Sentenza nº 246 da Constitutional Court (Italy), 02 Dicembre 2019

RelatoreGiovanni Amoroso
Data di Resoluzione02 Dicembre 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 246

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 1, lettera a), numero 1-bis), e lettera b-ter), del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, in legge 16 novembre 2018, n. 130, promossi con ricorsi della Regione Marche e della Regione Umbria notificati il 18-29 gennaio e il 18-24 gennaio 2019, depositati in cancelleria il 25 e il 28 gennaio 2019, iscritte rispettivamente ai numeri 4 e 6 del registro ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 7 e 8, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi gli avvocati Stefano Grassi per la Regione Marche e Massimo Luciani per la Regione Umbria e l’avvocato dello Stato Marina Russo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso depositato in data 25 gennaio 2019 (reg. ric. n. 4 del 2019) la Regione Marche ha promosso questioni di legittimità costituzionale nei confronti dell’art. 37, comma 1, lettera a), numero 1-bis), e lettera b-ter), del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (Disposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze), convertito, con modificazioni, in legge 16 novembre 2018, n. 130, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale.

    Le disposizioni impugnate incidono, rispettivamente, sull’art. 2, comma 2, e sull’art. 14, comma 4, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal sisma del 24 agosto 2016), convertito, con modificazioni, in legge 15 dicembre 2016, n. 229.

    L’art. 2, comma 2, del d.l. n. 189 del 2016 – prima della modifica da parte dell’art. 37 del d.l. n. 109 del 2018 – prevedeva che le ordinanze adottate dal commissario straordinario, ivi previste, fossero emanate «previa intesa» con i Presidenti delle Regioni interessate nell’ambito della «cabina di coordinamento» di cui all’art. 1, comma 5, venendo in rilievo funzioni che hanno ad oggetto, principalmente, la ricostruzione e la riparazione di immobili pubblici e privati a seguito degli eventi sismici. Dopo l’intervento del d.l. n. 109 del 2018, come modificato in sede di conversione in legge, la riportata disposizione prevede che le medesime ordinanze siano adottate dal commissario straordinario non più «previa intesa», bensì semplicemente «sentiti» i Presidenti delle Regioni interessate nell’ambito della «cabina di coordinamento».

    Parimenti l’art. 14, comma 4, del d.l. n. 189 del 2016, prima della modifica, prescriveva che le priorità degli interventi erano stabilite dal commissario straordinario d’intesa con i vice commissari nella «cabina di coordinamento» suddetta. Nel testo modificato dall’impugnato decreto-legge, invece, l’intesa è stata sostituita dal mero parere, poiché i vice commissari devono essere semplicemente «sentiti».

    La difesa della Regione richiama la sentenza n. 303 del 2003 in tema di chiamata in sussidiarietà di funzioni amministrative regionali in capo allo Stato, la cui legittimità è condizionata al coinvolgimento delle Regioni, che nella fattispecie è risultato insufficiente nella parte in cui l’intesa è stata sostituita con il parere.

    Nell’ambito della disciplina concernente interventi edilizi in zona sismica, ricondotta dalla Corte alla competenza legislativa concorrente relativa alle materie della «protezione civile» e del «governo del territorio» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost., il legislatore statale ha operato la chiamata in sussidiarietà – avocando al centro le relative funzioni amministrative e attribuendole al commissario straordinario – senza prevedere il modulo collaborativo della previa intesa, come invece richiesto dalla giurisprudenza costituzionale in materia.

    In via alternativa e subordinata, nel ricorso si deduce altresì che la norma in questione, proprio perché riguardante interventi edilizi in zona sismica, risentirebbe della coesistenza di interessi di rilievo sia statale che regionale con riguardo alle materie della «protezione civile» e del «governo del territorio», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. Vi sarebbe un intreccio inestricabile di competenze dello Stato e delle Regioni sicché il legislatore statale avrebbe dovuto prevedere uno strumento forte di partecipazione regionale all’esercizio delle stesse, ossia l’intesa che implica la codeterminazione del contenuto dell’atto. Al contrario, con la norma impugnata è stata prevista una forma collaborativa del tutto inadeguata a salvaguardare le competenze della Regione, ossia il parere.

  2. – Con atto depositato in data 28 febbraio 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito nel presente giudizio chiedendo a questa Corte di dichiarare il ricorso non fondato.

    Innanzi tutto l’Avvocatura generale riconosce che la materia in questione è effettivamente quella della «protezione civile», ma in una fattispecie in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale, ancora in atto in quanto ripetutamente prorogato. In particolare, richiama la sentenza n. 327 del 2003, con cui questa Corte ha ricompreso nella nozione di «protezione civile», nel contempo, le attività di prevenzione e previsione delle varie ipotesi di rischio, nonché gli interventi di soccorso conseguenti al concreto verificarsi di circostanze calamitose.

    La gestione dell’emergenza viene, invece, ripartita in ragione dell’intensità dell’evento. La competenza viene dislocata a livello regionale quando si tratta di fronteggiare eventi ordinari di intensità sovracomunale e a livello statale «qualora l’intensità degli eventi calamitosi sia tale da superare le capacità di risposta operativa di Regioni ed enti locali» (sentenza n. 327 del 2003).

    In quest’ultima evenienza è, pertanto, allo Stato che spetta il ruolo di coordinamento delle operazioni di soccorso e di superamento dell’emergenza come risulta anche dal decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile).

    Nell’attività di superamento dell’emergenza di rilievo nazionale, come nella fattispecie in esame, vi è poco spazio per scelte autonome delle Regioni. L’emergenza attiva un autonomo titolo competenziale statale, da cui discenderebbe, nell’immediatezza della crisi, l’inibizione delle Regioni a intervenire, con una sorta di effetto sospensivo delle competenze regionali.

    La disposizione censurata – sostiene l’Avvocatura generale – deve essere ritenuta legittima nella misura in cui si riveli non arbitraria e quindi non in violazione del principio di ragionevolezza e di parità di trattamento.

    Insomma spetta allo Stato, in deroga alla normativa ordinaria, la gestione degli eventi di natura straordinaria come identificati dalla normativa vigente in materia, in cui rientrano la gestione e il superamento dell’emergenza sismica, in occasione della dichiarazione dello stato di emergenza nazionale.

  3. – Con ricorso depositato in data 28 gennaio 2019 (reg. ric. n. 6 del 2019) la Regione Umbria ha promosso questioni di legittimità costituzionale della medesima disposizione (art. 37, comma l, lettera a, numero l-bis, e lettera b-ter del d.l. n. 109 del 2018) in riferimento agli artt. 3, 4, 5, 97, 117, terzo e quarto comma, e 118, primo comma, Cost., sviluppando argomenti in buona parte sovrapponibili a quelli del ricorso della Regione Marche.

    In particolare, la difesa della Regione ricorrente lamenta che la disposizione censurata – intervenendo nella materia di competenza concorrente «governo del territorio» nonché nelle materie di competenza residuale regionale “opere pubbliche” e “servizi pubblici locali” – ha soppresso il modello di cooperazione su base paritaria tra Stato e Regioni, sostituendolo con quello del semplice parere non vincolante da parte delle Regioni.

    Si richiama la sentenza n. 68 del 2018 in cui questa Corte ha affermato che le disposizioni di legge che disciplinano gli interventi edilizi in zone sismiche devono essere ricondotte all’ambito materiale del «governo del territorio».

    Secondo la ricorrente, la disposizione censurata incide direttamente sull’esercizio delle attribuzioni...

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