Sentenza nº 51 da Constitutional Court (Italy), 15 Marzo 2019

RelatoreLuca Antonini
Data di Resoluzione15 Marzo 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 51

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», promossi dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, con tre ordinanze del 16 marzo 2018, iscritte rispettivamente ai numeri. 83, 84 e 120 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 23 e 37, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione del Comune di Teramo e della Società di gestione entrate e tributi (SOGET) spa, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 5 febbraio 2019 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi gli avvocati Cosima Cafforio per il Comune di Teramo e Alfonso Celotto per la SOGET spa.

Ritenuto in fatto

  1. – Con tre ordinanze di analogo tenore del 16 marzo 2018 (r. o. numeri 83, 84 e 120 del 2018), la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 687, secondo periodo, e 688, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 81, 97, 103, 111 (questo in relazione all’«art. 6 CEDU come ripreso dall’art. 47 Carta UE») e 119, primo, secondo e quarto comma, della Costituzione.

    La disciplina censurata, in sintesi, stabilisce: a) che il controllo delle comunicazioni di inesigibilità relative alle quote affidate agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017 può essere avviato solo decorsi i termini previsti dal comma 684 del medesimo art. 1 della legge n. 190 del 2014, anche con riguardo alle comunicazioni presentate anteriormente alla data di entrata in vigore della citata legge, poiché integrabili entro i medesimi termini previsti per la loro presentazione; b) che le quote inesigibili, di valore inferiore o pari a 300 euro – con esclusione di quelle afferenti alle risorse proprie tradizionali di cui all’art. 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014 – non sono assoggettate al controllo di cui all’art. 19 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337).

  2. – La Sezione regionale per l’Abruzzo della Corte dei conti è stata chiamata a decidere tre distinti giudizi instaurati dalla Società di gestione entrate e tributi (SOGET) spa che, definendosi «agente della riscossione», ha impugnato, ai sensi dell’art. 20, comma 4, del d.lgs. n. 112 del 1999, i provvedimenti definitivi con cui l’«ente creditore» Comune di Teramo aveva rifiutato il discarico per inesigibilità di quote iscritte a ruolo ed affidate alla suddetta società per azioni.

    Quanto alla rilevanza, i giudici rimettenti premettono, in punto di fatto, che: a) le controversie riguardano quote relative a «partite di somme iscritte a ruolo, a vario titolo», concernenti annualità dal 2000 al 2014 (relativamente al giudizio di cui al r. o. n. 83 del 2018) ovvero dal 2000 al 2008 (relativamente ai giudizi di cui al r. o. n. 84 e n. 120 del 2018), e comprendono anche quote di valore non superiore a 300 euro; b) alla tesi sostenuta nei tre giudizi principali dalla società ricorrente − secondo cui, nella specie, per le quote di valore superiore a 300 euro, l’ente creditore non avrebbe potuto, fino alla decorrenza dei termini previsti dal citato comma 684, avviare il controllo sulle comunicazioni di inesigibilità, concernenti i ruoli consegnati oggetto di causa, presentate prima dell’entrata in vigore della legge n. 190 del 2014 – aveva aderito il pubblico ministero, mentre aveva resistito il Comune di Teramo, costituitosi in detti giudizi.

    2.1.– I giudici rimettenti premettono, in punto di diritto, che «[l]a normativa di riferimento è pacificamente rinvenibile nell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014 n. 190», per cui i termini previsti dal primo periodo del comma 684 dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014 (richiamati dal secondo periodo del comma 687 dello stesso art. 1) e modificati in corso di causa dall’art. 1, comma 10-quinquies, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili), convertito, con modificazioni, nella legge 4 dicembre 2017, n. 172, si applicano alle fattispecie oggetto delle cause a quibus. Ritengono, inoltre, non praticabile, data la chiarezza della lettera della legge, l’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni denunciate propugnata dal Comune di Teramo, secondo il quale, il differimento del termine ultimo per la presentazione della domanda di discarico non impedirebbe all’ente creditore di esercitare il controllo sull’attività del concessionario e l’esclusione delle quote fino a 300 euro dall’assoggettamento al controllo sarebbe esclusivamente funzionale a esentare da responsabilità amministrativa e contabile l’ente creditore che non lo esercitasse.

  3. – Quanto alla non manifesta infondatezza, i giudici a quibus svolgono considerazioni articolate, richiamando, con funzione di premessa argomentativa alle censure di legittimità, alcuni passaggi della deliberazione della Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, 20 ottobre 2016, n. 11/2016/G, secondo la quale «l’esistenza di una consistente mole di arretrati ha indotto a disporre ripetutamente il differimento dei termini di presentazione delle comunicazioni, rimodulando, in parallelo, quelli per il controllo da parte degli enti creditori», per cui si è «determinata una lievitazione negli anni delle quote inesigibili, con una conseguente imponente stratificazione delle partite creditorie da trattare (per gli agenti della riscossione) e da controllare (per gli enti impositori)», al punto che «considerata la massa e la vetustà delle quote inesigibili accumulatesi nel tempo, non solo la possibilità di riscossione delle partite più risalenti è assolutamente modesta, ma è anche improbabile un controllo effettivo delle procedure poste in essere dall’agente della riscossione da parte degli uffici degli enti impositori».

    I giudici rimettenti osservano quindi che, con le citate disposizioni dell’art. 1 della legge n. 190 del 2014, «il legislatore sembra aver abdicato, per i prossimi anni, alla tempestiva vigilanza sull’andamento delle riscossioni di crediti risalenti nel tempo» e conseguentemente ritengono che le norme sopra denunciate violerebbero l’art. 3 Cost., in relazione al principio di ragionevolezza. Ciò in quanto, da un lato, nel regolare la procedura di discarico per inesigibilità dei crediti (sia nella fase amministrativa del procedimento che in quella successiva giurisdizionale) esse prevedono (con l’art. 1, comma 687, secondo periodo) un periodo di sospensione della definizione dei rapporti tra ente creditore e agente della riscossione di durata oggettivamente abnorme (tale da sfiorare i quaranta anni, per i ruoli del 2000, e i venti anni, per i ruoli del 2008), rendendo l’agente della riscossione non interessato a presentare la comunicazione di inesigibilità. Dall’altro, sottraggono al controllo dell’ente creditore le quote affidate di valore unitario non superiore a 300 euro (art. 1, comma 688, secondo periodo), anche nelle ipotesi in cui tali quote abbiano un ingente valore cumulativo, impedendo così all’ente creditore ogni sindacato sull’operato del proprio agente.

    I giudici rimettenti ritengono, altresì, che le suddette disposizioni della legge n...

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