizione, se avesse inteso il differimento generale delle udienze alla stregua di una sospensione dei processi.
In effetti a parere del rimettente la tesi confutata istituisce arbitrariamente una coincidenza tra la nozione di sospensione del processo e quella di rinvio delludienza, alla quale soltanto si riferisce il comma 1 del citato art. 83 del d.l. n. 18 del 2020. Dovrebbe tenersi conto invece, per un verso, delle differenze lessicali che separano le previsioni a confronto, e per altro verso considerare la sistematica del processo, che contempla ipotesi di rinvio delludienza senza sospensione del procedimento, ed ipotesi di sospensione del procedimento senza rinvio delludienza.
Né rileva il carattere emergenziale o comunque eccezionale del contesto nel quale la disciplina in questione è stata dettata. Come stabilito anche dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 1146 del 1988 e ordinanza n. 24 del 2017), il principio di legalità è principio supremo dellordinamento, come tale insuscettibile di deroghe.
In definitiva, il legislatore avrebbe introdotto una disciplina della prescrizione con effetti sfavorevoli per lautore del reato, direttamente ed esclusivamente dettata dal comma 4 dellart. 83 del d.l. n. 18 del 2020, e strutturalmente destinata ad operare anche con riguardo ai fatti commessi in epoca antecedente al 9 marzo 2020, risultando per questa parte in contrasto con lart. 25, secondo comma, Cost.
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Con distinti atti del 3...
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