Sentenza nº 235 da Constitutional Court (Italy), 23 Luglio 2009

RelatoreSabino Cassese
Data di Resoluzione23 Luglio 2009
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 235

ANNO 2009

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Francesco AMIRANTE Presidente

- Ugo DE SIERVO Giudice

- Paolo MADDALENA "

- Alfio FINOCCHIARO "

- Alfonso QUARANTA "

- Franco GALLO "

- Luigi MAZZELLA "

- Gaetano SILVESTRI "

- Sabino CASSESE "

- Maria Rita SAULLE "

- Giuseppe TESAURO "

- Paolo Maria NAPOLITANO "

- Giuseppe FRIGO "

- Alessandro CRISCUOLO "

- Paolo GROSSI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. da 299 a 318 nonché degli allegati dal I al V del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), promossi dalle Regioni Calabria, Piemonte e Puglia con ricorsi rispettivamente notificati l’8, il 21-27 ed il 13 giugno 2006, depositati in cancelleria il 10, il 15 ed il 20 giugno 2006, ed iscritti ai nn. 68, 70 e 76 del registro ricorsi 2006.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, nonché gli atti di intervento dell’Associazione italiana per il World Wide Fund for nature (WWF Italia)-Onlus e della Biomasse Italia S.p.a. ed altre;

udito nell’udienza pubblica del 19 maggio 2009 il Giudice relatore Sabino Cassese;

uditi gli avvocati Maria Grazia Bottari Gentile per la Regione Calabria, Fabio Lorenzoni per la Regione Piemonte, Fabrizio Lofoco per la Regione Puglia, Alessandro Giadrossi per l’Associazione italiana per il World Wide Fund for nature (WWF Italia)-Onlus e gli avvocati dello Stato Fabrizio Fedeli e Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – La Regione Calabria, con ricorso n. 68 del 2006, la Regione Piemonte, con ricorso n. 70 del 2006 e la Regione Puglia, con ricorso n. 76 del 2006, hanno impugnato, fra l’altro, l’intero testo della parte sesta (artt. 299-318 e allegati I-V) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale – d’ora in avanti «Codice dell’ambiente»), nonché singole disposizioni in essa contenute, cioè, in particolare, gli artt. 299, commi 2 e 5, 300, 301, 304, 305, 306, 308, 309, comma 1, 311, 312, 313, 314 e 315, per violazione degli artt. 3, 5, 24, 76, 77, 97, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost., nonché del principio di leale collaborazione.

    1.1. – Le Regioni Calabria e Puglia hanno, altresì, chiesto la sospensione dell’efficacia delle disposizioni impugnate, ai sensi dell’articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, come sostituito dall’articolo 9, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131.

  2. – La Regione Calabria impugna l’intera parte sesta del Codice dell’ambiente, con i relativi allegati, nonché, specificamente, gli artt. 299, commi 2 e 5, 304, comma 3, 305, comma 2, 306, comma 2, 309, comma 1, 311, 312 e 313.

    2.1. – L’intera parte sesta del Codice dell’ambiente viene censurata dalla Regione ricorrente per violazione degli articoli 76 e 77 della Costituzione. La Regione Calabria asserisce, da un lato, che la direttiva 2004/35/CE, di cui le norme contenute nella predetta parte sesta del decreto impugnato costituirebbero attuazione, non è contemplata fra quelle per l’attuazione delle quali la legge 15 dicembre 2004, n. 308 ha conferito la delega al Governo. Dall’altro lato, la Regione ricorrente sostiene che il decreto impugnato è stato approvato senza rispettare alcune prescrizioni della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), che invece delega espressamente il Governo ad attuare la direttiva 2004/35/CE. In particolare, il procedimento di approvazione del decreto impugnato si sarebbe in primo luogo discostato, quanto ai soggetti proponenti, dalla previsione di cui all’art. 1, comma 2, della legge n. 62 del 2005, secondo la quale i decreti legislativi devono essere adottati «su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all’oggetto della direttiva». In secondo luogo, il decreto impugnato sarebbe stato approvato senza rispettare l’art. 1, comma 4, della legge n. 62 del 2005, secondo cui gli schemi di decreti legislativi devono essere «corredati della relazione tecnica di cui all’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni» e su di essi deve essere «richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari». Infine, il decreto impugnato non avrebbe rispettato l’art. 1, comma 6, della legge n. 62 del 2005, il quale, per garantire il potere delle Regioni di provvedere, nelle materie di loro competenza, all’attuazione degli atti dell’Unione europea, stabilisce che i decreti legislativi, eventualmente adottati in tali materie, recano l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole delle disposizioni in essi contenute ed entrano in vigore, per le Regioni nelle quali non sia ancora vigente la rispettiva disciplina di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria, perdendo comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna Regione nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e, nelle materie di competenza concorrente, dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato.

    2.2. – Quanto alle censure riferite a singole disposizioni, la Regione Calabria censura, in primo luogo, l’art. 299, comma 2, del Codice dell’ambiente, in base al quale l’azione ministeriale, relativa all’esercizio delle funzioni e dei compiti spettanti allo Stato in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni all’ambiente, «si svolge normalmente in collaborazione con le regioni, con gli enti locali e con qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo». Secondo la ricorrente, l’espressione «normalmente», utilizzata dal legislatore, sarebbe lesiva del principio di leale cooperazione, perché «consente di eludere l’esigenza che pure nella disposizione viene affermata». Inoltre, lo svilimento della posizione degli enti territoriali dotati di autonomia, posti dalla disposizione censurata sullo stesso piano di «qualsiasi soggetto di diritto pubblico ritenuto idoneo», violerebbe gli articoli 114 e 118 della Costituzione.

    2.3. – Per questo stesso motivo la Regione Calabria censura anche l’art. 309, comma 1, del Codice dell’ambiente, che, ai fini della legittimazione a richiedere l’intervento statale in caso di danno ambientale, equipara la posizione delle Regioni a quella di altre «persone fisiche o giuridiche che sono o che potrebbero essere colpite dal danno ambientale».

    2.4. – Ad avviso della Regione Calabria sarebbe poi illegittimo l’art. 299, comma 5, del Codice dell’ambiente, secondo cui «il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, con proprio decreto, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e delle attività produttive, stabilisce i criteri per le attività istruttorie volte all’accertamento del danno ambientale e per la riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale ai sensi del titolo III della parte sesta del presente decreto. I relativi oneri sono posti a carico del responsabile del danno». Tale disposizione violerebbe, secondo la ricorrente, il principio di leale collaborazione, «nella parte in cui esclude qualsiasi forma di intervento regionale nel procedimento di adozione del decreto ministeriale di attuazione della disciplina delle attività istruttorie volte all’accertamento del danno ambientale e per la riscossione della somma dovuta per equivalente patrimoniale».

    2.5. – La Regione Calabria afferma ancora l’illegittimità costituzionale degli articoli 304, comma 3, 305, comma 2, e 306, comma 2, del Codice dell’ambiente. La prima disposizione (art. 304, comma 3) attribuisce al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, in caso di minaccia imminente di danno ambientale, la facoltà di chiedere all’operatore interessato di fornire informazioni sulla minaccia, di ordinargli di adottare le specifiche misure di prevenzione considerate necessarie, nonché di adottare direttamente le suddette misure di prevenzione. La seconda disposizione (art. 305, comma 2) attribuisce al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, nell’ipotesi in cui si sia già verificato un danno ambientale, le facoltà: di chiedere all’operatore interessato informazioni sul danno e sulle misure da lui adottate; di adottare, o ordinare all’operatore di adottare, tutte le iniziative opportune per controllare, circoscrivere, eliminare o gestire in altro modo, con effetto immediato, qualsiasi fattore di danno, allo scopo di prevenire o limitare ulteriori pregiudizi ambientali e effetti nocivi per la salute umana o ulteriori deterioramenti ai servizi; di ordinare all’operatore di prendere, o di adottare direttamente, le misure di ripristino necessarie. La terza disposizione (art. 306, comma 2), infine, attribuisce al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, a meno che questi non abbia già adottato misure urgenti in base alla disposizione in precedenza richiamata, il potere di decidere quali misure di ripristino attuare, in modo da garantire, ove possibile, il conseguimento del completo ripristino ambientale, valutando anche l’opportunità di addivenire ad un accordo con l’operatore interessato. Ciascuna di queste disposizioni, secondo la Regione Calabria, violerebbe l’art. 118 Cost. e il principio di leale collaborazione, nella parte relativa all’attribuzione al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio del «potere di ordinare interventi incidenti direttamente sul territorio, senza neppure consultare gli enti territoriali interessati».

    2.6. – Anche gli articoli 312 e 313 del...

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