Decisioni della Corte

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine943-947

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@CORTE COSTITUZIONALE 12 giugno 2009, n. 177. Pres. Amirante - Est. Silvestri - Ric. Corte di cassazione

Istituti di prevenzione e pena (ordinamento penitenziario) - Detenzione domiciliare - Allontanamento dal domicilio - Sanzione penale ai sensi dell’art. 385 c.p. - Punibilità per la sola ipotesi dell’allontanamento che si protragga più di dodici ore - Mancata previsione - Illegittimità costituzionale parziale.

È costituzionalmente illegittimo, in riferimento all’art. 3 Cost., l’art. 47 ter, commi 1, lettera a), seconda parte, e 8, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui non limita la punibilità ai sensi dell’art. 385 del codice penale al solo allontanamento dal domicilio del detenuto che si protragga per più di dodici ore, come stabilito dall’art. 47 sexies, comma 2, della suddetta legge n. 354 del 1975, sul presupposto, di cui all’art. 47 quinquies, comma 1, della medesima legge, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti. (L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter; c.p., art. 385) (1).

    (1) L’ordinanza di rinvio Cass. pen., sez. VI, 17 luglio 2008, Giaquinto, è pubblicata in D&G online con nota di MILIZIA. È da ritenersi, pertanto, superato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che riteneva integrato il reato di evasione in caso di allontanamento, quale che ne sia la durata, dal luogo di detenzione domiciliare del condannato ammesso a tale misura. In tal senso si veda Cass. pen., sez. VI, 29 luglio 2003, Principe, in questa Rivista 2004, 745.

RITENUTO IN FATTO. 1. – Con ordinanza depositata il 17 luglio 2008, la Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 47 ter, commi 1 e 8, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitativa della libertà), nella parte in cui «non limita la punibilità ai sensi dell’art. 385 c.p. al solo allontanamento dal domicilio che si protragga per più di dodici ore».

La rimettente è investita del ricorso avverso una sentenza di condanna per evasione, deliberata nei confronti di una donna già ammessa al regime di restrizione domiciliare in quanto madre di prole di età inferiore a dieci anni, per aver violato l’orario di rientro nell’abitazione di «soli 40 minuti».

La Corte di cassazione riferisce che la difesa della ricorrente ha eccepito l’irrilevanza penale del fatto, in forza dell’applicazione analogica dell’art. 47 sexies, comma 1, della citata legge n. 354 del 1975, il quale, con riguardo alla detenuta ammessa alla misura alternativa della detenzione domiciliare speciale, esclude che l’allontanamento non autorizzato dal domicilio per un tempo inferiore alle dodici ore integri la fattispecie punita dall’art. 385 del codice penale.

In subordine, la stessa ricorrente ha proposto questione di legittimità costituzionale della previsione contenuta nei commi 1 e 8 dell’art. 47 ter della legge n. 354 del 1975, in riferimento all’art. 3 Cost., per l’ingiustificato deteriore trattamento riservato alla condotta di allontanamento della madre che si trovi in regime di detenzione domiciliare «ordinaria» rispetto a quella che si trovi nella situazione, in tutto analoga, della detenzione domiciliare speciale.

La rimettente esclude di poter procedere all’invocata applicazione analogica della più favorevole disciplina prevista dall’art. 47 sexies della legge n. 354 del 1975, in quanto il comma 8 del precedente art. 47 ter inequivocabilmente qualifica come delitto di evasione la condotta di allontanamento dal domicilio nel quale il condannato si trovi in stato di detenzione (è richiamata in proposito la sentenza n. 173 del 1997 della Corte costituzionale), mentre condivide il dubbio di legittimità costituzionale prospettato dalla difesa e solleva la relativa questione, evidenziando che l’accoglimento della stessa discenderebbe l’irrilevanza penale del fatto ascritto alla ricorrente.

La Corte di cassazione precisa anzitutto che non v’è contraddizione tra l’odierno atto di promovimento e la precedente pronuncia (Cass. pen., sent. n. 31995 del 2003), di segno contrario, con la quale è stata ritenuta manifestamnete infondata, in relazione all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 47 ter della legge n. 354 del 1975 «nella parte in cui [...] determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento sia nei confronti del condannato ammesso al regime di semilibertà, sia nei confronti della madre dei figli infradecenni ammessa alla detenzione domiciliare, per i quali opera un regime differenziato di sanzioni». Nella richiamata decisione, infatti, erano poste a raffronto le norme contenute rispettivamente negli artt. 47 ter e 51 della legge n. 354 del 1975, e la fattispecie in concreto esaminata non riguardava un caso di detenzione domiciliare di madre di prole infradecenne.

Nella vicenda odierna, invece, la ricorrente è una detenuta già ammessa alla misura della detenzione domiciliare di cui all’art. 47 ter, comma 1, lettera a), seconda parte, della legge n. 354 del 1975, e il termine di raffronto è costituito dalla disciplina dettata per laPage 944 detenzione domiciliare speciale, misura alternativa riservata alle madri con prole infradecenne le quali, avendo riportato condanne speriori a quattro anni di reclusione, non possono beneficiare della misura della detenzione domiciliare ordinaria.

La Corte di cassazione evidenzia come, a fronte della identica finalità delle due misure alternative, volte a «favorire un proficuo rapporto tra madre e figlio, al di fuori della restrizione carceraria», risulti privo di giustificazione il differente, più severo trattamento previsto dal comma 8 dell’art. 47 ter della legge n. 354 del 1975 per la condotta di allontanamento non autorizzato della madre ammessa alla detenzione domiciliare «ordinaria», che integra immediatamente il delitto di evasione, senza il margine di tolleranza previsto nella disciplina della detenzione domiciliare speciale.

La disparità di trattamento appare alla rimettente ancor più ingiustificata in quanto la misura della detenzione domiciliare speciale si caratterizza per una situazione «soggettivamente più “critica” rispetto a quella di cui all’art. 47 ter e, quindi, non appare meritevole di un più benevolo trattamento sanzionatorio in relazione alle condotte “tragressive”».

Il differente trattamento, infine, non potrebbe trovare giustificazione neppure nella previsione, contenuta nel comma 3 dell’art. 47 quinquies della...

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