Sentenza nº 173 da Constitutional Court (Italy), 13 Giugno 1997

RelatoreGiuliano Vassalli
Data di Resoluzione13 Giugno 1997
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 173

ANNO 1997

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Dott. Renato GRANATA Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI Giudice

- Prof. Francesco GUIZZI "

- Prof. Cesare MIRABELLI "

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO "

- Avv. Massimo VARI "

- Dott. Cesare RUPERTO "

- Dott. Riccardo CHIEPPA "

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY "

- Prof. Valerio ONIDA "

- Avv. Fernanda CONTRI "

- Prof. Guido NEPPI MODONA "

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI "

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 47-ter, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) promosso con ordinanza emessa il 22 aprile 1996 dal Magistrato di sorveglianza di Palermo nel procedimento relativo a Brandaleone Stefano, iscritta al n. 1236 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 aprile 1997 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto in fatto

  1. - Il Magistrato di sorveglianza di Palermo solleva, in riferimento agli artt. 3, 27, secondo e terzo comma, e 32 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 47-ter, ultimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), come modificata dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui prevede, per il caso di denunzia del condannato per il reato di evasione (art. 47-ter, comma 8, dell'Ordinamento suddetto), la "sospensione automatica della detenzione domiciliare". Premesso che il condannato aveva ottenuto l'ammissione a tale beneficio, da parte del competente Tribunale di sorveglianza, sulla base dell'art. 47-ter, comma 1, numero 2 ("persona in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti contatti con i presidî sanitari territoriali"), "con il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione, ad eccezione degli spostamenti da e per i presidî sanitari territoriali, secondo le modalità previamente concordate con il Centro di Servizio Sociale per Adulti di Palermo e con obbligo di comunicazione all'organo di vigilanza dell'uscita e del rientro nell'abitazione", che il condannato stesso viveva da solo in un "alloggio ubicato in un sottoscala costituito da una sola stanza ... sprovvisto di telefono, con problemi di approvvigionamento idrico e carente delle condizioni obiettive per poter cucinare i pasti" e che la denuncia era stata inoltrata perchè "in occasione di un intervento di vigilanza il detenuto non era stato trovato all'interno dell'abitazione", essendosi, come riferito dallo stesso in occasione di altro sopralluogo effettuato due ore dopo, "allontanato temporaneamente per effettuare una telefonata", il magistrato rimettente osserva che la norma impugnata impone al magistrato di sorveglianza una "acritica presa d'atto", che impedisce qualsiasi apprezzamento delle circostanze concrete e delle ragioni che possono giustificare o meno l'interruzione della misura alternativa in questione secondo i suoi presupposti ed i suoi fini.

    Violato sarebbe dunque, a parere del giudice a quo, in primo luogo il principio di cui all'art. 27, secondo comma, della Costituzione, che esclude ogni presunzione di colpevolezza, in quanto la sospensione della detenzione domiciliare é legata alla mera comunicazione della notizia di reato, determinando "una sorta di effetto potestativo nella sfera giuridica del denunciato, comprimendone la libertà personale", indipendentemente e prima di qualsiasi verifica, anche sommaria, della fondatezza della denuncia, della sussistenza o meno di giustificati motivi o di circostanze esimenti, nonchè al di fuori di qualsiasi apprezzamento in ordine alle esigenze di tipo cautelare che giustifichino il provvedimento restrittivo. Il tutto, sottolinea il rimettente, aggravato dalla possibilità che tale misura restrittiva si protragga anche per tempi lunghi, in attesa del definitivo esito giudiziario della denuncia per evasione e senza che neppure esista un termine finale di efficacia del provvedimento sospensivo, a differenza di quanto é invece previsto per la sospensione cautelativa delle misure alternative dall'art. 51-ter dello stesso Ordinamento penitenziario.

    La norma si porrebbe poi in contrasto con la funzione rieducativa della pena, giacchè riconnette l'automatico effetto interruttivo della detenzione domiciliare alla semplice denuncia per evasione, a prescindere dalla verifica circa l'idoneità di tale condotta ad interrompere il rapporto esecutivo ed il percorso risocializzativo, riabilitativo e terapeutico.

    Vulnerato sarebbe inoltre l'art. 32 della Costituzione, attesa l'indifferenza normativa verso le conseguenze lesive del bene della salute che la...

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