Sentenza nº 371 da Constitutional Court (Italy), 31 Dicembre 1996

RelatoreCarlo Mezzanotte
Data di Resoluzione31 Dicembre 1996
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 371

ANNO 1996

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Avv. Mauro FERRI

Giudici

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

Dott. Riccardo CHIEPPA

Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

Prof. Valerio ONIDA

Prof. Carlo MEZZANOTTE

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 13 marzo 1995 (n. 2 ordinanze) dal Tribunale di Forlì e il 20 ottobre 1995 dalla Corte d'assise di Napoli, rispettivamente iscritte ai nn. 715, 716 e 939 del registro ordinanze 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1995 e n. 3, prima serie speciale, dell'anno 1996.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1996 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto in fatto

  1. -- Con due ordinanze di identico contenuto, il Tribunale di Forlì ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell'art. 34 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la incompatibilità del giudice che, dopo avere pronunciato sentenza di condanna per un reato necessariamente plurisoggettivo, sia poi chiamato, a seguito di separazione dei processi, a giudicare per il medesimo reato altro concorrente la cui partecipazione, essenziale per la sussistenza del reato, sia stata incidentalmente esaminata e ritenuta nel primo giudizio.

    In entrambe le ordinanze, il giudice a quo, che aveva proceduto alla separazione dei giudizi nei confronti degli imputati, sulla responsabilità penale dei quali era stato successivamente chiamato a pronunciarsi, e che ne aveva già esaminato la posizione nel giudizio proseguito nei confronti dei coimputati, si mostra consapevole del fatto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte e della Corte di cassazione, la disciplina delle incompatibilità e' circoscritta ai casi di duplicità di giudizio di merito sullo stesso oggetto e che l'identità di oggetto non si ravvisa nelle ipotesi di concorso di persone nel reato, perchè alla comunanza della imputazione fa riscontro una pluralità di condotte singolarmente ascrivibili a ciascuno dei concorrenti.

    Lo stesso giudice a quo esclude che possa trovare applicazione la disposizione dell'art. 36, lettera h), cod.proc.pen., dal momento che "le gravi ragioni di convenienza" ivi individuate come causa di astensione hanno natura personale e non si riferiscono a situazioni processuali, le quali, al contrario, devono essere previste in modo esaustivo nelle norme sulle incompatibilità, non potendosi, al fine di salvaguardare il principio del giudice naturale, lasciare alla discrezionalità del singolo magistrato la valutazione della propria capacità professionale di non lasciarsi influenzare da giudizi già espressi nell'esercizio delle sue funzioni.

    Conseguentemente, poichè l'incompatibilità ravvisabile nel caso di specie inerisce a profili processuali -- consistenti nel fatto che il giudice, dopo essersi pronunciato sulla sussistenza di un'associazione per delinquere composta da tre persone e dopo avere condannato due dei componenti della stessa, venga successivamente chiamato a giudicare il terzo associato -- e poichè, quindi, non può trovare applicazione l'istituto dell'astensione, la omessa previsione di una causa di incompatibilità violerebbe sia il principio di parità di trattamento di situazioni simili, in assenza di ragionevoli motivi che giustifichino la differenza di statuizioni, sia il diritto di difesa.

  2. -- Con ordinanza emessa il 20 ottobre 1995, la Corte di assise di Napoli, nel corso di un processo scaturito dalla separazione da altro processo a carico di numerosi imputati di un delitto associativo, ha sollevato una questione sostanzialmente identica. Nel giudizio a quo, infatti, erano imputati soggetti la cui posizione, pur non ritenuta essenziale per la sussistenza del reato contestato agli altri coimputati, nei confronti dei quali il processo era proseguito, era stata...

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