Sentenza nº 97 da Constitutional Court (Italy), 22 Maggio 2020

RelatoreNicolò Zanon ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020
Data di Resoluzione22 Maggio 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 97

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promossi dalla Corte di cassazione, sezione prima penale, nei procedimenti a carico di G. G. e C. G., con due ordinanze del 23 ottobre 2019, rispettivamente iscritte ai numeri 222 e 223 del registro ordinanze 2019 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di costituzione di G. G. e di C. G. nonché gli atti d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito il Giudice relatore Nicolò Zanon ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1) lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 5 maggio 2020;

deliberato nella camera di consiglio del 5 maggio 2020

Ritenuto in fatto

  1. – La Corte di cassazione, sezione prima penale, con due ordinanze di analogo tenore, adottate in pari data e nella medesima composizione collegiale (rispettivamente iscritte ai numeri 222 e 223 del registro ordinanze 2019), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), «nella parte in cui prevede che siano adottate tutte le necessarie misure di sicurezza volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di scambiare oggetti per i detenuti in regime differenziato appartenenti al medesimo gruppo di socialità».

  2. – Nel giudizio iscritto al r.o. n. 222 del 2019, il collegio rimettente riferisce che la vicenda sottoposta al vaglio di legittimità nasce dal reclamo al Magistrato di sorveglianza di Spoleto proposto da G. G., detenuto sottoposto al regime differenziato ex art. 41-bis ordin. penit., avverso l’ordine di servizio del 15 marzo 2015 con il quale la direzione dell’istituto penitenziario ha comunicato il divieto di scambiare oggetti di qualunque genere, quand’anche realizzato tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità, a seguito delle innovazioni apportate al citato regime differenziato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). Secondo il reclamante, lo scambio di oggetti, e in particolare di generi alimentari «provenienti dai consueti canali (pacco famiglia, acquisti effettuati attraverso il circuito interno dell’istituto penitenziario in base al cd. mod. 72)», non poteva mettere a rischio il perseguimento delle finalità cui è preordinato il regime carcerario previsto dall’art. 41-bis ordin. penit., considerato che i detenuti interessati allo scambio erano già stati ammessi «a fruire in comune la cd. socialità».

    Espone ancora il rimettente che il Magistrato di sorveglianza di Spoleto ha dichiarato inammissibile il reclamo presentato ai sensi dell’art. 35-bis ordin. penit., conformemente a quanto previsto dall’art. 4, comma l, della circolare del 2 ottobre 2017, n. 3676/6126, del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (d’ora innanzi: DAP), non potendosi riconoscere la sussistenza di alcun diritto soggettivo avente ad oggetto «il passaggio di generi alimentari ad altri ristretti».

    Tale provvedimento di inammissibilità era oggetto di reclamo, accolto, dinnanzi al Tribunale di sorveglianza di Perugia. Secondo il collegio, lo scambio di oggetti (e di generi alimentari in particolare, provenienti dai pacchi famiglia, dal sopravvitto, dal cibo somministrato dalla stessa amministrazione penitenziaria) riceverebbe tutela in base al combinato disposto degli artt. 35-bis e 69, comma 6, lettera b), della legge n. 354 del 1975. Dovrebbe in particolare riconoscersi un diritto soggettivo «a fruire di momenti di socialità tra persone ristrette» anche al detenuto sottoposto a regime differenziato, il quale può condividere la cosiddetta socialità all’interno del relativo “gruppo”, secondo quanto previsto dallo stesso art. 41-bis ordin. penit. e dall’art. 3.1 della citata circolare del DAP. Del resto, sempre secondo il Tribunale di sorveglianza, essendo lo scambio di oggetti comunque limitato a quelli di «modico valore» – in base alla previsione generale dell’art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà) – non sarebbe possibile configurare alcuna «posizione di supremazia» tra i detenuti. In definitiva, il divieto di scambio tra soggetti del medesimo gruppo di socialità non sarebbe giustificabile in forza di «ragioni di sicurezza», non potendosi rilevare «alcuna congruità tra lo stesso e il fine perseguito dal regime differenziato, costituito dalla necessità di recidere i collegamenti tra il detenuto e l’associazione criminale di appartenenza». Infine, sempre secondo il collegio, poiché i detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità possono incontrarsi liberamente, dovrebbe escludersi che, attraverso il divieto di scambio di oggetti di modico valore (e di generi alimentari), possa essere «neutralizzato il pericolo per l’ordine e la sicurezza costituito dal passaggio di comunicazioni non consentite, potendo le stesse essere trasmesse oralmente».

    Riferisce la Corte di cassazione rimettente che, sulla base di tali premesse, il Tribunale di sorveglianza di Perugia, con ordinanza, ha disposto la disapplicazione dell’art. 4, comma l, della circolare del DAP del 2 ottobre 2017 e dell’ordine di servizio della direzione della casa di reclusione, oggetto dell’originaria impugnazione. Ricorda inoltre la Corte come sia stato ordinato alla stessa direzione di emettere un diverso ordine di servizio, volto a consentire il passaggio di oggetti e di generi alimentari tra i detenuti facenti parte del medesimo gruppo di socialità cui il reclamante è assegnato.

    Contro questa ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della giustizia, sostenendo che l’interpretazione fornita dal Tribunale di sorveglianza di Perugia sarebbe «contraria all’inequivoco tenore letterale» della disposizione censurata. Quest’ultima, «secondo quanto confermato dalla giurisprudenza di legittimità», non consentirebbe di superare il divieto di scambio di oggetti anche tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità: secondo il ricorrente, la formulazione letterale della disposizione, «chiarissima nello statuire che solo il divieto di comunicazione ammette deroga all’interno del medesimo gruppo di socialità», si giustificherebbe con la considerazione che lo scambio di oggetti non sarebbe «così essenziale alla socializzazione come il comunicare», risultando quindi ragionevole il divieto di procedervi nell’ambito del «bilanciamento tra l’interesse alla socializzazione del detenuto e l’interesse (fondante il regime del 41-bis) ad arginare flussi informativi tra detenuti in regime speciale».

    2.1.– Ciò premesso in punto di fatto, il collegio rimettente evidenzia che la disposizione censurata prevede, testualmente, la adozione di «tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi».

    Ricostruisce, poi, l’interpretazione di tale disposizione offerta dalla giurisprudenza di legittimità, riproducendo, in particolare, brani della motivazione della sentenza della Corte di cassazione, sezione prima penale, 8 febbraio 2017, n. 5977, secondo cui «tenendo conto del significato e della connessione delle parole e dei segni grafici utilizzati, nonché del senso logico del testo», deve ritenersi, «soprattutto in considerazione dell’inserimento del segno di interpunzione della virgola fra le parole “socialità” e “scambiare”, (...) che, nel periodo sintattico in esame, le varie proposizioni riferite a comportamenti dei detenuti, in ordine ai quali va perseguita la “assoluta impossibilità” di realizzazione, siano costituiti, per un verso, dalla comunicazione fra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità e, per altro verso, dallo scambio di oggetti e dalla cottura di cibi». Diversamente, infatti, «la disposizione avrebbe contemplato “la assoluta impossibilità di comunicare e scambiare oggetti tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, e di cuocere cibi”». Pertanto, il perseguimento della “assoluta impossibilità” deve ritenersi «riferito alle comunicazioni fra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, con l’ovvia conseguenza che non è richiesto di impedire in modo così radicale le comunicazioni fra i detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità»; mentre «la necessità di assicurare la “assoluta impossibilità” dello scambio di oggetti riguarda tutti gli scambi fra detenuti, e non è limitata ai soli scambi fra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità».

    Il collegio rimettente afferma di condividere tale interpretazione, ribadita in diverse successive pronunce della Corte di legittimità (sono richiamate le sentenze della Corte di cassazione, sezione prima penale, 4 luglio 2019, n. 29301 e n. 29300, e 1° febbraio 2018, n. 4993), sicché esclude di poter pervenire «a un epilogo esegetico di significato opposto a quello fatto palese dal significato...

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